Kena Bridge of Spirits Recensione: videogioco e cinema in una sola anima

Kena Bridge of Spirits

Quante volte abbiamo parlato del connubio tra cinema e videogioco? Per le nostre orecchie sentire una simile alleanza è ancora una novità, ma ormai dobbiamo abituarci all’idea che l’arte cinematografica stia diventando sempre più preponderante nei videogiochi che amiamo. Narrazione, regia, personaggi, sono elementi nel presente attuale sempre più influenzati dalla cultura del grande schermo, e gli attori (ed anche addetti ai lavori) si stanno interessando sempre di più al medium videoludico, sia per passione che per lavoro. Un esempio più recente è senza alcun dubbio Death Stranding (QUI per recuperare la nostra recensione della Director’s Cut), la cui storia è stata rafforzata dal talento e l’esperienza di un cast incredibile, un evento che ha sollevato un grande quesito: i videogiochi stanno diventando sempre più simili ai film?

Sì e no, ma se vogliamo sfruttare un esempio ancor più fresco, Kena Bridge of Spirits di Ember Lab sa offrirci delle risposte. Ve ne abbiamo parlato in più occasioni, ma il titolo sviluppato dai fratelli Grier ha suscitato un grande interesse sin dalla sua prima apparizione, merito soprattutto di una qualità visiva dei filmati capace di fronteggiare colossi come Pixar o Dreamworks. Ciò che ancor più sorprende è che si tratta non solo di un titolo indie, ma anche del primo videogioco sviluppato da questo piccolo team, che prima d’ora aveva poco o nulla a che fare con tale medium. Finalmente giunto tra le nostre mani, abbiamo giocato e concluso il titolo su PlayStation 5, e ve ne vogliamo parlare in questa recensione.

Kena Bridge of Spirits

Kena Bridge of Spirits e quel flebile confine tra cinema e videogioco

Kena è una guida spirituale, un ponte per quelle anime tormentate che non sono riuscite a raggiungere il riposo eterno. La vita è un ciclo che accompagna l’essere umano dalla nascita sino alla morte e al culmine di questo evento, l’anima raggiunge il mondo degli spiriti dove cercherà la pace eterna. Le guide spirituali hanno il compito di accompagnare queste entità nel loro percorso post-morte, conducendole infine a quella pace che permetterà di abbandonare finalmente quel mondo. Tuttavia, le catene del rimorso tengono imprigionate quelle anime tormentate da un evento che ha sconvolto la loro vita, venendo condannate ad un loop infinito fatto di dolore. L’avventura costruita da Ember Lab ci porterà a conoscere ed abbracciare le storie di alcune di queste anime tormentate, abitanti di un villaggio ormai rimasto privato della sua popolazione, i cui resti di una vita passata sono l’unica traccia di una storia tutta da scoprire. La protagonista infatti raggiungerà una terra nascosta, un pezzo di natura rigogliosa corrotta da quella che potremmo definire una maledizione, la cui aura maligna intossica ogni forma di vita privandola della sua vitalità. Nei panni di Kena, il giocatore dovrà liberare questa terra dalla piaga che pian piano la sta uccidendo, e lo potrà fare solo liberando le anime di alcuni spiriti tormentati che, attraverso le loro storie, ricompenseranno lo spirito guida con preziosi insegnamenti.

Questo è in sintesi Kena Bridge of Spirits, l’opera prima di uno studio che fino ad oggi era specializzato nella realizzazione di corti animati e spot pubblicitari per le grande aziende, il cui talento ha permesso di realizzare un videogioco dalla qualità narrativa quasi straripante. Il concetto di morte, dinamica che terrà banco per tutta la durata del gioco, viene trattato con diverse sfaccettature, dal lutto al ritrovarsi nell’aldilà, e in tutto questo, come suggerisce il titolo stesso del gioco, Kena è il ponte che collega quelle anime separate dalla vita, facendole ricongiungere dopo la morte. Ed è forse questo l’aspetto narrativo più emozionante del gioco, dove viene sottolineata l’indissolubilità dei legami che ci collegano a chi amiamo anche oltre la morte. Una storia apparentemente semplice ma che vanta di una profondità umana invidiabile, merito soprattutto di racconti che si interfacciano con facilità ad alcuni sprazzi della nostra realtà, e lo fa in un contesto fantasioso dove la cultura balinese prende vita in un’opera interattiva. E le influenze del sud-est asiatico non sono da condurre solamente alle scelte artistiche, benché possiamo trovarle persino in alcuni stralci di trama, come le bellissime maschere di legno le cui forme denotano non solo un significato spirituale, ma ripescano a piene mani quella corrente filosofica chiamata Animismo. “Vi è del divino in qualsiasi cosa o luogo del mondo”, un fattore che possiamo percepire attraverso gli occhi di Kena, la quale si servirà delle maschere per interagire con gli spiriti.

Kena Bridge of Spirits

Carini e coccolosi, i Rot sono le creature della natura che accompagneranno la protagonista in questa avventura dalla durata media di dieci ore, aiutandola soprattutto nelle sue imprese. Questi esserini saranno degli ottimi aiutanti, poiché permetteranno a Kena di debellare la piaga che sta contaminando il villaggio e la natura che lo circonda. In risposta a questo tentativo di purificazione, la corruzione genera delle creature antropomorfe che attaccheranno la ragazza con tutte le loro forze, ostacolandola soprattutto in alcuni punti nevralgici con degli avversari formidabili. Tuttavia tale maledizione è arrivata a corrompere le anime ormai divorate dai propri dispiaceri, e sarà compito dello spirito guida liberarle da una tale condizione. La narrazione di Kena Bridge of Spirits, nonostante la sua caratura piuttosto imponente, non ci offre però dei colpi di scena degni di nota, e il ritmo del racconto risulta confortevole e non troppo pesante, catapultando il giocatore in un’avventura intrigante e leggera. Sebbene i temi trattati possano risultare pesanti, il modo con cui Ember Lab ha raccontato tali eventi li alleggerisce senza rinunciare alla profondità dell’argomento, deliziandoci infine con filmati ed una regia che rasentano una qualità al pari di studi d’animazione del calibro di Pixar o Dreamworks.

Perché infine, la creatura digitale di Mike e Josh Grier non è solo la celebrazione della cultura balinese nelle sue usanze e costumi, ma un nuovo punto d’incontro tra cinema e videogioco. E come opera interattiva, Kena Bridge of Spirits illustra un connubio tra queste due correnti dell’intrattenimento davvero maestoso, dove i ragazzi di Ember Lab hanno impiegato tutta la loro esperienza nel campo dell’animazione (vedasi il cortometraggio su The Legend of Zelda: Majora’s Mask) e l’hanno applicata nei momenti più importanti della storia, riuscendo a confezionare infine dei filmati di qualità pregevole. D’altronde, in alcuni momenti il gioco diventa un vero e proprio film d’animazione, sebbene dovremo accontentarci della frequenza d’aggiornamento ridotta su cui gireranno i filmati, unica pecca criticabile di tali cutscenes. Tuttavia, il racconto per come strutturato è riuscito a tenerci incollati allo schermo fino alla fine, facendoci gustare una narrazione molto vicina al cinema d’animazione, sebbene la caratterizzazione dei suoi personaggi non spicchi notevolmente. In particolare Kena, che nonostante il suo coraggio e la sua forza, sarà un personaggio poco loquace nel corso della sua avventura, sebbene si dimostri come una persona capace di essere risolutiva. Di contro, avremmo preferito un maggiore approfondimento sul suo personaggio, sia caratteriale che storico.

Il potere di una guida spirituale

Kena non è la classica principessa in pericolo: è una guerriera abile, sia nel corpo a corpo che nel tiro con l’arco, sfrutta l’energia come un’estensione del corpo sprigionando abilità peculiari. Lo fa attraverso semplici meccanismi che man mano ci vengono svelati nel corso dell’avventura, dove apprenderà nuove nozioni di combattimento. Nelle fasi action infatti, la ragazza colpisce gli avversari con attacchi leggeri o caricati grazie alla sua staffa, ed utilizza quest’ultima come un arco formando corda e frecce di luce, e tutto ciò avviene in una mera frazione di secondo. Il sistema di combattimento ideato da Ember Lab ha dunque dei meccanismi piuttosto essenziali, che a loro volta vengono scrostati dallo sblocco dei potenziamenti, espandendo leggermente gli assi nella manica di Kena. Tutto ciò si traduce in un gameplay action non particolarmente stratificato e complesso, ma che risulta semplice ed immediato per qualsiasi mano. Il passaggio tra bastone ed arco avviene con un semplice click, con la possibilità di scoccare fino a un massimo di sei frecce prima di ricaricare l’energia. A rendere ancor più interessante l’utilizzo della citata arma a distanza è la Concentrazione, una modalità di mira che rallenta il tempo mentre siamo in volo imbracciando l’arco, utilissima soprattutto quando la situazione si fa critica e dobbiamo colpire un bersaglio distante. Nella lotta la protagonista non sarà completamente indifesa: con la sua energia può generare uno scudo ed eseguire dei perfetti parry con il giusto tempismo, disintegrando così i nemici che la circondano.

E come se non bastasse, i Rot saranno nostri compagni anche in battaglia. Sfruttando i punti coraggio, possiamo ordinare ai nostri teneri alleati di bloccare una creatura corrotta per renderla inerme ai nostri attacchi, o utilizzarli come potenziamento per lo scocco di una freccia o un attacco pesante (il martello Rot), rendendo così la nostra offensiva quasi inarrestabile. I Rot inoltre sbloccano nuove possibilità durante il combattimento, come le frecce multiple che colpiscono contemporaneamente più bersagli, offrendoci così ulteriori vantaggi in battaglia tra cui le cure. Tuttavia le sezioni di combattimento nel gioco sono alquanto limitate numericamente: ogni scontro è strettamente legato alla corruzione, e la sua purificazione vuol dire automaticamente che in quell’area non appariranno più nemici. Ciò vuol dire che una volta eliminata la piaga nella sua totalità, in tutto il mondo di gioco non vi saranno più nemici d’affrontare, a meno che non vi dedichiate anche alle ceste maledette, delle sfide a tempo in cui dovrete eliminare un’ondata di nemici. Nonostante sia l’opera prima di Ember Lab in ambito videoludico, il sistema di combattimento nella sua semplicità funziona piuttosto bene ed utilizzare l’arco alcune volte è anche divertente (soprattutto quando colpiamo i punti deboli dei nemici), sebbene una volta terminata l’avventura difficilmente troveremo altre occasioni per divertirci.

Il mondo di gioco è un pezzo verdeggiante di natura, una mappa che pian piano si aprirà grazie ai nostri interventi sulla corruzione. Servendoci dei poteri di Kena, possiamo aprire nuovi passaggi o raggiungere dei punti altrimenti inaccessibili, scovando così ulteriori segreti atti a ricompensarci. Ancor più importanti saranno i vari puzzle ambientali che dovremo risolvere con o senza i Rot, e la creatura di Ember Lab è disseminata di queste soluzioni ludiche nel corso della sua durata. Che siano relative o meno alla storia, completare tali puzzle avrà sempre una sua utilità, come lo sblocco di alcuni collezionabili. La ricerca dei segreti è la dinamica più preponderante nel contesto esplorativo di Kena, poiché ci permettono di sbloccare alcuni elementi di gioco più o meno importanti. Per esempio la Posta Spirituale ci permetterà di sbloccare ulteriori parti del villaggio afflitte dalla corruzione, con nuovi punti accessibili, o i cappelli che ci permettono di personalizzare i nostri inseparabili amici spirituali con buffe decorazioni. Ma senza ombra di dubbio, cercare tutti i Rot è uno dei motivi principali che ci spingono ad indagare su ogni angolo della mappa, dato che aumentando il loro numero (ve ne sono cento in totale) potremo sbloccare ulteriori azioni extra ed abilità acquistabili nell’albero dei potenziamenti.

In questo caso, tali segreti avvalorano l’esplorazione di un level design che altrimenti sarebbe un mero landscape piuttosto fantasioso per i nostri occhi, dato che la sua linearità non ci offrirà sempre delle aree aperte in cui gironzolare piacevolmente. Possiamo trovare però al suo interno diversi elementi, come il viaggio rapido o il carrello dei cappelli, mentre nascoste e lontane da occhi indiscreti vi sono diverse sfide in cui mettere alla prova le nostre abilità da arcieri. Intrattenimenti destinati purtroppo a durare (giustificabilmente) poco, a cui potremo attingere ancora una volta avviando una nuova partita, sebbene manchi l’opzione dell’NG+. Il titolo sorprendentemente offre anche un buon livello di sfida, ma a per i giocatori più hardcore esiste la difficoltà Maestro, dove i danni subiti saranno notevoli e quelli inflitti diminuiranno esponenzialmente, da giocare ovviamente senza la possibilità di usufruire dei progressi compiuti nella prima partita.

Un mondo bellissimo da vedere in Kena Bridge of Spirits!

È ormai assodato che la visione artistica di Kena Bridge of Spirits sia affascinante. A partire dall’ambientazione, che viene fortificata da una vegetazione prevalente ed opere artificiali costruite in legno e roccia, con un carattere asiatico dominante in ogni sua sfaccettatura. E i riferimenti alla cultura balinese li possiamo annoverare nel design dei personaggi, nelle maschere artigianali intagliate nel legno ed una serie di dettagli percettibili attraverso il mondo di gioco. Il comparto grafico specialmente è uno dei punti di forza della produzione indie, una visione fiabesca decisamente invidiabile che il più delle volte si avvicina ai più moderni film d’animazione attualmente in circolazione. E nonostante qualche texture non ottimale di troppo, l’insieme creato da Ember Lab a volte ci ha tolti il fiato, merito soprattutto di diversi scenari dal forte impatto visivo. Persino i modelli poligonali risultano curati in ogni minimo dettaglio, dai piccoli Rot ai personaggi principali dell’avventura, fino alla vegetazione che vanta di un buona volumetria. Anche la palette dei colori è estremamente vivace, un carico di energia che confluisce nello schermo trasmettendoci a sua volta una grande positività, sicuramente in forte contrasto con i temi trattati dalla storia.

Ma nonostante un retaggio artistico ed un comparto grafico degni di nota, sebbene vi siano da segnalare diverse increspature non appena mettiamo il naso rivolto alle estremità della mappa, il comparto tecnico in qualche occasione ci ha fatto storcere il naso. In termini prestazionali, il titolo propone le due consuete modalità grafiche, tra il 4K upscalato e 60 fps  e il 4K nativo a 30 fps. Nonostante abbiamo preferito la prima, abbiamo riscontrato diversi cali di frame rate in alcune zone della mappa, delle piccole instabilità che normalmente passerebbero anche inosservate, ma che tenendo conto di PlayStation 5 (dove abbiamo giocato il titolo) e del gioco in sé non possiamo non penalizzare, considerando anche tutti i pregi di cui si avvale. Inoltre, durante la nostra avventura, abbiamo riscontrato diversi problemi con l’animazione della corsa, la quale si interrompe autonomamente nonostante l’analogico premuto, rendendo a volte leggermente frustranti le fasi esplorative. Altra nota negativa è la localizzazione italiana del gioco, che in diversi frangenti scambia il genere del soggetto (invertendo il maschile col femminile e viceversa), mentre in diverse occasioni è risultata completamente sbagliata (come il “grazie per il pagamento al termine dei titoli di coda), un problema comunque risolvibile con un aggiornamento dedicato che speriamo arrivi presto. Una nota positiva invece va alla colonna sonora, che come vi anticipammo in una delle nostre anteprime del gioco, vede il coinvolgimento dei sudamami, il quale ha infuso lo spirito indonesiano nella realizzazione delle musiche utilizzando strumenti come gli xilofoni di bambù e bronzo, creando così dei brani armoniosi durante l’esplorazione.

Piattaforma: PlayStation 4, PlayStation 5 e PC
Sviluppatore: Ember Lab
Publisher: Ember Lab

In sostanza, Kena Bridge of Spirits è quel flebile confine tra cinema e videogioco, laddove l’esperienza di Ember Lab nel campo dell’animazione ha permesso di creare un prodotto indie dal pregevole valore. Un’avventura che parla di morte, spiritualità, lo fa ispirandosi alle culture dell’Asia con una comunicazione da film d’animazione. E in questa avventura ricca di significato, vi si cela un gameplay molto semplice ed immediato, non necessariamente avvalorato ma comunque funzionale. A questo dobbiamo aggiungere un’esplorazione non particolarmente profonda ma che sa comunque ricompensare a dovere il giocatore nonostante un level design prevalentemente lineare. In tutto ciò va annoverato un comparto artistico ispirato, che attraverso le musiche e le ambientazioni riesce a trasmetterci le sensazioni di un viaggio vissuto attraverso gli occhi della guida spirituale Kena.

VOTO: 8

Matteo è un grande appassionato di videogiochi, manga ed anime. Come videogiocatore nasce sul Nintendo 64, Il suo primo videogioco? Super Mario 64. Col passare del tempo si è unito alla famiglia delle console di casa Sony e adora in particolare i videogiochi di produzione giapponese, ma grazie anche al suo spirito di cacciatore di trofei, prova interesse in ogni sfaccettatura del videogioco.