I creatori dei capostipiti della serie Etrian Odyssey e del particolarissimo Shin Megami Tensei: Strange Journey tornano nel mondo delle console portatili per la prima volta sotto la svolazzante bandiera di Sony PlayStation Vita. In realtà nel momento in cui scrivo Lost Dimension è disponibile anche per PlayStation 3, ma vista la sua intrigante natura ibrida di Visual Novel e RPG tattico non posso che considerare la versione portatile quella di riferimento. Forse perché, negli ultimi tempi, questo vero e proprio exploit di avventure testuali arrivate anche in occidente sullo splendido display dell’handheld Sony mi ha fortemente convinto che l’unica vera piattaforma di riferimento per gli avvincenti romanzi interattivi giapponesi debba essere PS Vita. O forse perché, dopotutto, la grande quantità di testo di questo titoli mi ricorda la mia ormai persa ossessione per la lettura, laddove ogni spostamento più o meno prolungato da casa era accompagnato da una rivista o un romanzo. Se la carta l’ho infine sostituita con display touch, perché non considerare la mia nuova visual novel un vero e proprio romanzetto da compagnia?
Fatto sta che i prodi ragazzi di Lancarse e la sempre più prolifica NIS America hanno congiuntamente deciso di graziarci con questa produzione atipica, unica nel suo genere e, proprio per questo, capace di risultare fresca e intrigante. Le corde della narrativa che accompagnano le ore di gioco introduttive sono quelle tipiche del genere “survival game”: un misterioso terrorista dalle capacità sovrumane chiamato The End minaccia di volere mettere fine all’esistenza del genere umano. Ecco che la più potente task force di combattenti, convenientemente dotati di poteri e capacità speciali, si fa strada fra le forze armate di ogni nazione: riusciranno gli 11 esper protagonisti a sconfiggere The End prima che sia troppo tardi?
UNA DIMENSIONE PERDUTA AI CONFINI DEL SOLE
Uno scenario che pur non raccontando nulla di nuovo inscena i presupposti per la particolare meccanica che impreziosisce il titolo, ovvero l’aleatorietà di ogni avventura. Il cast di personaggi che accompagna Sho, il protagonista, vede l’inserimento di traditori differenti a ogni partita, con conseguenze narrative e ludiche tutte da sperimentare. Gran parte della sceneggiatura del gioco è infatti focalizzata sul rapporto fra i compagni e lo sviluppo delle loro caratterizzazioni, fra traumi personali e rapporti da mantenere vivi se si vuole conquistare la fiducia del prossimo e quindi la massima cooperazione sul campo di battaglia.[quotedx]Ciò che Lost Dimension insegna è che bisogna sempre misurarsi con le conseguenze delle proprie scelte, corrette o meno che siano[/quotedx]In uno scenario dove il sotterfugio e il tradimento sono all’ordine del giorno e l’ansia di cadere in errore incombe sempre sul giocatore, non sorprende che durante l’avanzare della storia ci si trovi chiamati a dover individuare il traditore e a eliminarlo in un sistema di votazioni che ricorda un po’ la serie Spike Chunsoft, Danganronpa. Investigare spetta inevitabilmente al protagonista e alla sua capacità di comprendere e influenzare i compagni, il tutto reso in un mini gioco e in una serie di botta e risposta che possono essere scambiati con i colleghi esper alla fine di ogni battaglia. Ciò che Lost Dimension insegna, a volte anche duramente, è che bisogna sempre misurarsi con le conseguenze delle proprie scelte, corrette o meno che siano. Votando per la colpevolezza di un compagno di squadra innocente si assiste alla scomparsa di un alleato capace e prima o poi ci si dovrà confrontare con il traditore direttamente in battaglia, con buona pace dell’arte dell’oratoria. Affezionarsi ai personaggi del titolo Lancarse non è esattamente consigliabile, anche perché purtroppo non è possibile influenzare chi o meno tradirà il gruppo. La strada è, insomma, sempre segnata dalla volontà di un sistema procedurale che non assicura la sopravvivenza dei propri beniamini, anche degli amici più stretti, e che se non viene padroneggiato con cura può finire per porre in una situazione di netto svantaggio, specialmente sulle battute finali.
PUBBLICHE RELAZIONI E POTERI ESP
Al di là della componente prettamente sociale, comunque piuttosto importante e altamente distintiva, rimane un’ossatura da RPG tattico piuttosto convenzionale. Ci si muove in ambientazioni fatiscenti post apocalittiche seguendo l’avvicendarsi dei turni di gioco e si sconfiggono nemici più o meno anonimi il cui unico vero punto di forza è rappresentato dal grande numero più che dalla scaltrezza. Sia le abilità offensive che lenitive sono quasi sempre influenzate dalla posizione dei personaggi sulla mappa. Ci si muove all’interno di un’area limitata e spesso si è vincolati alle capacità innate degli eroi protagonisti (c’è chi è capace di levitare, ad esempio), ma fortunatamente se si è stretto legami speciali con i membri del gruppo si può godere di capacità di supporto e altre abilità che concretizzano il rapporto di fiducia maturato a furia di pigiare il tasto X fra box testuali e simpatie elettive.
In ogni caso non mancano punti di forza capaci di tenere alto l’interesse, come un buon numero di personaggi tutti differenti fra cui scegliere e una serie di meccaniche interessanti che non fanno altro che rimescolare le carte in gioco, come la possibilità di donare le capacità dei compagni morti a quelli rimasti in vita o ancora l’utilizzo dell’abilità “defer”, capace di offrire il turno di un personaggio a un altro nelle vicinanze. Il sistema di crescita è invece prettamente legato allo sviluppo delle abilità uniche dei protagonisti in skill tree piuttosto ricchi, ma le statistiche e il classico “levellaggio” sono automatizzati e non possono essere in alcun modo influenzati se non con equipaggiamenti acquistabili fra una battaglia e l’altra.
IL 2015 È IL NUOVO 2001!
Pollice verso, invece, per il comparto tecnico del titolo, assolutamente ingiustificabile sul finire del 2015. Se la modellazione poligonale dei personaggi può essere infatti considerata tutto sommato gradevole nella sua semplice definizione dell’estetica “anime” di cui si fregia il character design, monster design e ambientazioni non fanno altro che ricordarci i canoni low budget di non una, ma ben due generazioni di videogiochi fa. Imperdonabile anche la presenza di caricamenti fin troppo insistenti (addirittura anche prima di un’animazione in battaglia) e di bug che possono provocare, senza alcun preavviso e in situazioni casuali, il freeze della console e il necessario riavvio. E no, questo non fa parte del gameplay aleatorio del titolo. Forse. Un ultimo consiglio: non fatevi ingannare dai pessimi inserti animati, primo fra tutti l’introduzione che fa da preambolo alla prima battaglia. La produzione è sicuramente low budget, ma proseguendo la cosmesi del titolo acquista un fascino testimoniato dal pregevole montaggio della sigla d’apertura, come rito accompagnata da un martellante pezzo J-POP. E il confine fra cartone giapponese e videogioco è sempre più sottile.