1987 – Motori, videogames e gettoni: un’affidabile scorciatoia per il successo. Inutile cercare di nasconderlo, se poteva esserci qualcosa di più esaltante che attaccarsi al proprio coin-op preferito, era farlo all’interno di un cabinato da un paio di quintali, ben inscatolati nella postazione di guida del racing game del momento.

Ora, nessuno ha mai detto che guidare la Ferrari di Out Run fosse noioso, né tanto meno che la monoposto di Continental Circus non rappresentasse il sogno proibito di ogni arcade gamer, eppure quando le sale furono investite da RoadBlasters, sembrò davvero non esserci più spazio per nessuno… Stavolta non si sarebbe d’altronde corso per il solo piacere di arrivare per primi, ma per portare a casa la cotenna!

La soddisfazione di quest’obiettivo avrebbe logicamente implicato una sensibile alterazione del format di riferimento, il quale andava sublimandosi nella necessità di abbinare alla semplice abilità al volante, l’uso spregiudicato delle armi in dotazione al veicolo controllato. Ad esaltare un’esperienza di gioco tanto scoppiettante da rievocare i pittoreschi inseguimenti immortalati nella trilogia cinematografica di Mad Max, il costante obbligo di rifornire il proprio serbatoio di benzina accumulando gli ovuli disseminati sul tracciato ad intervalli irregolari.

In relazione queste sfumature, è facile concludere che racchiudere la RoadBlasters- Experience nel solo concetto di racing game sia riduttivo: molto più calzante appare in tal senso la definizione di ibrido “shooter a quattro ruote” con cui la stampa dell’epoca decise di battezzarlo. Benché il concept del classico Atari non rappresentasse una novità assoluta per il panorama videoludico, esso finì pertanto col diventare il capostipite nominale di un filone destinato a produrre innumerevoli varianti sul tema.

A trentun anni di distanza dal suo epocale debutto, RoadBlasters potrà aver perso la brillantezza che lo caratterizzava e, di certo, non reggerebbe i ritmi o le dinamiche proprie dei suoi successori. Ancora oggi, è tuttavia impossibile restare indifferenti difronte ad alcuni aspetti del suo comparto tecnico come la fluidità dello scrolling, la reattività dei comandi e il ricchissimo ventaglio di frame d’animazione legato allo sprite principale… Piccoli dettagli per un occhio abituato ormai a ben altro; qualità inestimabili per un qualsiasi segugio da sala degli anni ’80 che, non a caso, avrebbe sempre dovuto attendere il suo bel quarto d’ora in fila prima di potersi concedere l’ebrezza di un giro.