Di poche cose (oltre allo scudetto del Napoli) ero convinto quest’anno, e sicuramente Wo Long Fallen Dynasty era una di quelle. Da appassionato e quasi “malato” del genere souls-like, del lavoro di Miyazaki e anche – nel caso specifico – di quello di Team Ninja e dei suoi NioH e NioH 2, non potevo che aspettare a braccia aperte l’arrivo dell’erede spirituale di questi ultimi. Wo Long Fallen Dynasty aveva su di sé un peso enorme: rispondere a tono alla nuova IP di FromSoftware, il mastodontico Elden Ring, senza però smarrire la propria identità e al contempo provare a fare qualcosa di nuovo per svecchiare una formula per certi versi un tantino superata e ripetitiva. Difficilissimo a dirsi, sulla carta impossibile a farsi, per parafrasare un famosissimo detto, ma per quanto alcune incertezze o piccoli svarioni hanno reso impossibile il paragone con il capolavoro di FromSoftware, è giusto dire subito che Team Ninja ha centrato quasi totalmente l’obiettivo. Wo Long Fallen Dynasty è un po’ la summa cum laude del prodotto dell’azienda nipponica, la fusione dei due precedenti lavori portati a un livello superiore, in cui però si sente tantissimo l’influenza esterna di produzioni come Bloodborne e soprattutto Sekiro, di cui il titolo eredita parecchie di quelle meccaniche ludiche che ne hanno sancito il successo. Sì, lo dico con un grande sorriso sulle labbra: Wo Long ce l’ha fatta. Il nuovo corso di Team Ninja sembra promettere molto bene, e mi sento molto fiducioso per il futuro dell’azienda e per i suoi prossimi lavori e, se anche lo status di capolavoro è lontano, poco importa.
Wo Long Fallen Dynasty: morte e distruzione nel periodo dei Tre Regni
Ormai lo sappiamo: Team Ninja adora rivisitare la storia e rielaborarla in salsa videoludica, con un tocco di crudeltà ludica e tante influenze di natura esoterica e mistica a condire il tutto. L’abbiamo visto, del resto, con il primo e con il secondo NioH, un tripudio di folklore giapponese al servizio di un impianto narrativo e ludico soverchiante, con una quantità di nemici da affrontare e alleati da portare con sé presi a piene mani dalla storia del Paese nipponico. E, per questo motivo, da discreto appassionato della cultura cinese, mi sono approcciato a Wo Long subito con grandissima curiosità. Sia chiaro: per quanto l’impronta tematica sia comunque molto forte, i titoli di Team Ninja non hanno mai brillato per la qualità della storia in sé dei loro prodotti e la formula, qui, non è tanto diversa. Ambientato nel periodo dei Tre Regni, un importantissimo pezzo di storia della cultura cinese che va dalla fondazione del Regno Wei fino alla sua caduta, avvenuta per mano del clan Sima nel 265 d.C., Wo Long Fallen Dynasty racconta proprio la consacrazione e il declino di una delle dinastie più famose della storia, vissute dal punto di vista di uno dei soldati della milizia, dal passato misterioso e sconosciuto ma dal potere apparentemente smisurato.
Come da tradizione, Team Ninja ha deciso di optare per la solita formula “passiva” del personaggio, che sembra sin dalle prime battute destinato a lasciare spazio ai numerosi personaggi storici che si susseguono sullo schermo, lasciando parlare per sé soltanto le armi. Dopo aver creato il proprio alter ego attraverso un editor di creazione soddisfacente, che permette ancora una volta anche di scegliere tra un soldato o una guerriera, mi sono ritrovato subito catapultato nell’azione, nel cuore dell’insurrezione dei Turbanti Gialli. Tra forti influenze storiche e tanta fantasia, con la caccia all’Elisir dell’immortalità sullo sfondo, che ha generato molte delle creature con cui sono stato costretto a misurarmi, Wo Long Fallen Dynasty mette sicuramente la narrazione e le influenze storiche al servizio di un titolo certamente improntato sul gameplay e sul combattimento. Senza infamia e senza lode, il comparto narrativo del gioco ha comunque il merito di accompagnare il giocatore, con intermezzi molto brevi e poco frequenti, attraverso quello che è ancora una volta un mondo ricco di fascino, ma che comunque è, e rimane, un po’ l’antipasto che prepara il giocatore alla portata principale.
Wo Long Fallen Dynasty: le arti marziali al servizio di Team Ninja
Tornando a parlare di portata principale, è chiaro che per un titolo del genere questa sia il gameplay e soprattutto il combat system. L’ho detto subito, sin dalla prima prova: Wo Long Fallen Dynasty, da questo punto di vista, ha un potenziale davvero smisurato. La frenesia di fondo che accompagna ogni scontro si completa alla perfezione con la vena tattica che pervade ogni battaglia, rappresentata da un sistema di parate perfette in stile Sekiro, una vera e propria danza mortale. Ogni volta, non lo dico per esagerare, Wo Long mi ha fatto tornare la voglia di giocare seriamente, di mettermi in gioco, di provare a superare i miei limiti, e non mi accadeva da esattamente un anno, cioè da quando mi sono ritrovato nella medesima posizione di chiudermi in me stesso e confrontarmi con la crudele beltà di Elden Ring. Ho trovato ogni scontro a dir poco inebriante, soprattutto quelli con gli avversari più forti, i boss o i mid boss, perché ho avuto sempre la sensazione (tranne in qualche caso specifico) che tutto dipendesse da me e non dal potere del nemico. Un boss in particolare mi ha reso tutto più chiaro, e ammetto che fino a quel momento avevo qualche dubbio sulla bontà della curva di difficoltà. Venendo al dunque, Wo Long ha un sistema di comandi molto tradizionale, che mixa i precedenti lavori di Team Ninja con alcune dinamiche famose viste nei titoli di From. Il comando più importante, lo dico subito, è sicuramente il tasto O (o B), quello della schivata, che serve anche a deflettere i colpi del nemico. Non voglio girarci intorno: così come avvenne con Sekiro, la deflessione perfetta dei colpi è la chiave di praticamente ogni scontro, specialmente contro i boss. Ogni nemico ha infatti una barra della “postura” da svuotare per esporlo ad attacchi speciali, che si eseguono con la pressione del tasto triangolo (o Y). Una volta padroneggiata questa dinamica, il gioco, per il resto, vi ricorderà parecchio lo stile di NioH e NioH 2. Attacchi veloci e pesanti possono essere alternati senza soluzione di continuità, ma stavolta non è possibile scegliere la postura con cui impugnare un’arma. Questo sistema lascia il posto alla novità delle Arti marziali, ossia degli attacchi speciali eseguibili con R1 e triangolo o quadrato, che variano in base all’arma impugnata e che hanno un grande impatto sulla barra della postura degli avversari. Questa modifica contribuisce a rendere gli scontri sempre più frenetici e al contempo tattici, senza dimenticare l’importanza che ha lo Spirito nell’economia delle battaglie. Attaccando, infatti, il personaggio può accumulare lo Spirito, necessario sia proprio per sfoderare gli attacchi delle arti marziali sia per utilizzare gli Incantesimi, che in Wo Long prendono un po’ il posto della magia Omnyo e dei Jutsu di Nioh.
Gli Incantesimi sono legati a ognuna delle cinque fasi presenti nel gioco, le statistiche da aumentare per intenderci. Rispetto a NioH i parametri sono di meno, ma devo ammettere che ho avuto un bel po’ di grattacapi nello scegliere quali aumentare, poiché ognuna delle cinque virtù (Acqua, Metallo, Terra, Legno, Fuoco) va ad influenzare diversi parametri del personaggio. A tal proposito, però, ho notato un leggero sbilanciamento nelle virtù. Alcune di esse sembrano pensate per dare maggiori comfort al giocatore, e il rischio di vedere praticamente sparire le tante build differenti come avveniva con NioH, per intenderci, è dietro l’angolo. Il lato più interessante delle fasi è che queste influenzano direttamente gli Incantesimi utilizzabili. Ognuna di esse, infatti, permette di sbloccare e utilizzare un determinato Incantesimo, e dunque investire punti in una o in un’altra delle virtù vi permetterà anche di scegliere a quali incantesimi affidarvi, tenendo conto anche che ognuna delle fasi permette di sbloccare sia resistenza sia maggiore forza con un determinato elemento. Anche in Wo Long Fallen Dynasty, comunque, è possibile fare affidamento a oggetti di boost, curativi e gadget vari da portare in battaglia.
Oltre alla classica fiasca curativa, sono disponibili diversi oggetti che permettono di ripristinare la salute, di aumentare il grado Morale o di tornare all’ultima Bandiera issata, in una formula molto tradizionale ma comunque in grado di svecchiare il vecchio sistema dei “falò” (di cui parleremo tra poco). In Wo Long Fallen Dynasty tornano anche gli Spiriti evocabili in battaglia, seppur sotto sembianze diverse. Nella nuova IP di stampo souls-like di Team Ninja questi prendono il nome di Bestie Divine, e il loro utilizzo in battaglia è decisamente più variegato e sfaccettato. Le maestose creature ispirate alla cultura e alla mitologia cinese (il drago Qinlong, la splendida tigre Baihu e via dicendo) hanno un duplice impiego in battaglia, e soprattutto possiedono caratteristiche uniche pensate per ogni tipologia di scontro. Anche in questo caso, però, ho avuto la sensazione che alcune di esse siano più efficaci di altre, e il rischio di utilizzare sempre le stesse fino a fine partita è veramente molto alto. Insomma: ludicamente parlando, Wo Long Fallen Dynasty è proprio quello che voleva essere. Ci troviamo di fronte a un titolo apparentemente complesso ma incredibilmente semplice da comprendere e padroneggiare, che saprà regalarvi tante ore di divertimento, a patto però di comprenderne appieno i pregi ma anche di chiudere un occhio sui difetti, sulle lacune e sulle rinunce sopracitate.
Livello Morale, alleati, leader e boss: l’ode alla guerra di Team Ninja
Wo Long Fallen Dynasty non è un titolo rivoluzionario, ma alcune delle nuove aggiunte hanno sicuramente un grande potenziale. La prima di queste, come già vi accennavo poco sopra, il grado Morale, che va ad affiancarsi al livello del personaggio e che dà a tutto l’ecosistema ludico un’interessante ventata d’aria fresca. Il livello Morale, in pratica, è un po’ la forza effettiva con cui affrontare un nemico, ma anche quella che egli possiede a sua volta, identificata da un numerino situato sopra alla barra della salute. Più alto è il livello Morale del giocatore più efficaci sono i suoi attacchi, ma è soprattutto il grado Morale degli avversari a determinare in maniera decisiva le sorti delle battaglie. I livelli Morale sono infatti contraddistinti con tre tipologie differenti di colori, che indicano la pericolosità di un determinato avversario. Quando il livello Morale è troppo alto rispetto a quello del nostro alter ego, il numerino è contraddistinto da un’area di colore rosso, che sta ad indicare la maggiore pericolosità dell’avversario. Quando si muore il grado Morale scende e quando si uccide un nemico sale, per quanto comunque non in maniera permanente.
Uccidendo lo stesso avversario è possibile recuperare il grado Morale perso e le “anime” smarrite, che qui però vengono soltanto dimezzate e non perse del tutto in caso di mancato recupero. Lo dico con grande sincerità: non pensavo che il grado Morale fosse così importante e invece, credetemi, lo è eccome. Affrontare i boss con un grado Morale molto più basso può rappresentare un biglietto di sola andata per l’inferno, ragion per cui vi dico subito di tenere sempre sotto controllo la situazione e di capire velocemente come arginare il problema. Fortunatamente, e qui torniamo al discorso delle novità piacevoli, Team Ninja ha pensato proprio a tutto. Per aumentare il grado Morale in maniera permanente durante le missioni, infatti, il giocatore può andare alla ricerca degli stendardi e delle bandiere (gli ormai canonici falò) che, oltre a fare da strumento di viaggio rapido, potenziamento e checkpoint, hanno anche il merito di aumentare permanentemente il grado Morale del nostro avatar, cosa che chiaramente assottiglia il gap con i boss e li rende più abbordabili. Proprio tornando al discorso dei boss, devo dire che Team Ninja ha svolto veramente un ottimo lavoro. Per quanto non tutti super caratterizzati, ho notato comunque un grande lavoro in termini di realizzazione estetica e ludica, che gli ha garantito una sorta di “unicità” molto interessante. Difficilmente troverete boss riciclati, per intenderci, e ho apprezzato anche la scelta di ridurre il numero di questi ultimi, proprio a favore del loro essere quasi sempre unici.
Per affrontare le minacciose orde di nemici che popolano il mondo di gioco, comunque, il giocatore può avvalersi anche dell’aiuto degli Alleati. Durante l’avventura, il nostro soldato senza nome può stringere alleanze con alcuni dei più famosi guerrieri della storia cinese, come Cao Cao, Sun Jian, Sun quan, Liu Yan, Lu Bu e via dicendo, ognuno di essi in grado non soltanto di aiutare durante i combattimenti ma anche di sbloccare item e bonus unici in base al grado di rapporto che instaurano con noi. Anche la scelta dell’alleato diventa quindi importante nei preparativi alla battaglia, poiché alcune resistenze e alcuni bonus specifici possono fare la differenza contro un determinato avversario, ma attenzione, non potete utilizzare gli alleati liberamente. Per invocarli, infatti, sarà necessario utilizzare un Sigillo della Tigre, uno degli oggetti consumabili che si trovano uccidendo i boss o gli invasori. Proprio in tema di invasori, voglio chiudere questo discorso e aprirne subito un altro allo stesso tempo parlandovi dell’importanza dell’esplorazione delle mappe di gioco che oltre, appunto, a significare tanto loot, tra nemici da uccidere e bauli nascosti da aprire e depredare, ospitano anche la presenza di nemici speciali, identificati come leader. Questi nemici bloccano l’accesso a una determinata bandiera, e per completare al 100% le aree di gioco bisogna necessariamente ucciderli, per quanto spesso la loro forza sia veramente imponente. In questo ricco contesto, devo ammettere che è l’IA complessiva a tradire un po’, sia quella degli alleati sia quella di alcuni nemici. I primi tendono a risultare un po’ troppo arrendevoli, mentre i secondi sono molto aggressivi, ma spesso si lasciano sconfiggere troppo facilmente, anche con espedienti “extra” e poco ortodossi. In definitiva, comunque, è veramente difficile non apprezzare l’aspetto ludico di Wo Long Fallen Dynasty che, al netto di qualche problemino, si conferma comunque come uno dei souls-like più completi e intriganti dell’ultimo periodo.
Esplorazione, level design e crafting: dimmi che sei il fratello di Nioh senza dirmelo
Uno degli aspetti più delicati, quando si parla di souls-like, è sicuramente il level design. Oltre alla potenza e alla beltà del combat system, infatti, a sancire il successo dei titoli del genere sono certamente la qualità e la complessità delle mappe. Ebbene, devo ammetterlo, Team Ninja sotto questo aspetto ha sempre un po’ peccato, almeno paragonando i lavori dell’azienda a quelli di FromSoftware. Sfortunatamente, l’arrivo della nuova IP non ha saputo sistemare questa mancanza e, anzi, per certi versi sembrerebbe anche averla in qualche modo peggiorata. Per quanto il setting generale sia molto affascinante, ho notato un po’ di pigrizia costruttiva nella realizzazione delle mappe e delle aree, tutte (o quasi) fondamentalmente piccole e anonime, salvo qualche caso specifico. Va detto che comunque la densità di esse è sicuramente molto soddisfacente, ma non posso non manifestare questo mio piccolo malessere. L’esplorazione delle mappe è comunque necessaria. Le aree di gioco, come dicevo più sopra, sono ricche di oggetti utili per migliorare il proprio personaggio e i propri strumenti, come i cristalli di drago che aumentano il numero delle fiaschette curative o l’essenza di drago, che ne aumenta l’efficacia, ma anche di equipaggiamenti, divisi tra armi e corazze varie. Come sempre, il loot è molto generoso in termini quantitativi, ma anche qui ho notato una certa pigrizia nel creare nuovi equipaggiamenti e set speciali, che sembrano un po’ tutti molto simili tra loro e che, almeno nelle fasi iniziali e centrali dell’avventura, non giustificano più di tanto la solita lotta al loot tipica del lavoro di Team Ninja. Anche con le armi il discorso è più o meno questo: una volta trovata l’arma che più vi aggrada, difficilmente sarete tentati di provare altro, anche perché, per quanto tutte complessivamente fighe, alcune di esse sembrano decisamente più utilizzabili di altre. Va da sé che la necessità di esplorare si lega giocoforza alla necessita di trovare le bandiere e gli stendardi per aumentare il grado Morale, ma durante la ricerca di essi vi ritroverete sicuramente nella posizione di reperire diversi materiali, che sono fondamentali per l’immancabile Crafting.
Dopo aver fatto conoscenza con il fabbro lo ritroverete infatti a quello che potremmo definirlo l’hub, e in quella posizione può modificare, potenziare e sostituire specifici bonus di ogni tipologia di equipaggiamento, in un sistema di potenziamento semplice ma comunque efficace, che in più di una circostanza ci ha salvato le cosiddette. Tornando al discorso del level design, non posso non ammettere che, proprio per tutti i motivi elencati e per il grande potenziale del gioco, siamo di fronte ad una potenziale occasione sprecata. Mi sarebbe piaciuto vedere qualcosa in più, uno sforzo maggiore in tal direzione, ma missione dopo missione mi sono dovuto “accontentare” di quanto ci è effettivamente arrivato tra le mani. Ho apprezzato, in parte, la scelta di offrire una mappa “unica” in cui potersi spostare liberamente, tenendo conto anche dei progressi raggiunti in una determinata missione, ma anche qui, ancora una volta, il tutto mi ha dato una sensazione di pigrizia di voglia di andare sul sicuro e di non strafare che per certi versi funziona, sia chiaro, ma che si lascia annoverare nella schiera del “vorrei ma non voglio” della produzione.
Infine, voglio spendere due parole anche sulla scelta di attingere alle produzioni di From anche sotto il profilo del world building, per certi versi. In Wo Long Fallen Dynasty è infatti presente un hub centrale in cui è possibile scoprire numerosi segreti anche sui principali NPC che come nei prodotti di From si recano proprio nel “luogo sicuro” una volta incontrati o comunque aiutati in battaglia. Per quanto derivativa, questa feature mi ha intrigato, anche perché l’hub stesso è gestito molto bene e per essere un primo tentativo è veramente di ottima qualità. Così come i giochi From, Wo Long possiede un sistema online molto più ampio rispetto ai Nioh. Con Wo Long è infatti possibile anche invadere i mondi altrui, ma questa meccanica di gioco è per noi ancora un mezzo mistero, dato che abbiamo potuto testare il gioco in una fase precedente alla review e, quindi, con pochi giocatori sui server. La meccanica comunque sembra interessante, ma chiaramente bisognerà testarla per bene nelle prossime settimane e con più giocatori attivi.
Wo Long Fallen Dynasty e la next gen: come si comporta su PS5?
L’aspetto meno convincente della produzione, ad essere sinceri, è quello tecnico e grafico. Tralasciando la beltà dell’influenza artistica di un’ambientazione e di un setting incredibilmente affascinanti, la resa oggettiva di Wo Long Fallen Dynasty non è esattamente miracolosa. Il nuovo titolo di Team Ninja e Tecmo Koei non brilla per la sua realizzazione tecnica, che appare sin dalle prime battute molto lontana dal discorso “next-gen” e fortemente in linea con quanto visto nella passata generazione di console. Per farla breve, Wo Long sembra un titolo arrivato dall’epoca PlayStation 4 e Xbox One, e la sua natura cross-generazionale è veramente troppo marcata. Ciò si evince in particolare nella “sporcizia” del design di molti nemici e NPC, che spesso sono anche un po’ riciclati tra di loro, ma soprattutto analizzando fattori “esterni” quali texture in bassa risoluzione di vegetazione e ambienti vari, ritardi frequenti nel caricamento delle nuove aree e via dicendo. Il gioco offre due modalità grafiche, e io ho optato subito per quella che predilige il frame rate a discapito della risoluzione, cosa che ha anche potuto incidere un po’ su quanto detto poco sopra, ma anche cambiando preset grafico le cose non sono migliorate più di tanto.
Va detto che al momento in cui vi scrivo non ho ancora avuto modo di provare l’eventuale patch del day one del gioco e non so se effettivamente qualcuno di questi aspetti verrà sistemato con essa. Sul piano della stabilità, invece, c’è poco da lamentarsi. Con il preset dedicato agli FPS, Wo Long si comporta molto bene anche nelle situazioni più concitate, con pochi cali e sporadici in determinate aree ma che però non gravano più di tanto sull’esperienza di gioco. Come accade un po’ troppo spesso nelle produzioni simili, anche Wo Long soffre parecchio per via della gestione della telecamera. Troppo spesso, infatti, mi sono trovato fortemente penalizzato da essa, in particolare contro gruppi più nutriti di nemici o contro alcuni boss, specialmente quelli volanti. In questi frangenti, la telecamera diventa un vero e proprio nemico aggiunto, a causa anche di un lock on dei nemici a volte impreciso e tedioso, che viene aggravato proprio dalla velocità generale molto alta degli scontri, di cui vi parlavo anche in precedenza. Discorso molto simile anche per quanto riguarda il comparto sonoro, che appare sufficiente ma non certamente esaltante. La colonna sonora che accompagna gli scontri è sicuramente adrenalinica e frizzante, ma spesso e volentieri mi è sembrata un pelo anonima e poco ampia, risultando un po’ ripetitiva e sicuramente poco memorabile. Anche il doppiaggio inglese mi ha fatto la stessa impressione. Le voci (non quella del protagonista, che è muto!) mi sono sembrate un po’ troppo classiche e poco a fuoco, con gli attori (non tutti) che sembrano essersi accontentati di fare un compitino, senza mai dare vera linfa a un doppiaggio sicuramente dimenticabile. Chiosa finale sulla localizzazione italiana. Alcune traduzioni le ho trovate veramente assurde, su tutte l’ossessione di parlare al femminile del protagonista, che nel mio caso era di sesso maschile.
Piattaforme: PS5, PS4, Xbox One, Xbox Series S/X e PC
Sviluppatore: Team Ninja
Publisher: Koei Tecmo
Wo Long Fallen Dynasty è un ottimo souls-like. Il nuovo titolo modifica e migliora sotto certi aspetti la formula dei titoli del genere di Team Ninja, e risulta molto convincente soprattutto pad alla mano e negli scontri. Ho apprezzato tanto la “semplicità” anche nel potenziamento del personaggio e l’introduzione del livello Morale, ma sono rimasto un po’ deluso dal comparto tecnico e soprattutto dal level design, con mappe troppo anonime e in generale molto piccole e ripetitive. Nel complesso, comunque, non posso che consigliare il lungo viaggio nella storia della dinastia Wei e il grande fascino di un numero incredibile di personaggi storici e di creature fantastiche, soprattutto agli appassionati del genere ma non solo. Per quanto brutale, infatti, trovo che Wo Long possa essere un ottimo entry level per i nuovi arrivati, ma attenzione: se avete poca pazienza e la paura di morire ludicamente parlando è troppo forte, statene alla larga!