Elegia americana: viaggio negli Stati Uniti rurali tra fallimenti e trionfi

Elegia americana recensione

Da sempre l’industria dello spettacolo statunitense ci ha abituato ad opere che riflettono sui principi fondatori dell’America. Scavando e indagando nel proprio passato, queste portano alla luce le storie di coloro che hanno costruito ciò che oggi ammiriamo, nei suoi difetti e nel suo splendore. È il racconto dell’American Dream, dove ognuno ha il potenziale di costruire la miglior versione di sé e del proprio destino. Tutto ciò si può ritrovare anche all’interno del nuovo film del premio Oscar Ron Howard (Apollo 13, A Beautiful Mind), intitolato Elegia americana e disponibile sulla piattaforma Netflix dal 24 novembre. Questo è basato sul romanzo Hillbilly Elegy (dove Hillbilly è il termine dispregiativo per indicare coloro che abitano nelle zone rurali) scritto da J. D. Vance nel 2016, all’interno del quale ha raccolto la propria biografia, dalle travagliate origini ai grandi successi.

Protagonista del film è dunque proprio J. D. Vance (Gabriel Basso), studente di legge a Yale il quale nel momento in cui sta per ottenere il lavoro che ha sempre sognato si trova a dover fronteggiare una crisi familiare. A causa di ciò è costretto a tornare nella casa dove è cresciuto e che ha cercato di dimenticare. Qui J.D. deve confrontarsi con le complesse dinamiche culturali della sua famiglia, e in particolare con il turbolento rapporto che ha con sua madre Bev (Amy Adams), afflitta da problemi di dipendenza dalla droga. Ispirato dai ricordi della nonna Mamaw (Glenn Close), la solida e arguta figura femminile che l’ha allevato, J.D. imparerà ad accettare l’indelebile influenza della famiglia sul suo percorso personale, andando incontro al proprio futuro.

Elegia americana film

Costruire il sogno americano

Se il recente Le strade del male, a sua volta ambientato nell’America rurale, portava lo spettatore a confrontarsi con le radici della violenza negli Stati Uniti, Elegia americana aspira a trasmettere valori nettamente più positivi. Al centro della sua storia vi è infatti il Sogno americano, ovvero quella speranza secondo cui attraverso il duro lavoro, il coraggio, e la determinazione sia possibile raggiungere un miglior tenore di vita e la prosperità economica. È il percorso che intende intraprendere anche il protagonista J. D., allontanandosi da quel contesto contadino e limitato in cui è cresciuto per entrare invece nell’alta società. Un punto di vista, questo, che non ha mancato di sollevare accese critiche e riflessioni nella stampa statunitense.

Delle tante di queste rivolte al film, la più condivisibile è probabilmente quella che vede in esso una mancanza di concreta aderenza alla realtà, come anche la semplificazione di processi tutt’altro che naturali. Nell’America di Trump tale passaggio di “classe” è stato descritto come improbabile, e se anche il film di Howard volesse proporre una speranza, nel farlo manca di quella forza e di quell’empatia invece tanto fondamentali. L’ascesa del protagonista appare solo vagamente tratteggiata, nonché basata su lezioni di vita piuttosto semplicistiche e che scadono facilmente nel cliché. Come queste, anche l’intero film sembra avere la sua più grande mancanza in una personalità non ben definita ed espressa.

Se infatti il problema di chi vive ai margini viene anche fin troppo bene espresso, altrettanto non si può dire delle cause socio-politiche di tale problematica. Nel momento in cui il privato della famiglia Vance dovrebbe stringersi con il contesto storico degli Stati Uniti, ciò invece non avviene, lasciando in sospeso tanto le problematiche trattate quanto delle loro eventuali soluzioni. È certamente un racconto appassionato quello che Howard porta in scena, ma non si può dire che sia anche appassionante. Fortunatamente, se da un punto di vista contenutistico Elegia americana presenta dunque una serie di problematiche, a reggerne le sorti sulle proprie spalle ci pensano le due attrici protagoniste.

Elegia americana netflix

Il peso degli attori

Elegia americana può essere indicato come un perfetto esempio di film aiutato, ma non salvato, dai suoi interpreti. In particolare, le pluricandidate all’Oscar Amy Adams e Glenn Close, qui imbruttite dal trucco, danno vita a personaggi particolarmente umani e sopra le righe, riuscendo a coinvolgere e commuovere anche solo con minime espressioni del volto. Le due fragili e forti donne da loro interpretate non avrebbero potuto sperare in interpreti migliori, capaci di esaltarne tutta la drammaticità ma anche la verità storica. Non fosse stato per loro, la pellicola sarebbe probabilmente risultata ancor più anonima di quanto già, purtroppo, è.

Nonostante di pregi ve ne siano, questi non trovano organicità, e il racconto complessivo risulta con l’essere fin troppo statico e disomogeneo. Elegia americana non è, come da alcuni critici statunitensi è stato definito, il “peggior film dell’anno”. Non lo è anche solo per la fortuna di possedere delle grandi interpretazioni e un regista che riesce ad esaltarle al meglio. Le sue lacune sono però evidenti, sintomo probabilmente di una generale difficoltà nel dipingere un paese oggi particolarmente diviso e frammentato. Se raccontare questo può essere impresa ardua, riesce certamente meglio quanto realizzato intorno alla famiglia protagonista, che in fin dei conti deve essere individuato come il vero nucleo di interesse, a partire dalla quale è possibile concedere una seconda possibilità al film.

Gianmaria è sempre stato un grande appassionato di cinema e scrittura, tanto da volerne fare la sua professione. Studiando queste materie all'Università decide di fondere le sue passioni nella critica cinematografica e nella scrittura di sceneggiature. Tra i suoi autori preferiti vi sono Spike Jonze, Noah Baumbach e Richard Linklater.