The Almost Gone Recensione: tessere di puzzle non sempre combacianti

The Almost Gone

Potremmo non averne mai abbastanza, di videogiochi che mettono in azione ogni nostra singola sinapsi, tenendoci attaccati alla console per svariati motivi, a partire dal design minimal che spesso caratterizza i titoli più nascosti del sottobosco indie. Attenzione, però, non fatevi trarre in inganno: come direbbero gli anglofoni, less is more, dunque una minore caratterizzazione grafica non equivale banalmente a una maggiore incuria del level design e degli elementi, anzi. L’essenziale è di fronte ai nostri occhi; gli indizi per risolvere i puzzle de The Almost Gone, un po’ meno. Il nuovo titolo di cui vi parlavamo qualche tempo fa, nato dalle fucine degli sviluppatori del team Happy Volcano e pubblicato da PLAYDIGIOUS arriva il 25 giugno su Steam, Nintendo Switch (console dove abbiamo provato il gioco in questione) e mobile. Com’è andata? Diversamente da quanto ci aspettassimo.

The Almost Gone: nel limbo dei ricordi

Abbiamo per le mani uno dei diversi lavori che lo studio indie belga, in collaborazione con l’autore Joost Vandecasteele, ha messo in cantiere nel corso degli anni, per mettere in pratica le proprie expertise e dare vita a un prodotto originale, oppure per metterle al servizio dei clienti che si sono rivolti loro, complice una grafica ridotta all’osso, ma non priva di originalità ed emozionalità. The Almost Gone porta sulle nostre console un’avventura dal sapore mistery e dai tecnicismi propri del genere punta-e-clicca, dove ci caliamo nell’esplorazione di una giovane ragazza dall’età indefinita, la quale riscopre il suo quotidiano da un punto di vista unico. Sembra infatti essere caduta nella trappola di un mondo parallelo, a cominciare proprio dall’ambiente domestico a lei così familiare, ma qualcosa non quadra. Non possiamo fare altro che esplorare i diversi ambienti, ognuno riprodotto e visualizzabile secondo la tecnica del diorama: possiamo infatti ruotare i diversi luoghi per visualizzare al meglio i vari oggetti, tra i quali troviamo subito un messaggio da parte di nostro padre. Dobbiamo uscire da casa nostra, ma non sarà affatto semplice.

La vita è un puzzle da (ri)comporre

Ogni singolo avanzamento nel gameplay è dettato dalla risoluzione di puzzle che ci mettono alla prova sin dal primo dei cinque capitoli in cui è suddiviso il gioco. Una prova tanto difficile come la vita della protagonista, che si rivela piena di ricordi non sempre nostalgici e facili da digerire. Lo capiamo dalle parole pronunciate da lei, mentre rovista nell’armadio e ricorda quando sua mamma le stirava gli abiti, oppure quando suo padre le illustrava i nomi delle costellazioni celesti, riprodotti su una mappa e su un curioso mappamondo, la prima di tante chiavi per sbloccare i passi successivi della storia. Siamo soli, non visualizziamo praticamente mai il nostro personaggio, come nessun altro d’altronde; una scelta stilistica che si riflette anche nell’assenza di fotografie nella camera della ragazza e che riprende la solitudine e l’infelicità del matrimonio di cui è frutto. Questo vuoto affettivo viene però riempito in un certo senso da parecchie linee dialogiche, riportate nei ballons tipici dei fumetti e utili per darci indicazioni su dove indirizzare i nostri passi. Tendenzialmente, trattandosi di un puzzle game, il nodo del gameplay risiede proprio nella risoluzione di schemi e di brevi task di questo tipo, rivelandosi ultimamente ambientali e dunque strettamente legati alla zona in cui ci troviamo.

Immersione nel passato

Pensate dunque che sia un gioco piuttosto limitato? Da un punto di vista della longevità, non possiamo che darvi ragione. Come possiamo ben dedurre dal peso piuttosto limitato di download del software, The Almost Gone è un titolo sicuramente breve e fruibile in poco tempo, motivo per cui possiamo approfittarne per immergerci un po’ di più nella storia privata della protagonista ed esplorare al meglio le ambientazioni (tattica che consigliamo fortemente, essendo necessaria ai fini del gameplay). Il vero punto di forza di questo titolo indie risiede sicuramente nella resa grafica che riproduce gli ambienti in modo così semplice e minimale, ma efficace e che ci distrae ben poco ai fini della perlustrazione. Abbiamo anche apprezzato molto la palette di colori utilizzata per la serie di scenari in cui ci spostiamo, resi in maniera molto simile alle illustrazioni che potremmo ritrovare in un fumetto o una graphic novel. Il comparto grafico prevede anche la presenza di focus su alcuni elementi precisi di ciascun ambiente, come se una lente di ingrandimento fosse puntata sugli indizi principali e ci guidasse per mano nel cammino, il tutto svolto nella più completa armonia visiva e grafica nel complesso.

Smarrimento e frustrazione in The Almost Gone

Il comparto sonoro poteva davvero prevedere uno sforzo in più, in termini quantitativi; abbiamo avuto la fortuna di ascoltare alcuni effetti acustici gradevoli, ma sparuti nel complesso, una limitazione che non abbiamo del tutto gradito. A questo punto, osserviamo più da vicino la giocabilità di The Almost Gone, sicuramente facile ed elementare da un punto di vista dei comandi da apprendere, un po’ meno nella fattibilità dei vari puzzle. Se gli sviluppatori volevano farci sentire ancora più vicini ed empatici con il senso di frustrazione e di non accettazione della protagonista, ci sono sicuramente riusciti. Allo stesso modo, un altro elemento fondamentale è la memoria visiva: dobbiamo raccogliere i diversi indizi grazie a tutto quello che possiamo osservare, soprattutto grazie alla meccanica di “switching” tra una dimensione temporale e l’altra. Se il tempo è davvero una variabile relativa, i designer del team sono riusciti in questa nostalgica resa, mostrando come uno stesso luogo varia a seconda delle epoche. E, a ulteriore dimostrazione di quanto sia malleabile, possiamo portare con noi degli oggetti utili alla risoluzione del puzzle da un momento storico all’altro, una trovata davvero unica e in grado di farci immergere e identificare ancora di più con la narrazione.

Come anticipavamo, la difficoltà effettiva si fa sentire sin da subito, ma questa si incrementa man mano che procediamo nel gioco. Il nostro consiglio è quello di prendere subito la mano con le tecniche sottostanti la risoluzione dei puzzle, così da godere più pienamente del gioco in sé. In generale, tutto concorre non solo a far aumentare in noi un senso di frustrazione, ma anche di confusione e incertezza, aumentata anche da alcune imperfezioni tecniche legate alla risposta del puntatore di gioco, unico strumento utile per cliccare sui vari elementi (in assenza, ahinoi, ancora una volta dell’implementazione della funzionalità touchscreen). Il rischio di perdere interesse e attrazione per il gioco deriva proprio da alcune problematiche di gameplay, sia a causa della dimensione ridotta degli oggetti, sia per la mancanza quasi totale di indizi e suggerimenti veri e propri, dunque la riuscita spesso, lo ammettiamo è accidentale e fortuita. L’effetto di disorientamento è davvero totale e spesso disarmante, e per quanto possa risultare fastidioso, rimaniamo nel beneficio del dubbio che questo risultato sia figlio di scelte stilistiche precise e volute dal team.

Probabilmente, ci siamo fatti trarre in inganno dal fatto che The Almost Gone sia stato scritto in collaborazione con un autore professionista, motivo per cui ci saremmo aspettati una narrazione e linee dialogiche più strutturate, complesse, affascinanti. Nulla a questo livello: si percepisce chiaramente il sentimento della protagonista ogni volta che scoperchia un aspetto della sua vita privata, ma ci saremmo aspettati qualcosa di più corposo e coinvolgente. D’altro canto, il gioco si presenta rilassante, se avete tempo e pazienza di cimentarvi nelle diverse combinazioni di puzzle offerte dalla IA. Ottimo per gli amanti della grafica minimal e coloratissima, un po’ meno per chi sia alla ricerca di una maggiore complessità di comandi e sfruttamento delle potenzialità della console.

Si svezza con Medievil e Tomb Raider, cresce con Final Fantasy, matura con la scrittura di qualsiasi genere di videogiochi. Giocatrice da più di 20 anni, Francesca coniuga passione e studio in una tesi magistrale a tema videoludico e la nutre quotidianamente tra console e articoli su videogiochi, cinema e serie TV. Toglietele tutto, ma non la scrittura.