Che tra politica, media mainstream e videogiochi non corra buon sangue è cosa nota: negli anni ne abbiamo viste più o meno di tutti i colori, dal massacro della Columbine agli scandali della SexBox con Mass Effect, passando per Hot Coffee e – giusto per rimanere più sull’attualità – le polemiche per il nuovo Medal of Honor e la messa al bando di…
È però curioso il fatto, come si legge su GameIndustry.biz, che queste eminenti figure pubbliche siano così restie a rivelare i propri gusti e le proprie abitudini in ambito videoludico. Il co-fondatore del National Videogame Archive inglese, Iain Simons, racconta di aver provato nel 2006 a scrivere un articolo proprio su quest’argomento, scrivendo numerose mail ai vari politici e personalità di spicco di Westminster e dintorni. Risultato? Nessuna risposta. Zero. Nada. Cicca.
Di fronte all’evidenza, Simons ha mandato una *seconda* mail alle stesse persone, spiegando che le risposte sarebbero rimaste anonime e che nessun nome sarebbe stato fatto nell’articolo. Indovinate un po’: a quel punto sono arrivate un bel po’ di reply. Come se ammettere pubblicamente di giocare, dice Simons, o l'”essere identificato come gamer sia incompatibile con la propria carica pubblica o il proprio ruolo di giornalista o quant’altro.” Il che, francamente, è ridicolo, ma dà la misura di come venga considerato dalle “alte sfere” il mondo dei videogiochi.
Giusto per farsi (ulteriori) due risate, verrebbe da chiedersi non tanto se anche i nostri politici giocano, ma a che cosa… ^____^