La casa di carta 3 Recensione

La casa di carta 5

La casa di carta 3 | Non è che si sentisse tanto il bisogno de La casa di carta 3, diciamolo. La parte 2 dello straripante show spagnolo aveva chiuso benissimo il cerchio, mettendo un punto (più o meno) definitivo a una trama avvincente e ricca di colpi di scena. Invece Netflix che fa? Annuncia nuovi episodi, tra l’entusiasmo di numerosi appassionati e il dissenso di tanti altri. È una sorpresa che una serie con personaggi spagnoli fino al midollo sia diventato un successo internazionale: non solo si tratta dello show non inglese/americano più guardato di Netflix, ma è stato anche elogiato da artisti del calibro di Stephen King. Se vi sono piaciute le parti 1 e 2, e magari avete anche imparato un po’ di castigliano guardandole, La casa di carta 3 senza dubbio vi intratterrà. E neanche poco.

La casa di carta 3

La casa di carta 3, la resistenza è tornata!

Dopo essersi stampati un mucchio di soldi nella Zecca di Stato spagnola, riuscendo a farla franca, la banda di criminali è tornata insieme, con alcune nuove aggiunte (un po’ dei rimpiazzi ai personaggi che non ci sono più, ahimè). Río è stato catturato per ragioni che è meglio non spoilerare e i suoi compagni lo vogliono indietro. Come fare, dunque, a liberarlo? È semplice, con ciò che ai criminali in rosso riesce meglio: mettere a segno una nuova rapina! Se ve lo state chiedendo i personaggi sono ancora favolosi, anche quando indossano quei tutoni improponibili con le maschere Dalí. E sì, Il Professore ha ancora lo stesso appeal nerd-sexy delle puntate precedenti e sembra capace di fare praticamente qualsiasi cosa (a parte ballare). Alcuni espedienti narrativi de La casa di carta 3 creano un certo allarmismo e funzionano alla grande. A volte le cose sembrano andare terribilmente male, ma alla fine la banda si dimostra all’altezza della situazione e ci si rende conto che stesse seguendo un piano meticoloso sin dall’inizio, nonostante lo spettatore sia portato a credere diversamente. Come nelle due parti precedenti, l’azione all’interno degli episodi non segue un ordine cronologico. In questa stagione, la trama viene raccontata attraverso tre periodi di tempo: uno ha luogo nel presente, un altro poche settimane prima e l’ultimo anni addietro. È un modo molto efficace per narrare la storia, e La casa di carta 3 sarebbe uno show molto più convenzionale e noioso se le cose fossero spiegate nell’ordine in cui accadono.

La casa di carta 3

Poi ci sono alcuni siparietti divertenti, ed è qui che certi personaggi brillano più di altri. Denver e Nairobi continuano a essere due dei criminali più simpatici, principalmente perché tendono ad abbellire i loro discorsi con parole vivaci e colorite (basta ascoltare la risata del primo, poi, per sbellicarsi!). Il femminismo continua a giocare un ruolo importante nella serie: stiamo parlando di uno show che, a un certo punto della prima stagione, se ne esce con la frase empieza el matriarcado (comincia il matriarcato) a mo’ di slogan. C’è una discussione che la banda ha alle tre di notte in un monastero italiano, durante La casa di carta 3, in cui Nairobi dice a Denver che è antiquato nel modo di pensare (antiguo, que eres un antiguo); allora interviene Palermo, uno dei nuovi personaggi, che rivendica il patriarcato in un modo né sottile né politicamente corretto. Se c’è una cosa chiara nella serie spagnola è che le donne sono delle vere dure, con coraggio e carisma da vendere. La scena si conclude comunque in modo divertente, con Il Professore, nel suo pigiama a righe bianche e blu, che fa un’apparizione e chiede a tutti di tornare a letto visto l’orario.

La casa di carta 3

A parte i nuovi volti, una delle principali differenze tra La casa di carta 3 e quelle precedenti è che Madrid non è l’unica ambientazione: lo spettacolo è più internazionale adesso, con sequenze girate a Firenze, a Panamá e nell’arcipelago di Guna Yala. Il nostro consiglio è quello di guardare la serie nella sua versione originale con i sottotitoli per farsi trasportare totalmente dal fascino spagnoleggiante di una produzione che sa intrattenere nonostante le numerose cadute di stile. Il fatto è che, sebbene lo spettatore sia coinvolto dalla partita a scacchi giocata dal Professore, dai continui colpi di scena (a tratti surreali) e dalla capacità dei produttori di mischiare con sapienza dramma e kitsch, la serie ha il sapore di una soap-opera: viene infatti dato molto spazio alle dinamiche a tratti esagerate tra i protagonisti, e l’accento è posto eccessivamente sulle relazioni interpersonali.

Se vi sono piaciute le prime due parti, sarete senz’altro entusiasti de La casa di carta 3: la nuova stagione è strutturata in modo funzionale ed è più grande e ambiziosa delle precedenti. Qualora foste tra i fan che all’annuncio della stagione 3 hanno immediatamente pensato ma no, non era affatto necessario che la continuassero!, potreste ricredervi: anche se la seconda parte conclude perfettamente lo show e, a esser sinceri, avrebbero potuto evitare nuove puntate, chiunque abbia apprezzato la serie ideata da Álex Pina non disdegnerà gli otto episodi appena distribuiti da Netflix. Garantito!

La mia sedia a rotelle è come il kart di Super Mario. In qualsiasi cosa devo essere il migliore, altrimenti ci sbatto la testa finché non lo divento. Davanti a un monitor e una tastiera, però, non è mai stato necessario un grande sforzo per mettermi in mostra. Detesto troppe cose, sono pignolo e - con molta poca modestia - mi ritengo il leader perfetto. Dormo poco, scrivo tanto, amo i libri e divoro serie tv. Ebbene sì, sono antipatico e ti è bastata qualche riga per capirlo.