Dreamfall Chapters – Book One

Se c’è una cosa che ho notato, scrivendo recensioni di avventure grafiche, è che parecchi appassionati di questo genere mal sopportano la formula a episodi. Probabilmente perché il fan medio è molto legato agli schemi tradizionali, e quindi disprezza il fatto di dovere aspettare mesi per godersi il continuo di una storia che lo sta appassionando. In realtà, questa soluzione è stata adottata molto spesso dagli sviluppatori di punta e clicca proprio per ammortizzare i problemi produttivi e portare a termine progetti che altrimenti non avrebbero mai visto la luce (senza dimenticarci che alcuni team sono riusciti ad ottenere buon risultati sfruttando al massimo questa formula, come Telltale).

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Dopo questa premessa, è curioso notare come ogni capitolo della saga di The Longest Journey riesca (videoludicamente parlando) a riflettere il periodo storico nel quale è uscito. Il primo The Longest Journey, pubblicato per PC nel 1999, era un’avventura grafica punta e clicca con un sacco di enigmi a inventario. Dreamfall: The Longest Journey, uscito su PC e console nel 2006, era un action adventure con un sistema di controllo pensato per i joypad e la quasi completa assenza di enigmi. Dreamfall Chapters, uscito nel 2014 per PC e console in digital delivery, è sotto molti punti di vista molto simile al suo predecessore, con l’aggiunta di qualche debole enigma, e la “temuta” formula a episodi.
[quotedx]Ogni capitolo della saga di The Longest Journey riesce a riflettere il periodo storico nel quale è uscito[/quotedx]
D’altronde, la storia produttiva del gioco è stata abbastanza turbolenta: il gioco fu annunciato da FunCom a marzo del 2007 (a un anno di distanza dal prequel), ma se ne persero completamente le tracce fino al 2012, anno nel quale Ragnar Tørnquist (padre dell’intera serie) fondò Red Thread Games con l’unico obiettivo di realizzare questo atteso seguito. La produzione è proseguita in modo travagliato, con fondi stanziati e poi ritirati, annunci, ritardi, una campagna Kickstarter trionfante e, infine, l’annuncio di trasformare il gioco in una serie a episodi. In ogni caso, che apprezziate o no questa scelta, ormai poco importa: Dreamfall Chapters è finalmente fra noi… almeno la prima puntata.

UN PO’ DI STORIA (SPOILER ALERT!)

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Nel 1999 le avventure grafiche non se la passavano benissimo; Lucas e Sierra non erano più sulla cresta dell’onda e gli appassionati dovevano ripiegare su produzioni poco ispirate, come quelle della morente Cryo o della Microïds pre-Syberia. In uno scenario simile, un gioco come The Longest Journey, sviluppato da FunCom e scritto da Tørnquist, fu un fulmine a ciel sereno. Si trattava di un’avventura imponente, molto longeva ma caratterizzata da una trama affascinante e tremendamente ben scritta. L’ambientazione era un sapiente mix tra lo sci-fi distopico alla Blade Runner e il fantasy fiabesco a La storia infinita, mentre la protagonista April Ryan riuscì a far immediatamente breccia nel cuore di tutti gli appassionati. L’opera diventò un piccolo culto e il seguito fu atteso da molti. Dreamfall: The Longest Journey apportava molte novità alla saga, tra le quali due personaggi in più da controllare. La giovane Zoe Castillo scalzava dal ruolo di protagonista una invecchiata e disillusa April, mentre le parti più action erano lasciate al burbero (e poco carismatico, diciamocelo) Kian Alvane.

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Il gioco era ormai in completo 3D e aboliva praticamente qualsiasi tipo di enigma, facendo concentrare il giocatore più sull’esplorazione e sull’ottima trama. L’ambientazione di Dreamfall era divisa tra due dimensioni parallele: Stark, dominata dalla tecnologia e tremendamente vicina ad un nostro possibile futuro, e Arcadia, un simil medioevo intriso di magia e misticismo. Nel primo The Longest Journey toccava alla prescelta April salvare i due mondi da una terribile entità chiamata il vortice del caos; in Dreamfall tutta la vicenda ruotava attorno alla giovane Zoe, una ventenne come tante, confusa e disorientata, senza uno scopo preciso nella vita. Una serie di eventi la porteranno a scoprire le sue doti di “sognatrice” e di conseguenza a salvare il mondo di Stark da una terribile minaccia. Kian è invece un apostolo degli Azadi, ovvero una sorta di inquisitore fedele a un rigido ordine religioso. Il suo scopo è trovare e uccidere il ribelle chiamato “lo scorpione”, ma durante la sua missione avrà modo di dubitare della sua fede e dei suoi superiori. Per entrambi i protagonisti, però, l’epilogo non sarà dei più felici: Kian viene arrestato con l’accusa di tradimento, mentre Zoe cade, con l’inganno, in uno stato di coma dal quale non potrà più risvegliarsi.

UN NUOVO SOGNO

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Dreamfall Chapters riprende esattamente dove finiva il precedente capitolo. Il corpo di Zoe è ancora in coma, e la sua coscienza intrappolata nel “tempostoria”, una sorta di dimensione a cavallo tra i mondi di Stark e Arcadia, e nella quale si materializzano i sogni di ogni essere vivente. In questo limbo, Zoe ha avuto modo di riflettere sulla sua vita passata e su tutto quello che ha perso. Contemporaneamente, però, le avvisaglie di un’incombente minaccia si fanno sentire. I vecchi avversari che non è riuscita a sconfiggere in precedenza stanno attuando un piano atto a controllare le menti di tutta la popolazione di Stark tramite la diffusione delle dreamachine, apparecchi in grado di controllare i sogni, vendute come oggetti di intrattenimento. Dal canto suo, Kian non se la passa meglio. L’ex apostolo ha ormai ha passato più di un anno rinchiuso nelle prigioni della torre di Marcuria in attesa dell’esecuzione, ma le cose potrebbero non andare come egli si aspetta.

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[quotesx]L’incipit tocca le corde giuste e riesce a calare il giocatore nell’atmosfera della serie[/quotesx]
Oltre ai due personaggi prenderemo poi il controllo di un terzo protagonista, del quale non dirò nulla per non rovinarvi la sorpresa. L’incipit del gioco tocca le corde giuste e riesce a calare bene il giocatore nel mood appropriato in modo da creare continuità con i capitoli precedenti. A tal proposito anche l’interfaccia gioca la sua parte, dato che è molto simile a quella già vista nel prequel. Il personaggio è inquadrato di spalle, e i movimenti sono gestiti con la solita combinazione WASD, con la telecamera controllata dal mouse. Quando ci avviciniamo a oggetti o persone con cui interagire, vengono evidenziati con un’icona molto visibile. Posizionando il puntatore sugli hotspot è possibile aprire un menu circolare dal quale selezionare l’azione desiderata. È disponibile anche un piccolo inventario nel quale potremo tenere gli oggetti raccolti in giro nonché esaminarli o combinarli tra di loro. Tutto il sistema di controllo è adattabile all’uso di un joypad, ma personalmente mi sono trovato meglio con la combinazione mouse + tastiera, forse perché mi è sembrato meno intuitivo l’uso della levetta analogica destra per raggiungere gli hotspot.

PARLAMI DI QUALCOSA!

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Senza ombra di dubbio, il cuore di Dreamfall Chapters è costituito dalla sua trama e dai suoi dialoghi. Come per The Longest Journey e il primo Dreamfall, la qualità della scrittura di Tørnquist si fa sentire soprattutto per quanto riguarda i dialoghi e i monologhi. Senza ombra di dubbio l’introspezione psicologica sembra essere il mezzo preferito dell’autore norvegese per esprimere i vari stati d’animo dei personaggi; non sono un amante di film e videogiochi verbosi, ma devo ammettere che in questo caso i dialoghi molto frequenti non sono mai pesanti, anzi, rappresentano uno degli aspetti più interessanti del gioco. All’inizio di una conversazione con un personaggio non giocante assisteremo inizialmente a uno scambio automatico tra i due, mentre in un secondo momento saremo chiamati a compiere una scelta tra varie risposte da dare. La maggior parte di queste opzioni sarà “a senso unico”, il che vuol dire che ogni risposta determinerà una precisa reazione del nostro interlocutore in maniera irreversibile, modificando anche l’andamento della storia stessa. Ad esempio, potrete decidere se risparmiare o meno la vita a un personaggio, oppure decidere se essere sinceri o mentire durante un interrogatorio.

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[quotedx]La qualità della scrittura di Tørnquist emerge soprattutto nei dialoghi e nei monologhi[/quotedx]
In ogni caso, il gioco si preoccuperà sempre e comunque di ricordarci che tutto quello che faremo “avrà delle conseguenze” in futuro. In almeno un’occasione, inoltre, la scelta di Zoe cambierà in maniera importante anche il gameplay. Insomma, la scuola è quella di Telltale e dei suoi The Walking Dead, anche se, rispetto a questi giochi c’è una lieve differenza. Nella serie di Lee e Clementine, infatti, durante i dialoghi, il giocatore ha sempre pochissimo tempo per decidere quale risposta dare e non sempre è sicuro di cosa la sua scelta potrà comportare di preciso. Red Thread, invece, ha optato per la soluzione opposta; quando occorre selezionare una risposta, il tempo si congela per consentirci di “sentire” i pensieri del nostro personaggio. Zoe e Kian ragioneranno su ogni singola frase, spiegando le motivazioni dietro di essa e quali conseguenze potranno verificarsi nel pronunciarla. Un’impostazione che non costringe a fare scelte al buio, ma permettendogli di dar loro il giusto peso. Inoltre, un’analisi così accurata delle risposte permette una maggiore immedesimazione con il personaggio principale, su cui proiettare ansie e timori. In aggiunta a tutto questo c’è anche una feature molto carina che permette di vedere “in game” quali sono le statistiche di una singola scelta e cosa i propri amici di Steam hanno deciso di fare in un determinato punto. Essendo il primo capitolo, non è ancora chiaro quanto le scelte potranno influire sull’andamento della storia, anche se una struttura episodica inevitabilmente non può consentire troppe diramazioni.

QUANTO È BELLO SOGNARE?

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L’aspetto che salta immediatamente all’occhio è la grafica. Il lavoro fatto da Red Thread è davvero di ottima fattura, a cominciare dalle ambientazioni molto ricche e di ampio respiro. La città di Europolis, sebbene esteticamente aderisca al solito standard “Blade Runner”, è comunque impressionante per vastità e varietà. Il tempostoria è molto spettacolare e suggestivo, anche se un po’ spoglio, mentre la prigione di Marcuria non si discosta troppo dallo standard fantasy a cui siamo abituati. Modelli e animazioni dei personaggi sono un altro aspetto particolarmente riuscito. Mi permetto, però, di muovere due appunti. Il primo è relativo ai vari volti ed espressioni facciali. Dreamfall, infatti, gioca molto sull’aspetto emotivo dei personaggi e molti dialoghi sono scritti in maniera approfondita e curata, senza contare che le reazioni dei nostri interlocutori sono importanti in merito alle scelte che dovremo prendere. Purtroppo tutto questo viene fortemente smorzato da volti quanto mai inespressivi.

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[quotesx]Nel 2014, vedere due personaggi che parlano immobili e con la bocca chiusa è un po’ anacronistico[/quotesx]
Il secondo appunto riguarda la scelta registica di alcuni dialoghi. Nel 2014 risulta ormai anacronistico vedere due personaggi che parlano rimanendo in piedi immobili, senza un minimo di campo e controcampo e con la bocca chiusa. In realtà, lo stampo cinematografico e le animazioni del labiale vengono usate, ma solo in particolari casi, mentre nella maggior parte delle conversazioni vedremo la nostra controparte di fatto congelata nella posizione in cui si trovava quando è cominciato il dialogo, con effetti involontariamente comici. Sotto questo aspetto, The Walking Dead e Wolf Among Us, malgrado siano tecnicamente più scarsi, sono anni luce avanti rispetto a Dreamfall Chapters, restituendoci personaggi emotivamente espressivi e credibili. Altro difetto sul quale non si può proprio sorvolare sono i pesantissimi cali di framerate che affliggono il gioco, soprattutto in corrispondenza di determinate ambientazioni. Il punto più critico è sicuramente la città di Europolis, nella quale tutto sembra andare al rallentatore, anche impostando le configurazioni video più basse possibili.