Tactics Ogre: Let Us Cling Together – Recensione

Un tuffo nel passato per un titolo che ha fatto la storia. [Review]

Uno scenario cupo, quello dipinto in Tactics Ogre: Let Us Cling Together, riedizione tirata a lucido di un classicone della metà degli anni Novanta che ha portato “su di livello” un intero genere, quello degli strategici a turni Made in Japan. Uno scenario cupo, sì, tra l’altro sorprendentemente ispirato (almeno in parte) ai terribili conflitti balcanici che seguirono al crollo della Jugoslavia socialista nei primi anni Novanta. La storia prende il via dalla voglia di rivalsa del principe Denam Pavel. Valeria, lo stato fondato dal re Dorgalua, dopo la sua morte implode e crolla, finendo lacerato da tensioni razziali e dalle ambizioni di uomini di potere come il reggente Brantyn Morne, lo ierofante Balbatos o il duca Juda Ronwey. Nemmeno a dirlo, l’isola di Valeria diventa quindi teatro di sanguinarie guerre civili, guerre rese ancora più cruenti da interventi esterni da parte del Sacro Lodissiano Impero e dei suoi temibili cavalieri, i Loslorien.

SCACCHI E TAROCCHI
Come accennato, Tactics Ogre: Let Us Cling Together viene dal passato remoto. Viene dai tempi del Super Nintendo, per la precisione, quando Square Enix pubblicò (solo in Giappone) il lavoro di un team di sviluppo battezzato Quest. Quel gioco, Tactics Ogre: Let Us Cling Together, riuscì a dare ulteriore spessore al genere d’appartenenza, prendendo la formula di serie quali Fire Emblem e Shining Force e potenziandola sotto tutti i punti di vista. Questa riedizione per PSP è stata curata dai membri più importanti del team che mise in piedi l’originale. Gente come Yasumi Matsuno (scenario writer e director), Sakimoto e Iwata (compositori dell’eccezionale colonna sonora orchestrale) e Yoshida e Masao (character designer). Tutti tizi, questi, che gli appassionati dei giochi di ruolo di matrice giapponese venerano come semidivinità. Capire il perché non è poi così difficile: basta dare una possibilità a Let Us Cling Together, infilarlo nella PSP e perdersi dentro a una gigantesca avventura capace di portare via ore su ore come se niente fosse. Per completare il gioco ne servono oltre sessanta, per intenderci. Sessanta ore di decisioni strategiche, di battaglie epocali, di fantasy romanzato.

LEGALE O CAOTICO?
Le avventure di Denam (e dei suoi alleati) si dividono fra battaglie ed eventi a cui è possibile accedere dalla mappa del mondo. Negli intermezzi narrativi si ha modo di influire direttamente sull’evoluzione della trama con scelte spesso traumatiche e “forti” (almeno per i canoni dei J-RPG). Già all’inizio si viene accolti da una serie di domande le cui risposte, abbinate alle carte dei Tarocchi, influenzano le statistiche di Denam. Ma l’elemento non lineare mostra la sua importanza soprattutto a partire dalla fine del primo capitolo dove, a seconda della scelta di Denam, l’intreccio prosegue nello scenario legale o in quello caotico (allineamenti tradizionali dei GdR cartacei e che, si badi bene, non rispecchiano il bene e il male ma il rapporto con le strutture sociali e l’aderenza alle norme). Due giocatori potrebbero completare Tactics Ogre avendo vissuto vicende molto diverse e avendo reclutato personaggi differenti. L’opzione Wheel of Fortune, comunque, dopo aver portato a termine il gioco permette di tornare indietro nel tempo per esplorare tutti gli scenari possibili. Cosa piuttosto importante, questa, per i completisti estremi.

L’ULTIMA BATTAGLIA
Il profilo narrativo vanta insomma la sua importanza nella struttura di Let Us Cling Together. Il fulcro, comunque, è il sistema di combattimento tattico e strategico. Nel corso del gioco si devono condurre in battaglia numerose unità (fino a dodici) in arene che in realtà sono delle scacchiere. Su queste scacchiere camuffate bisogna muoversi e combattere turno dopo turno. Le arene stesse possono essere ingrandite per mezzo di una funzione di zoom o inquadrate dall’alto per pianificare meglio le mosse, naturalmente tenendo sempre conto dell’altitudine e dei vari tipi di terreno (che influiscono sugli attacchi e sulle manovre difensive). I personaggi, divisi fra quelli generici reclutabili liberamente e quelli legati all’intreccio narrativo, possono essere personalizzati. Equipaggiamento (che influenza persino peso e velocità) abilità (da ottenere sfruttando gli skill point guadagnati in battaglia), maestria nell’uso di una categoria d’armi o di magie, potenziamento di certe statistiche, capacità di persuadere determinati tipi di unità nemiche a unirsi al gruppo… non c’è aspetto che i giocatori non possano curare in maniera diretta e personale. La varietà di classi è poi molto ampia e permette di sperimentare in totale libertà, mescolando unità diverse e abilità prese di peso dai vari job. Il risultato finale è uno strepitoso gioco di strategia che, pur essendo indirizzato in particolar modo ai fan del genere, riesce comunque a risultare abbastanza accessibile. Merito di un tutorial esteso e di alcune dinamiche tese a rendere più facile la vita dei semplici curiosi (dinamiche come l’alleggerimento della morte permanente delle unità o il sistema Chariot, che permette di tornare indietro fino a cinquanta turni per correggere eventuali mosse sbagliate). Insomma, Tactics Ogre: Let Us Cling Together è un gioco grande, grosso, elegante e addirittura importantissimo dal punto di vista storico (nel senso che ha scritto la storia dei videogiochi). Snobbarlo sarebbe un atto criminale.