Tales from the Loop Recensione

Tales from the Loop

Tales from the Loop è la nuova serie tv di Amazon Prime Video, in onda dal 3 aprile. Suddivisa in 8 episodi da un’ora ciascuno, il prodotto del colosso dello streaming mondiale, ispirato al libro illustrato di Simon Stalenhag, è dedicato prettamente ai puristi della fantascienza. Non quella fatta di spade laser e corse in navicelle interspaziali, ma una più filosofica e intimista. La realizzazione, infatti, non è facile da digerire ed è qualcosa di innovativo per la televisione di oggi e per tutto quello che abbiamo visto fino ad ora, originale e unica nel suo genere, ma questo non vuol dire che non è esente da difetti.

Di cosa parla

Seguendo lo schema antologico lanciato da Black Mirror, la serie di Amazon segue le vicende di un gruppo di persone che vivono sotto l’ombra incessante del Loop. Quest’ultimo è un oscuro e misterioso macchinario che è stato costruito per cercare di svelare i misteri del mondo conosciuto, permettendo agli umani di realizzare tutti i loro sogni più reconditi e rendere possibile anche l’impossibile. Viaggi nel tempo, paradossi, telecinesi e altri eventi inspiegabili accomunano i personaggi della storia che abitano tutti in una città che è lontana dal globo, in un luogo mistico ed etereo. Il Loop è custodito nel ventre del paesino e la sua influenza va ben oltre le restrizioni di un laboratorio. Lo strumento ha effetto sulla vita della gente comune, conducendo le figure coinvolte in un viaggio al di fuori di sé, testimoni involontari di fenomeni che vanno ben oltre il semplice scibile umano. 8 storie, 8 assurde avventure, unite solo da un filo conduttore: valicare i muri dell’ignoto.

Tales from the Loop

Atmosfere da film scandinavo per una serie dai temi d’interesse comune

Il primo episodio ti riscalda come un solo un caldo abbraccio riesce a fare, il secondo approfondisce il vero significato dell’essere adolescente, il terzo conduce per mano lo spettatore tra i labirinti del cuore, il quarto è un vero e proprio pugno nello stomaco, il quinto è la sintesi di un drama familiare moderno, il sesto è un viaggio estenuante nella mente umana, il settimo fa scendere un brivido lungo la schiena, l’ottavo e quel suo paradosso temporale è forse il capitolo che ha funzionato di meno. E ogni sensazione viene condensata in un mix pronto ad esplodere. Tales from Loop non si ferma di certo qui. Non è solo una realizzazione fantascientifica che segna il punto d’arrivo di una lunga sperimentazione; è un prodotto che va ben oltre il mero intrattenimento.La serie esplora in lungo e il largo tutti i miti e le leggende della nostra contemporaneità, raccontando con decisione e con un pizzico di moralismo il lato oscuro dell’animo umano. Tutte le paure più grandi sono raccontate qui con estrema dovizia, senza mai andare troppo nel dettaglio, lasciando al pubblico il libero arbitrio di cogliere il messaggio intrinseco. E complice un’atmosfera da film scandinavo, fredda e rarefatta, la narrazione di Tales from the Loop diventa quasi sussurrata, come se camminasse su una lastra di vetro soffiato.

Tales From the Loop

Nonostante le ottime premesse …

Le intenzioni sono perfette, sfiorano quasi il sublime. Ma il lavoro che è stato fatto sull’estetica, sulle interpretazioni e sulla regia, impedisce alla serie di spiccare il volo e veleggiare alto. Tutta colpa di quel ritmo lento, asfissiante e angosciante e colpa di quelle storie così complesse che quasi stordiscono il pubblico per la loro potenza e complessità. Sta di fatto che Tales from the Loop non è di certo un passo falso per gli studi Amazon, anzi resta comunque una realizzazione da tenere d’occhio e che, con il tempo, potrà imparare dai suoi stessi errori e regalare agli spettatori un prodotto completo sotto ogni punto di vista. Soprattutto perchè i temi, le storie e le ambientazioni mozzano quasi il fiato, sono di rara bellezza.

Seguire le orme di Black Mirror non è facile. Sbagliando però si può imparare.  Senza un vero impianto narrativo e senza un filo conduttore coeso, Tales From the Loop perde  la sua bussola (almeno all’inizio), ma resta comunque una gioia per occhi, per il cuore e  un dedalo di emozioni per i puristi della fantascienza. La cosa che colpisce di più? La maniacale cura nei dettagli. 

 

 

Carlo è un trent’enne con un cuore che batte per il cinema, le serie TV, i romanzi fantasy e la musica anni ’90. È un Maveliano D.O.C. ed è #TeamCap per scelta. Si è laureato in Giurisprudenza ma non è un avvocato, sogna di vivere a Londra e di intervistare David Tennant.