Quando si parla di Omega Force la prima parola che viene in mente è musou, non ci sono dubbi in proposito. Del resto il team giapponese ha legato il suo nome a una marea di produzioni del genere, a partire dall’infinita saga di Dynasty Warriors, passando per tutta una serie di produzioni legate a franchise stranoti come Fist of the North Star, One Piece e Zelda. Chi quindi meglio di loro poteva dare nuovo lustro a un marchio storico come Dragon Quest, probabilmente fra i più amati da tutti i fan dei J-RPG, che fin dai tempi del NES hanno potuto affrontare un’orda infinita di buffissimi quanto adorabili nemici (gli slime su tutti)? Ora, nell’attesa che arrivi l’undicesimo capitolo su PS4 e 3DS, potremo presto darci alla caccia grossa con L’Albero del Mondo e le Radice del Male, lunghissimo sottotitolo dell’edizione italiana, che infatti si avvarrà della traduzione di tutti i testi, con alcune scelte piuttosto singolari fra l’altro. Ad esempio Koro è stato dotato di una strana dizione, che lo porta a inserire il suffisso “slurp” ogni due parole, rendendo la comprensione delle frasi non sempre così immediata.
Scelte di localizzazione a parte, Dragon Quest Heroes presenta qualche differenza sostanziale rispetto ai soliti musou, almeno a giudicare dalla prime ore di gioco. Anzitutto c’è dietro una trama più comprensibile dei criptici racconti basati sulla mitologia cinese e giapponese, che spesso vedono coinvolti mezzo milione di personaggi dai nomi troppo astrusi per rimanere impressi per più di cinque minuti. Con Dragon Quest Heroes invece si va sul sicuro, con un party composto da tre compagni, che via via potrà essere variato e ampliato attraverso una serie di incontri predefiniti. Questo di fatto garantisce una discreta varietà nel gameplay, dato che in qualsiasi momento è possibile passare da un combattente all’altro con la semplice pressione del grilletto sinistro.[quotedx]l’impressione generale è che il party abbia un suo senso nell’ecosistema di gioco[/quotedx]Ovviamente vi è un protagonista, a cui potremo anche dare un nome a nostro piacere, ma l’impressione generale è che il party abbia un suo senso nell’ecosistema di gioco, tendendo a non privilegiare un personaggio piuttosto che un altro. In tal senso è significativa la presenza di numerosi valori e statistiche facilmente riconducibili ai consolidati standard dei giochi di ruolo: a forza, destrezza, intelligenza, etc., si affiancano monili d’ogni genere, nonché armi, scudi e altri upgrade legati ai poteri speciali che caratterizzano ogni combattente. Nulla di trascendentale, ma almeno si nota uno sforzo di qualche genere per rendere l’esperienza un po’ più interessante rispetto ai musou classici. Un qualcosa che possiamo ritrovare in certi aspetti del gameplay, meno dispersivo e caotico del solito, pur mettendo in piazza la consueta quantità spropositata di nemici, presi di sana pianta dall’immenso bestiario del J-RPG firmato Square Enix. Questo significa che ritroveremo alcuni notissimi mostri (anche se fa quasi specie definirli tali, in fondo sono così carini…), come gli slime, gli scheletri e le mummie, affiancati da boss di dimensioni generose, in particolari draghi e ciclopi, dalla barra vitale talmente estesa da richiedere una certa dedizione per essere sconfitti.
Le mappe per fortuna non sono particolarmente estese e non obbligano quindi a noiosissimi spostamenti da una parte all’altra, una di quelle meccaniche base dei musou che onestamente non ho mai sopportato. Certo, in termini di azione pura non sembrano esserci grosse differenze, con l’IA degli avversari praticamente inesistente e le forme di attacco limitate a poche varianti, fra attacchi fisici e altri di natura per così dire magica, legati infatti alla barra dei PM (punti magia/mana). C’è da dire però che ogni personaggio del party dispone di tecniche piuttosto uniche, un particolare che potrebbe aiutare a rendere il tutto meno noioso e ripetitivo del solito. Anche graficamente, pur non trovandoci al cospetto di chissà quale meraviglia tecnica, Dragon Quest Heroes sembra difendersi piuttosto bene, specie nella modellazione dei nemici, ancora una volta benedetti dal character design di Akira Toriyama. Un po’ meno entusiasmanti le ambientazioni in generale e la gestione della telecamera, che in certi frangenti sembra incapace di seguire l’azione in maniera coerente, specie quando è presente a video un nemico particolarmente ingombrante (ce ne sono di giganteschi!). Buono invece il frame rate, che tendenzialmente punta ai 60 fps, con qualche calo fisiologico nei momenti più concitati. Comunque sia, questo primo incontro con l’ultimo nato di casa Omega Force mi ha lasciato con qualche buona sensazione: bisognerà solo capire sulla lunga distanza cosa riuscirà a offrire il gameplay in termini di situazioni e modalità. Non ci sarà comunque molto da aspettare, dato che la release è praticamente alle porte, essendo fissata per il prossimo 16 ottobre, solo ed esclusivamente su PS4.
Dragon Quest Heroes – Anteprima

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