Anche quest’anno a Milan Games Week & Cartoomics 2023 non sono mancati i titoli italiani indipendenti raccolti nel cosiddetto Indie Dungeon, l’area dedicata al test delle demo dei videogiochi indipendenti, dove i visitatori possono anche fare la conoscenza di parte del team di sviluppo e della casa editrice, così come scambiare due parole con loro per scoprire di più su quanto stanno mostrando all’evento videoludico italiano più importante dell’anno. Tra questi spunta anche Leonardo Interactive, che questa estate aveva annunciato l’arrivo nel 2024 su tutte le piattaforme di Simon the Sorcerer Origins, un prequel Made in Italy firmato Smallthing Studios. Si tratta di una storia appassionante che racconta le avventure di un ragazzo indisciplinato e irriverente che viene proiettato in un mondo pieno di magia. Per scoprire più da vicino alcuni aspetti produttivi che si celano dietro questa storia, abbiamo intervistato l’Art Director Giulia Valentini e il Lead Game Designer e Narrative Designer Fabrizio Rizzo, di cui vi raccontiamo tutti i dettagli nell’intervista qui sotto.
D-Come mai avete deciso di realizzare il prequel a 30 anni dal primo titolo? Dopo quale percorso di sviluppo arriva questo prodotto, quanto ci avete lavorato?
(Fabrizio Rizzo) R- Il tutto è cominciato dalla passione e dalla dedizione di Massimiliano Calamai, Founder e Game Director dello studio di sviluppo, e uno dei più grandi appassionati di videogiochi in generale. Lui ha potuto mettere mano a una saga che amava tantissimo, e che anche i più giovani di noi conoscevano. Una saga che ha il suo ultimo capitolo tra le uscite più recenti e che ci ha permesso di ricollegarci facilmente alla storia con un prequel, perché l’idea di riallacciarci a dei sequel che non erano nemmeno stati troppo accettati da sviluppatori e pubblico non ci faceva impazzire. Da lì in poi abbiamo proposto l’idea a Simon e Mike Woodroffe, i fratelli che avevano pubblicato la saga originale, e l’hanno accettata. Il resto è storia: il nuovo titolo arriverà sugli scaffali idealmente nella prima metà del 2024 e per il lancio abbiamo in serbo parecchie sorprese!
D-Giulia. per quanto riguarda l’ispirazione artistica del concept design di Simon and The Sorcerer Origins, da quali stilemi vi siete lasciati ispirare?
(Giulia Valentini) R-Abbiamo voluto mantenere il mood del titolo originale, lo stile grafico è invece cambiato molto perchè non aveva senso riproporre una pixel art, ma tutto il resto è rimasto invariato. Dai colori, alle ambientazioni, fino appunto al tone of voice. L’ispirazione a livello stilistico, invece è stata tratta dalle serie Disney, in particolare Tangled, o anche tutti i film che sono usciti negli ultimi vent’anni con cui siamo cresciuti noi Millennials. Uno stile quindi cartoonesco e che dia senso di calore.
D-Fabrizio, quanto è stato difficile o meno immaginare il prequel del titolo originale? Quanta aderenza c’è con il titolo del 1993 e quanto è stato difficile?
(Fabrizio Rizzo) R-Ci sono stati elementi sia di facilitazione, sia di difficoltà. Da un lato si tratta di una saga ben affermata da trent’anni, ma ci sono anche elementi poco chiari e che nemmeno il manuale di gioco ha saputo aiutarci, domande rimaste aperte e senza risposta. La sfida è stata appunto cercare di trovare risposte a queste domande in un modo che potesse essere soddisfacente per il giocatore, e che a sua volta potesse sentire la necessità di avere queste risposte. Secondo noi ce l’abbiamo fatta in questa missione, in generale ne è scaturita una storia divertente ma anche con punti toccanti per via dei personaggi inseriti e dei momenti trattati, con qualche piccola aggiunta che possa approfondire dei punti narrativi che potranno piacere ai fan della saga. Il risultato è stato un mix di innovazione e di massimo rispetto nei confronti della saga originale.
D- C’è stato un momento massimo di difficoltà nello stabilire il fil rouge narrativo durante il lavoro a Simon and The Sorcerer Origins?
(Fabrizio Rizzo) R- Beh sicuramente trovare il punto di inizio è stato complesso, che potesse essere sia comprensibile, sia funzionale a livello di collocamento temporale, e anche cercare di chiudere il tutto nel modo migliore per poterlo riallacciare al primo titolo originale del 1993.
D- Com’è nato il vostro studio e quali i prossimi progetti? Come vi distinguete nel panorama indie italiano?
R-C’è tantissima attività, ci stiamo espandendo parecchio, trasferendo anche una nostra sede in un edificio più grande. La più grande è la sede artistica in provincia di Genova, il comparto tecnico e di programmazione si trova a Gorizia e poi ne abbiamo una terza a Palo Alto. In più prevediamo di aprire un’altra sede a Parigi o Amsterdam prossimamente, e stiamo anche valutando l’opzione in futuro di aprire un nostro studio di animazione interno, ma più avanti. Il nostro quid è fare il più grande investimento nel settore videoludico, fare un salto di qualità anche a livello di ampliamento del nostro team e di focalizzarci sulla nostra line-up che sarà sempre più ricca.
D-Una domanda per entrambi: cosa consigliereste a coloro che vogliono cominciare il vostro stesso percorso professionale?
(Giulia Valentini) R-Domanda abbastanza complessa, perché non è facilmente riassumibile, ma invito tanto a non fermarsi all’istruzione e formazione scolastica. Purtroppo in Italia c’è ancora scarsa presenza di scuole davvero valide, tali per cui basti solo l’apprendimento. Invito a partecipare a tantissimi workshop, dedicarsi alla lettura e allo studio di qualsiasi cosa vi possa interessare, per ampliare il panorama delle proprie conoscenze e trovare qualcuno che vi sappia ascoltare. Essere professionali è fondamentale: non bisogna approcciarsi a questo lavoro come artista da galleria, ma di squadra, bisogna adattarsi all’andamento dei processi on-the-go.
(Fabrizio Rizzo) R-Studiare tanto, e sacrificare a ogni singola attività futile per approfondire la materia del game design, che è una materia difficile e tende a rinnovarsi molto spesso. Un buon progettista deve in primis essere versatile, saper parlare diverse lingue straniere, oltre all’inglese che chiaramente è necessaria anche solo per studiare i manuali di questa materia, ma anche spagnolo, giapponese e in generale qualche lingua in più, anche l’arabo può essere utile. Importante è anche cominciare il prima possibile a lavorare in questo settore e apprendere più cose possibili. C’è bisogno di tanta dedizione e ampliare il proprio panorama conoscitivo sempre di più.