Joker Recensione

Joker

Joker Recensione | La settima arte, come tutti gli altri media, oltre ad essere intrattenimento, in alcuni casi è pura potenza visiva ed espressiva, capace di veicolare non solo messaggi forti, controversi o positivi, ma anche di trasmettere un bagaglio di emozioni tale da lasciare senza fiato. La forza della finzione sta proprio lì, nell’innalzare un muro sottile tra irrealtà e concretezza, parlando a noi spettatori non direttamente, ma raccontandoci, in maniera implicita, aspetti diversi del nostro vissuto ed esperienza. E quando il cinema parla di quotidianità, di delusioni, dell’odio e della violenza viscerale che ne consegue, dimentichiamo per un attimo dove ci troviamo, recitando un ruolo da assoluti protagonisti. Spesso però la realtà presentata dalla pellicola è troppo sconvolgente per essere accettata e siamo violati nel nostro io più profondo da una analisi forse troppo cruda, ma perfettamente veritiera di ciò che accade nel globo. Questo è Joker di Todd Phillips nella sua interezza: la storia di un emarginato qualunque, di un relitto della società che è costretto a subire angherie e soprusi e che da vittima diventa carnefice, usando il terrore e la violenza come deterrente nei confronti di un ceto medio-alto indifferente ai problemi dei meno abbienti.

Joker

Arthur Fleck mentre si trucca prima di recarsi al lavoro.

Joker: una squallida esistenza vissuta nell’anonimato

Non fraintendetemi: nel lungometraggio non è presente nessuna giustificazione alla brutalità, ci mancherebbe, ma con estremo cinismo e chiarezza viene mostrato a cosa spesso andiamo incontro: non si legittimano quindi le azioni in sé, ma si cerca di comprendere, in maniera più lucida possibile, le ragioni più profonde. Dove si cela quindi il germe del caos? Tra le strade di una Gotham sporca e realistica, che abbandona del tutto il suo aspetto fumettistico e che diventa la rappresentazione di una metropoli attuale, popolata da gente comune, frustrata dalla povertà e schiacciata e oppressa da un sistema sempre più ingiusto e malsano. Artur Fleck si muove in questa dimensione, tra disordini sempre più accesi nei quartieri e atti ingiustificati di aggressività nei confronti dei più deboli, essendo colpito, per tutta la durata della pellicola, dal pesante fardello di una vita che non gli dà nessuna soddisfazione personale, lavorativa o sentimentale. Il fragile protagonista della nostra storia, oltre a soffrire di disturbi psichici, infatti, è costretto ad accudire la madre malata ed ha difficoltà nel relazionarsi con gli altri, tanto da avere svariate problematiche sul posto di lavoro. Joaquin Phoenix, con la sua interpretazione del personaggio principale, ci regala una performance roboante, brillante e sentita, a tratti sopra le righe, che traina in maniera massiccia non solo l’intera sceneggiatura, ma anche la regia, che sembra quasi essere al servizio del personaggio e non il contrario. L’aspetto più prezioso del lavoro del celebre artista (che sarà in lizza, con tutta probabilità, come Miglior Attore agli Oscar) si respira però maggiormente quando il film effettua un cambio repentino di ritmo e stile, mutando completamente le espressioni, i movimenti e la mimica facciale di Phoenix, impacciata, spenta e sofferente prima e sgargiante, esplosiva e sfacciata poi. Il cambio è stato compiuto quindi: Fleck diventa Joker o meglio, si libera dal suo tormento lasciandosi andare, dando voce ad una verità che si era sempre raccontato dentro di sé, ma che non aveva mai liberato pienamente.

Joker

Una risata spesso nasconde le nostre reali condizioni emotive…

Una personale visione del cinecomic

È opportuno parlare anche della natura dell’opera, che tanto ha fatto dibattere il pubblico e la critica prima della sua uscita. Joker, per certi aspetti, è un cinecomic a tutti gli effetti, mostrando personaggi e luoghi provenienti dal mondo DC Comics (che, a dire il vero, non sono assolutamente necessari e forse vanno intesi come dei semplici riferimenti), ma possiede anche degli elementi che sono profondamente estranei al genere. Uno script così fortemente focalizzato tanto sulla psicologia deviata di un personaggio quanto sulla descrizione di una società in declino, e una regia raffinata e mai banale – costruita per seguire le gesta del protagonista e il background che lo circonda – sono degli aspetti assolutamente lontani dalle pellicole Marvel e Detective Comics che abbiamo imparato a conoscere in questi anni. Già Christopher Nolan, con la trilogia del Cavaliere Oscuro, aveva reinventato parte dell’universo fumettistico di riferimento, mentre con Joker viviamo un’esperienza ancora diversa, staccata quasi completamente dalle componenti più legate ai supereroi e villain ed espressione di una cupa e pessimista rappresentazione del nostro mondo. Infine, se all’impianto narrativo ed estetico aggiungiamo una colonna sonora che riesce ad essere a tratti destabilizzante nelle parti strumentali e squisitamente nostalgica e malinconica nelle tracce cantate, è piuttosto chiaro che siamo di fronte ad un lungometraggio che riesce perfettamente ad evocare una visione personale dell’autore. Todd Phillips, infatti, dopo aver diretto (e scritto) prevalentemente commedie, ha deciso di sperimentare, realizzando una pellicola sentita, intimista e dalla portata universale, che sicuramente sarà ricordata negli anni a venire, ma che sta già facendo discutere. Il messaggio contenuto nel film (recente vincitore del Leone D’oro a Venezia) può infatti essere facilmente frainteso come spesso accade quando si affrontano temi così delicati e vicini alla nostra sensibilità e, in teoria, dovrebbe parlare il buon senso, lasciando da parte le squallide emulazioni e tributi che portano solo all’estremismo e al sangue.

Joker parla con sincerità al pubblico e racconta, con un linguaggio crudo, diretto e straziante, la vita di un uomo qualunque, vessato dalla società ed emblema della condizione in cui verte il nostro mondo. Non è così distante da noi la ripugnanza  verso i più deboli o nei confronti di coloro che sono semplicemente diversi o la squallida ipocrisia che vediamo ogni giorno, in prima persona o nei telegiornali, nelle televisioni o negli show, dove l’unica figura realmente rivoluzionaria è quella del pagliaccio. Il grottesco individuo, con la sua fragorosa risata, dissacra e smonta, pezzo per pezzo, ogni certezza che abbiamo, e denuncia con forza i falsi sorrisi e la rivoltante pietà che indirizziamo spesso ai meno fortunati. Un lungometraggio potente ed emozionante, tra i migliori film di questo 2019, che non finisce mai di stupire.

Massimiliano è un amante a tutto tondo dell'intrattenimento, dal cinema e serie tv fino a passare ai videogiochi. Sincero appassionato del mondo Marvel, di Star Wars e della cultura pop, nel tempo libero divora libri e graphic novel di qualsiasi tipo, con la predilezione per Moore e Gaiman. Sogna in futuro di diventare uno scrittore talmente tanto influente, da poter governare la mente dei suoi lettori, e ci sta lavorando con molta costanza!