Ghostwire Tokyo è realtà, uno scenario soprannaturale fatto di azione, dramma, atmosfera e luci al neon, un titolo peculiare a cura di Tango Gameworks, lo studio fondato dall’autore della celebre saga di Resident Evil, Shinji Mikami, che ha dato vita a opere come The Evil Within, e che stavolta ci porta a Tokyo, in una sua versione spettrale e desolata, dopo un evento paranormale che ha avvolto la metropoli in una nebbia che non ha risparmiato nessun abitante, tranne il nostro protagonista per una specifica ragione.
Bethesda ci ha permesso di sperimentare in anticipo il singolare progetto dello studio su PS5, che abbiamo sondato a fondo in tutti i suoi aspetti, partendo dalla caratteristica narrativa, fino al gameplay ispirato, passando da un’estetica sgargiante, formando un prodotto assai particolare nel panorama, decisamente folkloristico in ogni suo aspetto. Siamo pronti dunque a raccontarvi Ghostwire Tokyo nella nostra recensione completa, dopo avervi raccontato le primissime ore nel nostro provato dedicato.
Ghostwire Tokyo: affrontare l’ignoto
La narrativa di Ghostwire Tokyo si aprirà con un evento paranormale che affliggerà la città, la quale sarà avvolta da una nebbia che non lascerà scampo ai cittadini della metropoli, eccetto uno: il protagonista della storia. Akito è un ragazzo che riesce a sopravvivere alla scomparsa improvvisa della popolazione, grazie all’infestazione corporale di un’entità denominata KK, che gli conferirà il potere di contrastare la minaccia che si sta abbattendo sulla capitale del Giappone. La convivenza sarà inizialmente complicata, ma i due capiranno ben presto di aver bisogno l’uno dell’altro per sistemare le cose, perseguendo i propri interessi personali e migliorando il rapporto dopo ogni avversità.
Il primo pensiero dello studente ventiduenne Akito Izuki va alla sorella Mari, ricoverata in ospedale, tanto da spingersi verso quel luogo, aiutato da KK il quale gli insegnerà le basi dei nuovi poteri acquisiti, necessari per affrontare i Visitatori, entità ostili che hanno preso il controllo della città, rappresentati con varie forme che richiamano i modelli sociali orientali, tra salary man e studenti in divisa. Arrivati nel luogo fatidico, scopriremo che la ragazza è stata rapita dall’antagonista di questa storia, artefice primo del caos che attanaglia la città: Hannya, un individuo mascherato dai chiari intenti rivoluzionari e funesti, vecchia conoscenza di KK che farà di tutto per attuare il suo piano etereo.
Inizierà dunque il percorso eroico di Akito e KK nel tentativo di fermare Hannya e riportare indietro Mari, ma dovranno partire dal basso, iniziando ad esempio diradando la nebbia diffusa tra le vie della città, che concretamente bloccherà la nostra esplorazione del vasto complesso urbano. Ghostwire Tokyo è a tutti gli effetti un titolo open map, dove l’esplorazione è il fulcro dell’esperienza, e per renderla sempre più ampia ci dovremo occupare della purificazione di portali Torii, le tradizionali strutture orientali che permetteranno di dissipare la nebbia, ben difese dai Visitatori intenti a preservare l’ambiente surreale della nuova Tokyo. La liberazione di queste aree, talvolta non semplici da trovare poiché disposte anche sopra i palazzi, è fondamentale per proseguire nel percorso di cacciatori di demoni, che vede spesso gli obiettivi primari localizzati in punti della mappa avvolti dalla nebbia. Oltre ad essere essenziale, risulta anche una buona attività di contorno nell’esplorazione, che abbiamo trovato importante per approfondire meglio la crescita del personaggio in virtù di ricompense ad ogni purificazione delle suddette strutture, oltre che garantire il viaggio rapido tra le stesse e più raramente l’accesso alle cassette delle offerte che potranno esaudire diverse richieste al costo di qualche meika, la valuta di gioco.
Il nostro protagonista potrà vantare di 3 alberi abilità ben distinti, rosari equipaggiabili che incrementano determinate statistiche e consumabili come cibo e bevande da utilizzare nelle situazioni critiche. Il sistema a livelli progettato da Tango Gameworks è molto basilare ma efficace, permettendo il guadagno di punti da spendere nelle sezioni di abilità grazie ad un sistema di esperienza data dalle azioni principali, come sconfiggere in combattimento i Visitatori che infestano la città e liberare gli spiriti dei cittadini non ancora trapassati, vincolati tra due realtà. Quest’ultima attività è molto importante e remunerativa, permettendo alti guadagni di esperienza e meika, che si concluderà con l’effettiva liberazione delle anime una volta assorbite con i Katashiro, le tradizionali forme di carta nipponiche che andranno collocate nelle cabine telefoniche spiritiche sparse per tutta la città al fine di dare pace agli abitanti di Tokyo.
Ad ogni livello, oltre che ottenere maggiore salute massima, con i punti guadagnati potremo potenziare diversi aspetti di Akito, divisi per Capacità, Equipaggiamento e Tessitura Eterea. Quest’ultima in particolare permette di potenziare il repertorio pirotecnico del protagonista che consta di diversi poteri elementali dagli effetti e usi diversi, fondamentali per contrastare la minaccia. I combattimenti infatti ci vedranno impegnati maggiormente a distanza nell’uso di questi poteri per indebolire i Visitatori tanto da esporre il loro nucleo, che potremo infine estrarre per finirli e contestualmente recuperare etere, ovvero le munizioni per gli elementi, che riguardano vento, acqua e fuoco. Il primo permette ad Akito di sferrare colpi rapidi, precisi e a gran distanza, rappresentando l’arma più versatile del suo arsenale spiritico, mentre la seconda garantisce più danni ma a minor distanza, potendo colpire più bersagli contemporaneamente. Il terzo invece risulta il più potente, con una buona distanza di lancio e possibilità di caricare il colpo per centrare più bersagli, al costo di possedere poche munizioni. Il recupero di etere può avvenire anche distruggendo degli elementi anomali nello scenario, mentre l’incremento delle munizioni massime per i poteri può avvenire pregando presso delle statue di Jizo disseminate per la città che andranno scovate. Oltre ciò, Akito può fare affidamento su di un Arco da cacciatore di yōkai donatogli da KK, utile soprattutto per le lunghe distanze e provvidenziale quando il protagonista sarà separato dal suo compagno per un breve periodo di tempo, e un corredo di talismani con diverse utilità.
Insomma, le possibilità in termini di combattimento non mancano, anche se non ci si trova spesso in circostanze che richiedono variazioni di approcci, per un senso di ripetitività che può destarsi presto. In tal senso, avremmo gradito della varietà in più per quanto riguarda situazioni e nemici, che comunque non vanno assolutamente sottovalutati. Pochi colpi saranno in grado di mandarci al tappeto, e dunque è importante non farsi accerchiare, cercando di sfruttare le peculiarità dell’arsenale, e anche la parata spiritica, che se attivata nell’esatto momento di un colpo in arrivo, annullerà completamente il danno in entrata, altrimenti lo diminuirà considerevolmente. Va detto che gli scontri non sono fluidissimi e troppo dinamici, concedendo del tempo per ragionare sulle mosse da eseguire, con dei pattern dei nemici ben leggibili per un’intelligenza artificiale basilare e spesso permissiva.
Interviene anche una timida componente stealth non troppo approfondita a supporto del gameplay che permette di approcciare in modo furtivo i Visitatori per eseguire delle uccisioni istantanee alle spalle, meccanica che può tornare utile in diversi frangenti ma che non ci ha dato l’impressione di essere stata integrata al meglio all’interno della struttura ludica voluta. Una peculiare abilità ricaricabile data dalla connessione rafforzata da Akito e KK permette di scatenare attacchi più potenti per un tempo limitato, potendo contare su un innesco di energia tale da allontanare i bersagli e renderli vulnerabili istantaneamente se deboli, indubbiamente un apporto importante agli scontri, risolutivo il più delle volte.
Persi nella nebbia di Tokyo
L’esplorazione della città è il piatto forte di Ghostwire Tokyo, che oltre che mettere in scena un’ottima riproduzione urbana, non si fa mancare anche la componente verticale, grezza negli accessi quando si tratta di arrampicarsi manualmente, ma più fluida quando è possibile sfruttare dei Tengu come appigli rapidi per raggiungere istantaneamente la cima delle strutture, per poi planare spiriticamente per un tempo limitato da un palazzo all’altro, dove delle belle viste attendono l’utente.
Nell’esplorare capiterà di imbattersi in numerosi minimarket gestiti da gatti yōkai nei quali acquistare di tutto, dalle munizioni per arco, fino al cibo consumabile, oppure altre Katashiro per ampliare le possibilità di assorbimento degli spiriti prima del rilascio effettivo, e per finire del cibo per cani. Di questi ne è piena la città, e grazie ai poteri di KK saremo in grado di leggere i loro pensieri oltre che evidenziare dei bersagli in una breve vista spettrale, utile quest’ultima anche per eliminare la corruzione che affligge delle zone della città, evidenziando la sorgente. Nutrire i cani può portarci a delle piccole ricompense in denaro dissotterrate sul momento o nel migliore dei casi, talvolta in concomitanza con incarichi secondari, al ritrovamento di speciali spiriti che ci ricompenseranno con un Magatama, utile per sbloccare l’avanzamento di alcune ramificazioni all’interno degli alberi di abilità.
Non mancano appunto le missioni secondarie, ovvero incarichi di diversa natura contestuali al momento macabro della città in cui dovremo portare a termine dei compiti più o meno complessi e variegati per alcuni spiriti, permettendo loro di trapassare. Queste hanno messo in scena solo raramente delle storie interessanti, rivelandosi perlopiù riempitive dell’esplorazione, fornendo però cospicue ricompense in denaro ed esperienza, oltre che permettere delle visite in locali interni altrimenti inaccessibili, dove le cose si fanno decisamente bizzarre e a tratti inquietanti ma mai horror, in cui non mancano anche dei momenti di sana ironia a tema. Seguendo la storia principale nelle sue missioni che compongono diversi capitoli narrativi, portare a compimento Ghostwire Tokyo con qualche secondaria e qualche momento esplorativo porterà via circa 12 ore, che possono aumentare a 25-30 se si vuole ottenere il massimo del completamento dal titolo, e ciò include ogni singolo frammento di mappa esplorato, con annessi incarichi, attività e collezionabili folkloristici recuperati.
Ghostwire Tokyo lascia un bel messaggio alla fine della corsa, con qualche momento davvero interessante, ma vanno sottolineati il mancato approfondimento di alcune sfaccettature e un’accelerata piuttosto netta nelle ultime battute, che forse avrebbero necessitato di più tempo di sviluppo, creando una frattura piuttosto ambigua nell’impianto narrativo principale del titolo, soprattutto nei ritmi. Nonostante questo, ciò che il titolo vuole far passare è importante e d’impatto, e non affezionarsi ai protagonisti, specialmente alle loro storie, è difficile, per un finale decisamente ben scritto e inscenato, anche se l’antagonista avrebbe meritato qualcosa in più sotto questo punto di vista.
Tecnica spettrale
Dal punto di vista tecnico, Ghostwire Tokyo si presenta come un titolo che non incarna propriamente il concetto di next-gen, presentando modelli poligonali e alcune texture non all’altezza di PS5, ma difendendosi egregiamente dal punto di vista dell’impatto estetico, con le sue luci ed effetti speciali sgargianti, che coprono in larga parte i difetti della struttura tecnica, lasciando spazio all’atmosfera ben riprodotta di una metropoli desolata e ansiogena, inquietante ad ogni passo verso una nuova strada o ambiente interno che sia, puntando spesso su giochi di luci e suoni, talvolta con cambi di scena surreali ottimamente realizzati che fanno della direzione artistica un punto saldo del titolo.
È importante sottolineare la possibilità di usufruire dell’esperienza in diverse modalità di rendering, in grado di soddisfare ogni esigenza di resa. Parliamo di 6 modalità distinte che è possibile scegliere dal menù apposito, che comprendono la modalità qualità, che blocca la risoluzione in 4K, accompagnata da un frame rate impostato sui 30 fps con Ray Tracing attivo, la modalità prestazioni, che garantisce un frame rate di 60 fps riducendo la risoluzione e disattivando il Ray Tracing, comportando l’utilizzo dell’illuminazione tradizionale, e 4 modalità più elaborate che vi illustriamo. La modalità qualità HFR (High Frame-Rate) riprende le caratteristiche della prima ma con un frame rate sbloccato, con target di 40-50 fps, mentre la modalità prestazioni HFR parte da 60 fps mantenendo anch’essa il frame rate sbloccato, riprendendo gli aspetti della seconda modalità menzionata. Le due modalità finali presenti riprendono le ultime due citate aggiungendo l’abilitazione del V-Sync.
Insomma, le opzioni di fruizione non mancano, anche se nel nostro caso quella che ci è sembrata più bilanciata è stata la modalità prestazioni, anche se va sottolineato che il frame rate non è rimasto sempre ancorato a 60 fps, ma la fluidità rimane un fattore importante per la tipologia di gioco, così come l’accessibilità, di cui il gioco vanta numerose opzioni. Un ottimo lavoro è stato svolto per quanto riguarda l’utilizzo delle feature del DualSense, sfruttato in ogni suo aspetto partendo dal feedback aptico, capace di riprodurre vibrazioni precise e intense, simulando anche la caduta della pioggia sull’asfalto, rafforzando l’atmosfera, arrivando all’utilizzo dei grilletti adattivi, che mutano la propria inerzia dinanzi ai diversi poteri o strumenti equipaggiati, senza dimenticare lo speaker audio integrato che riproduce suoni, voci, o rumori di una certa importanza.
La credibilità dell’ambientazione non passa solo dall’ottimo lavoro svolto sul level design e costruzione della città, ma anche dal comparto audio, che abbiamo trovato particolarmente curato sia per qualità che spazialità delle fonti sonore, con a supporto una colonna sonora di livello, finendo per citare anche un buon doppiaggio sia in lingua giapponese che italiana, nonché un buon adattamento testuale della nostra lingua.
Piattaforme: PS5, PC
Sviluppatore: Tango Gameworks
Publisher: Bethesda Softworks
Ghostwire Tokyo è un titolo particolare, per certi aspetti grezzo, con dei picchi non indifferenti, che vertono sul piano estetico, costruttivo e della messa in scena, ma mostra dei limiti di produzione se ci si sofferma su gameplay, narrativa e tecnica. Il viaggio tra il folklore giapponese a tinte soprannaturali è accattivante, bello da vedere e sentire, quanto sfizioso da giocare, soprattutto se non ci si aspetta una certa stratificazione del gameplay, risultando in un prodotto piuttosto classico per quanto peculiare per il genere free roaming a narrativa lineare. Rimane dunque complicato promuovere totalmente il nuovo lavoro del team di Shinji Mikami, che ci è parso brillante sotto diversi aspetti e meno sotto altri, richiedendo forse ulteriore tempo di sviluppo per riuscire in un’opera davvero imponente e completa, arrivando sul mercato forse con qualche fretta. Vanno sottolineati comunque gli elementi accattivanti resi ottimamente, ed un magnetismo comprensibile scaturito dal fascino del folklore giapponese, ben riprodotto a schermo. Proprio agli appassionati di avventure paranormali e cultura nipponica consigliamo Ghostwire Tokyo, che riesce al di là dei difetti a dare vita ad una combinazione intrigante generata da una visione caratteristica.