È l’ora delle streghe in una Londra più eccentrica del solito. Nell’orfanotrofio è sveglia solo una bambina di nome Sophie (Ruby Barhill) che, inseguendo un gatto, commette l’errore di vedere un gigante oltre la balaustra. Il gigante la vede e la rapisce. Ma scopriremo presto che si tratta di un gigante buono, neanche troppo alto, che per lavoro fa il collezionista di sogni. Il GGG – Il Grande Gigante Gentile non ha il bernoccolo dei bambini, non è analfabeta né privo del concetto di igiene. Non ha un nome come Inghiotticicciaviva, San Guinario o Spella-fanciulle. Lui è uno di quelli gentili. Ha una parlata buffa ma elegante, le orecchie mobili, il naso adunco e il confortevole volto del premio Oscar Mark Rylance, che gli ha dato vita grazie al motion capture. Sophie, dicevamo, finisce nella Terra dei Giganti, dove scopre che non è facile essere gentili. Il suo amico è infatti vittima di bullismo da parte dei GGpnG, i Grandi Giganti per niente Gentili. I quali, essendo per niente gentili, sono anche molto più grandi. Costoro, oltre ad avere dei nomi ributtanti, sono stati coinvolti in un recente caso di rapimento di bambini. Sophie deciderà allora di aiutarlo, elaborando un complicato piano che coinvolge n. 1 cocktail di sogni, n. 1 regina d’Inghilterra, n. 5 elicotteri dell’esercito di sua maestà e un imprecisato numero di funi e scoregge. Il lieto fine è assicurato, of course. Parliamo sempre di un film per bambini. La storia è tratta da un libro di Roald Dahl, prolifico per il cinema quasi quanto per l’editoria. E a dirigere c’è il regista-culto Steven Spielberg, nei cui film troviamo la certosina attenzione per i temi dell’infanzia, dell’amicizia e della crescita in una cornice estetica da manuale. Cosa potrebbe mai andare storto? Ecco, Il GGG è un ottimo esempio di come gigantesche aspettative possano crollare in un tonfo colossale. Ma senza fracassi: c’è l’anonima colonna sonora di John Williams ad attutire il colpo.
Il problema del Grande Gigante Gentile è che non c’è alcun problema, nessun ostacolo sul cammino dei nostri eroici emarginati. Non c’è attrito. Questo è quanto succede dopo che Sophie arriva nella Terra dei Giganti: la bambina e Il GGG chiacchierano, episodio di bullismo, chiacchierata, i due vanno a caccia di farfalle nel Mondo dei Sogni, un bambino sogna di parlare al telefono con Reagan, ennesimo episodio di bullismo. La pellicola viene distesa su un piano inclinato, e così si rotola sonnecchiando verso la conclusione. Spielberg è molto attento a non inserire nel suo film alcun elemento che possa in qualche modo scuotere la sensibilità dei più piccini. Al punto che, quando alla fine del film i GGpnG vengono scaricati in un isolotto dimenticato da Dio dopo essersi per giunta pentiti, ci chiediamo cosa possano aver fatto di così grave da meritarsi una tale punizione. Ripeto: quei poveri giganti, che pure assecondavano la loro indole da predatori nati, si pentono. E per tutta risposta il loro cugino “gentile”, con la complicità della graziosa inglesina e della regina, li condanna all’esilio e a nutrirsi di bacche (o cominceranno a mangiarsi fra di loro? quello sarebbe un film interessante!) per il resto delle loro vite da semidei. E senza processo né uno straccio di prova. Le loro malefatte vengono soltanto vagamente accennate, mai mostrate. A Spielberg basta farci notare per un attimo fugace un titolo di giornale tipo “Mistero bambini scomparsi”, e via di spedizione punitiva. Insomma, un grazioso duetto natalizio in cui i protagonisti si rivolgono alla monarchia per buttare fuori dal proprio paese degli zotici illetterati, probabilmente immigrati, mettendoci anche uno spruzzo di guerra chimica (questa la spiego nei commenti).
[quotedx] Gigantesche aspettative crollano in un tonfo colossale[/quotedx]
Attenzione, non sarò certo io ad alzarmi dalla sedia urlando a gran voce “vogliamo film etici per i nostri bambini”. No, a me piacciono i giganti cannibali, le bimbe malefiche e anche le puzze (i monarchi no, mai). Se ciò mi viene presentato come una gioiosa favola sull’amicizia e tutta la vicenda appare in generale piuttosto inconcludente, allora il quadro stride un tantino. Ma è un film per fanciulli, direte voi. Loro non stanno attenti alle sottigliezze di trama. Forse no, ma come minimo devi tenerli svegli per tutta la durata del film. E in un’ora e 57 minuti di pellicola ci vuole qualche sprazzo, qualche trovata. Tutti i classici Disney, ad esempio, hanno dei grandi villain carismatici. Se il libro di Dahl ne è privo, bisognava inventarsi qualcosa. E con 140 milioni di dollari di budget qualcosa si capitava. Il GGG è visivamente stimolante, a tratti incantevole. Adorabili le sequenze iniziali, in cui il gigante riesce a mimetizzarsi in pieno centro con trovate davvero interessanti. È nobile l’intento d’insegnare ai bambini a sognare, ma sarà il sonno, e non il sogno, a insinuarsi prepotentemente fra le vostre palpebre nella parte centrale del film. Verrete riscossi con il goffo ingresso a Buckingham Palace in tempo per un finale intorpidito. Se proprio volete, fra una pennichella e l’altra, inventate ai vostri figli che Il GGG non può instillare sogni nelle menti altrui finché non avrà risolto il suo complesso edipico o non imparerà a sognare, o che i GGpnG hanno fatto sparire tutte le copie esistenti di Matilda 6 mitica. Oppure, il 30 dicembre, fate altro. Recuperatevi James e la pesca gigante. Ecco, quello è un buon adattamento di Roald Dahl.