Aya and the Witch: ecco l’intervista a Goro Miyazaki

Aya and the Witch

L’uscita di Aya and the Witch sul mercato occidentale è ormai prossima: l’ultimo film di Studio Ghibli conoscerà la luce della ribalta negli Stati Uniti a partire da oggi, con una release cinematografica limitata, e entrerà poi a far parte del catalogo di HBO Max a partire dal 5 febbraio. Il film, che in Giappone è uscito il 30 dicembre, ha ricevuto un’accoglienza tiepida, soprattutto perché si discosta prepotentemente da quelli che erano gli standard dello studio d’animazione nipponico più famoso e apprezzato di sempre.

Aya and the Witch è infatti il primo film di Studio Ghibli animato in CGI, e oltre a segnare il ritorno dopo una lunga pausa durata sei anni (l’ultimo film prodotto dallo studio che fu del maestro Hayao Miyazaki, Quando c’era Marnie, risaliva al 2014) si propone l’ambizioso obiettivo di essere un nuovo inizio Studio Ghibli.

Al timone di questo ambizioso progetto c’è Hayao Miyazaki, che dopo aver spiegato per filo e per segno a Comic Natalie, i perché dietro alla scelta dell’animazione in CGI,  e aver dato qualche indizio sui suoi progetti futuri, è tornato a parlare della sua ultima pellicola in una interessante intervista con The Verge. Eccone i passaggi più interessanti e ricchi di significato:

Che cosa ti ha spinto in particolare ad adattare la storia di Aya and the Witch?

Una delle cose che ho più amato di questa storia è stato il fatto che la protagonista non è la tipica ragazzina che si comporta bene. Quando è necessario può dimostrarsi manipolativa nei confronti delle persone che ha intorno, e se qualcuno la tratta male pensa a come può vendicarsi. Non è la tipica eroina da animazione giapponese, dove in genere [le ragazze] sono sempre oneste, pure e bellissime. Aya è molto diversa. Quando affronta una situazione difficile, non è il tipo di persona che va semplicemente avanti aspettando che qualcuno arrivi a salvarla. Lei è quel tipo di persona che agisce e prova a cambiare la situazione da sola. Questo è stato ciò che ho trovato più interessante.

Da dove nasce questo stile visivo?

In termini di stile visivo, questo è il primo film in 3D CG di Studio Ghibli… lo studio ha sempre fatto animazione disegnata a mano, quindi sapevamo di non essere in grado di ricreare quello stile con la CG, quindi è stata una questione di decidere in quale direzione volessimo andare. Se volessimo avere uno stile molto fotorealistico, o provare un cammino diverso. In quel momento ho cominciato a ispirarmi alla stop-motion, utilizzando moltissimi pupazzi. Ho pensato che fosse particolarmente calzante per quello che stavamo cercando di fare con questo progetto. Mi sono molto ispirato a questo nel creare le immagini.

Ho letto che dal momento che pochi in Ghibli capivano l’animazione in 3D, ti è stata data carta bianca su questo progetto. È vero?

È vero.

Cosa offre la CG in confronto all’animazione tradizionale quando si tratta delle potenzialità e del modo in cui esprimersi?

Una delle cose che ho scoperto è stato che con l’animazione tradizionale devi fare affidamento sulla mano di un animatore davvero talentuoso per tirare fuori una grande performance da un personaggio con le emozioni e l’espressione facciale, e cose così. C’è un numero limitato di animatori talentuosi che possono fare queste cose. Questa è una delle grandi sfide con l’animazione tradizionale. Ma con la computer grafica in 3D puoi mettere diverse persone a lavorare sulle diverse espressioni di un personaggio, il che ha funzionato bene per noi.

[…]

Dal momento che questo è il primo film in CG di Studio Ghibli, e anche il primo film dello studio negli ultimi anni, hai avvertito una pressione aggiuntiva rispetto ai tuoi precedenti progetti?

No davvero, non così tanta pressione. Perché nel momento in cui ho iniziato a lavorare su questo film, Aya and the Witch, Hayao Miyazaki aveva già iniziato a lavorare sul suo nuovo film. Quindi ho potuto nascondermi dietro a quello e non sentire molta pressione da fuori. È stato come nascondermi nel garage senza che la gente facesse caso a ciò che stavo facendo.

Al di là dell’animazione tradizionale, quali pensi che siano gli elementi che rendono un film, un film Ghibli?

Questa domanda è un rompicapo. Cosa rende un film un film Ghibli? La gente che ha visto Aya and the Witch mi ha detto ‘È molto più Ghibli di quanto mi aspettassi’. E io mi chiedo perché lo dicano. Spero che qualcuno mi possa dare una risposta.

Quindi è una sensazione? Lo capisci quando lo vedi?

Probabilmente è così. Qualcuno mi ha detto che forse è solo qualcosa nel sangue.

Ora che hai diretto tre film, come pensi di essere cresciuto o cambiato come regista?

Con ogni progetto, mi sento come se stessi facendo quella cosa per la prima volta, ed è difficile dire se stia crescendo oppure no. Dopo aver lavorato su questo film, sento di essermi appassionato a cose più leggere, umoristiche, e non troppo serie. E per quanto riguarda lo humor, mi piace molto il tipo che si trova nella storia di Diana Wynne Jones [autrice di Aya and the Witch].