Cobra Kai Stagione 3 Recensione: Tarallucci e sakè

cobra kai 3

Cobra Kai è partito quasi in sordina, visto dai più come un tentativo estremo di mungere una mucca destinata al macello già da molto tempo.

È vero, il film su cui si basa, Karate Kid, è un piccolo grande cult degli anni ’80 (che pochi ricordano essere stato diretto dal regista del primo Rocky) molto significativo, ma i successivi episodi e il bizzarro reboot con Jayden Smith… non si può proprio dire che abbiano retto la prova del tempo o siano rimasti nei cuori dei fan del genere.

Esiste la paura in questo dojo?

Lo stesso Cobra Kai è partito quasi come un meme, dalla geniale intuizione che forse, in realtà, Daniel è l’eroe della sua storia, ma non necessariamente l’eroe in toto dell’arco narrativo di Karate Kid, come sottolineato in diversi video su YouTube e poi esplicitato più volte in alcuni siparietti in How I Met Your Mother.
La bizzarra reunion metacinematografica tra Ralph Macchio e William Zabka avvenuta nel popolare serial ha, in un certo qual modo, innescato la scintilla per Cobra Kai, sulla carta tardivo sequel buttato lì per entrare in scia sul concept (oramai, diciamocelo, abusato) del revival anni ’80.

La prima stagione era stata pensata anche per trainare YouTube Red, prima versione del servizio Premium del colosso dei video, ma ha pagato lo scotto di trovarsi su una piattaforma che tutti amano per i contenuti gratuiti, ma in pochi sono disposti a pagare. Quando Netflix è intervenuta e ha rilevato i diritti della serie per inserirla nel proprio catalogo e intervenire nella produzione, ecco che la Cobra Kai guadagna una nuova giovinezza: le effettive qualità della serie vengono a galla e, con un pubblico decisamente più vasto a vederla, diventa molto popolare.

Non esistono cattivi allievi, ma solo cattivi maestri.

Il motivo è presto detto: è uno dei telefilm più belli e intelligenti degli ultimi anni. Non è uno spettacolo sciocco, ma allo stesso tempo non è cervellotico: si rifà sagacemente all’originale, ma senza replicarlo, anzi, ribaltandone spesso i punti di vista in modo intelligente. È molto accattivante e divertente, ma al contempo ha il coraggio di essere unpolitically correct senza essere squallido o gratuito. E, grande punto a suo favore, va dritto al punto: appena dieci puntate a stagione, brevi, senza punti morti o filler tanto per allungare il brodo. Una qualità rara, la cui presenza innalza subito la media del prodotto.

cobra kai 3 - johnny e miguelCobra Kai Never Dies

Dopo due stagioni iniziali al fulmicotone, Cobra Kai ci aveva lasciati con uno dei più potenti e inaspettati cliffhanger della storia della tv: la curiosità di dove ci si sarebbe spinti dopo un giro di vite così drammatico era molta, e finalmente siamo stati esauditi. Ne è valsa la pena?

Sì. Ma, al contempo, non possiamo certo dirci completamente soddisfatti.
Se le prime due stagioni erano “rivoluzionarie” in senso moderno, la terza compie semplicemente una “rivoluzione” attorno ai cardini della trama, per riportarci a binari consueti e quasi rassicuranti, dopo il dramma vissuto nella ventesima puntata. Spiegandolo in maniera un po’ fumettistica, “tutto cambia, per rimanere lo stesso”. Pur restando uno spettacolo molto piacevole da guardare e con dei momenti molto azzeccati, e quindi non perdendo in freschezza, si adagia purtroppo sulle soluzioni più semplici a disposizione, con una risoluzione delle trame molto all’acqua di rose, zeppa di deus ex machina che, per quanto ben integrati e generalmente perdonabili, denotano una certa mancanza di coraggio e di vere idee forti, sacrificando i risvolti più drammatici sulla via della narrazione più classica e bonaria. E, in sostanza, svilendo anche personaggi che potevano avere molto più da dire, in particolare Robby e Miguel, ma anche Ali, e gestendo maluccio la psiche di Tori ed Eli. Interessante invece la gestione di Sam, forse unico, vero guizzo della stagione, insieme al flashback sul passato di Kreese. Che però, tutto sommato, è un’occasione sprecata anche quella, ma non faremo spoiler in questa sede.

Nella stagione 3 Cobra Kai ricorda più un serial alla Riverdale che il gigantesco lavoro di rielaborazione metanarrativa che era nelle prime due. Stagione di passaggio (nel vero senso della parola, dato che la terza è esclusiva Netflix)? Probabile. Ma rimane comunque un buon prodotto. Ora non resta che attendere la quarta, sperando di ritrovarvi la verve creativa che aveva dato tanto nelle prime due stagioni. Ci sono diverse possibilità interessanti che potrebbero essere prese in considerazione: speriamo di rimanere stupiti ancora una volta. Nel frattempo, ci alleneremo ancora una volta nel Colpo della gru.

Voto: 6.8

Toumarello è il nickname che si porta appresso ormai da anni, ma non chiedetegli di spiegarvelo: è un tipo logorroico e blablabla. Per vivere (in ogni senso) scrive e descrive, in particolare di roba multimediale, crossmediale, transmediale... insomma, gli interessa il contenuto ma spesso resta affascinato dall'utilizzo del contenitore. Ama Tetris e le narrazioni interattive.