Gli eclatanti ricavi accumulati dal Nintendo Switch nel corso dell’anno appena conclusosi ci hanno restituito l’immagine di una console apprezzata da ogni fascia d’utenza che, in barba a previsioni tutt’altro che incoraggianti, ha dimostrato di poter condividere il proscenio videoludico con sistemi tecnicamente più attrezzati come PlayStation 4, Xbox One e derivati.

Fermo restando che quest’inattesa affermazione costituisca una vittoria brillante per Nintendo e rispettivi seguaci, chiunque voglia spingersi appena oltre il naturale entusiasmo per i risultati fin ora conseguiti non dovrebbe tuttavia faticare ad intravedere qualche ombra all’orizzonte. Line up alla mano, risulta in effetti innegabile che il trionfo registrato dallo Switch nel corso del 2017 sia essenzialmente figlio al supporto di hit colossali come The Legend of Zelda: Breath of the Wild e Super Mario Odyssey, piuttosto che da una catalogo completo.

Al netto di proposte senz’altro intriganti come Xenoblade Chronicles 2, Mario + Rabbids Kingdom Battle ed Arms, la softeca in forza all’ammiraglia di Kyoto pare difatti contare al suo interno una rappresentanza fin troppo nutrita di trasposizioni da Wii U, cui vanno ad aggiungersi operazioni di restyling legate ad IP con più di qualche annetto sulle spalle e versioni “low cost” di videogame che hanno dato il meglio di sé in altri formati: uno scenario che, in assenza dei due pesi massimi di cui sopra, sarebbe di certo risultato meno appetibile… Se inquadrato da questa particolare prospettiva, l’anno appena cominciato pare in tal senso porre molti più interrogativi che certezze, il primo dei quali corrisponde ovviamente alle effettive capacità di bissare i successi della scorsa stagione senza accusare alcuna flessione.

Quante sono, in altre parole, le possibilità che la console continui a reggere determinati ritmi anche in assenza di brand come Zelda e Mario? Laddove un inguaribile ottimista farebbe subito muro evocando l’imminente arrivo di Kirby e Yoshi o magari la prevista accelerazione sui tempi di sviluppo legati alle nuove iterazioni legate a Metroid e Luigi, uno scettico suggerirebbe quanto meno una certa cautela. Pur vantando una propria dignità storica, nessuno dei brand citati può d’altronde vantare il potere di giustificare da solo l’acquisto di una console, né chiaramente di reggere il peso di un confronto diretto con con mostri sacri quali Link e Mario.

Al netto di qualche promettente candidato al titolo di sorpresa dell’anno, neanche il settore Third Party sembrerebbe peraltro aver in serbo chissà quante hit annunciate. Certo, a sentir parlare i cultisti, le “bombe” in arrivo sarebbero costituite dalle consuete riedizioni del caso: detto tra noi, preferirei tuttavia non dover ridurmi a sperare che Hyrule Warriors: Definitive Edition o la già tanto acclamata Remastered di Dark Souls intervengano salvare la baracca… E non soltanto perché ritengo profondamente sbagliato rispolverare vecchi classici per battere insperata cassa.

Ho difatti idea che un sistema poliedrico come lo Switch che fa della sua modularità il proprio punto di forza rappresenti la piattaforma ideale su cui sperimentare nuovi format e idee originali, motivo per cui il mio cuoricino sanguina ogni volta che un publisher annuncia la sua prossima “makumba” in arrivo e l’utente Facebook di turno s’affretta a condividere il proprio giubilo a riguardo.

A conti fatti, resto pertanto convinto che il futuro dello Switch dipenda dalle novità, piuttosto che dall’usato sicuro e va da sé che il progetto debba proporsi come trampolino per nuovi trend, senza limitarsi a subire quelli attuali. Viceversa esisterebbe il concreto rischio che la macchina possa seguire le orme del Wii e soccombere d’improvviso una volta che le masse avranno metabolizzato l’effetto wow. E questa è una prospettiva che non vorrei neanche prendere in considerazione.