Nintendo Labo: ecco perché vi state sbagliando

Ammettiamolo, Nintendo ci ha spiazzati tutti. In un’era iper-tecnologia dove la realtà virtuale è entrata in maniera dirompente nelle case dei giocatori, il colosso giapponese ha deciso di proporre al mondo Nintendo Labo: un prodotto all’apparenza dal sapore retrò e fragile che porta il mondo reale nel media videoludico (un concetto che spiegherò meglio tra qualche paragrafo).

A mente fredda, e con un po’ di notizie successive a corollario, ho cercato di capire cosa è davvero Nintendo Labo e di rispondere così a questo quesito che molti si sono posti. L’ho fatto soprattutto dopo aver visto e sentito una valanga di critiche da più di una voce verso questo prodotto etichettato come “vecchio”e “inutile” (e altri epiteti molto più coloriti e volgari che non riporterò) e che ha scatenato l’ironia del web.

L’ho fatto perché analizzando il concept e le dichiarazioni di Nintendo ho capito che, come accade spesso, il problema non è il prodotto in sé o la sua qualità ma il giusto punto di osservazione dal quale guardarlo.

https://youtu.be/FFMJyqipLtY

L’erede di un lontano passato Nintendo

Benché mi sia parso che Nintendo stessa abbia avuto difficoltà nel trovare una definizione del prodotto visto il mondo in cui stato presentato e descritto, a mio modo di vedere, Nintendo Labo è sostanzialmente un kit di accessori cartonati componibili abbinati ad un software che realizza con loro una interazione digitale tramite le caratteristiche uniche dei Joy-Con di Nintendo Switch (sensore IR, HD Rumble e sensore di movimento).

Ammetto che detta così potrebbe sembrare un po’ troppo complicata, ma il concetto molto più semplice alla base di Nintendo Labo è che si tratta di giocattoli. Giocattoli forse un po’ costosi e fragili, ma pur sempre giocattoli. Proprio da questo punto si deve partire per mettere bene a fuoco quello che il prodotto rappresenta.

Anno 1974, Nintendo Paper Model. “Labo, sono tuo padre!” (photo blog.beforemario.com)

Non tutti sanno o ricordano che, prima di avventurarsi con successo nel mondo dell’intrattenimento videoludico, in passato Nintendo ha progettato e messo in vendita molti giocattoli. E in effetti, se si pensa a tutta quella che è la storia dell’azienda giapponese, è chiaro come uno dei capisaldi che ha sempre guidato la sua produzione è quella di proporre al pubblico una esperienza che fosse prima di tutto “ludica”. Nintendo Labo a miei occhi rappresenta proprio un diretto discendente di quella pura e semplice passione per la creazione di giocattoli.

Una radice che ha sempre portato l’azienda a sviluppare e proporre esperienze caratterizzate da una forte cura per il gameplay. Un dogma che ha attraversato le generazioni e che non è mai stato demolito neanche quando molti videogiochi si sono elevati da semplice “gioco” a media equiparato a cinema o letteratura.

Con gli occhi di un bambino

Dove sta quindi l’errore della maggior parte di utenza che ha spalato fango su questa novità di Nintendo? L’errore risiede nel guardarla con gli occhi sbagliati ed equiparare questo oggetto a quel filone di videogame adatti ad un pubblico navigato e che chiede ai giochi virtuali di offrire una esperienza cinematografica, adrenalinica o competitiva. L’errore sta nel pensare che Nintendo Labo sia adatto a tutti. Se esistesse una classificazione a forbice anziché relativa all’età minima, il PEGI di questi accessori sarebbe sicuramente a cavallo tra i 5 e 14 anni.

Sono il primo ad ammettere che un trentenne o anche un diciottenne non troverà alcuno stimolo in questo tipo di prodotto. Non si può chiedere ad un “adulto” di fingere di pescare, di far pilotare una creatura vibrante o di guidare una moto fatta di cartone. Gli occhi di un gamer adulto e navigato nutrono poca attrattiva per un giocattolo di cartone, molto abbozzato nei dettagli e con una così scarsa profondità in termini di esperienza ludica. E infatti Nintendo stessa ha chiarito il pubblico al quale il prodotto è rivolto prima ancora di presentarlo al mondo.

“Sintonizzati per scoprire una nuova esperienza interattiva per Nintendo Switch che farà la gioia di bambini e di quelli che si sentono bambini nel cuore!”

Nintendo-Labo-Nintendo-Switch
Per gli adulti scatole di cartone, per i bambini tanto di più.

Chi non ha letto questa frase, pubblicata su Nintendo UK prima dell’annuncio, legga attentamente e capisca che il target di Nintendo Labo sono i bambini. Superata una certa fascia d’età, come accade per videogiochi come Skylanders o Disney Infinity, si perde l’appeal verso il messaggio e gameplay semplici del gioco e si inizia a reputarlo come “infantile”. E in effetti tutti quelli che dicono che Nintendo Labo è un gioco per bambini hanno ragione, anche se stanno usando la frase in maniera dispregiativa. Nessuno, nemmeno Nintendo ha mai detto il contrario.

La forza della creatività e dell’educazione

Il mio consiglio è quindi di immaginare di guardare Nintendo Labo con gli occhi e i desideri di un bambino o al massimo di un ragazzino. Solo così sarà possibile capire il potere e l’appeal che questi prodotti possono avere. In un mondo in cui molti genitori ignorano beatamente la classificazione PEGI (non approfondisco altrimenti finirei di scrivere il prossimo millennio, ndr), questo prodotto punta a riportare l’essenziale spensieratezza e gioia che tutti i bambini dovrebbero provare nella loro infanzia. Riporto in tal senso le dichiarazioni in merito del presidente di Nintendo of Europe, Saturo Shibata, per far capire ancora meglio il concetto.

“Il nostro obiettivo è portare un sorriso sul volto di tutti coloro che entrano in contatto con Nintendo. Con Nintendo Labo e Nintendo Switch, i giocatori possono scoprire nuovi modi di giocare dando libero sfogo alla propria creatività. Io personalmente spero che tanti utenti si divertiranno ad assemblare i kit insieme alle loro famiglie, con un grande sorriso sul volto.”

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Un po’ Elysium, un po’ Ironman, un po’ Ghostbuster.

Senza entrare in ambito psicopedagogico (campo che non mi compete e che potrebbe essere noioso) Nintendo Labo racchiude in sé alcune dei grandi messaggi che dovrebbero essere veicolati da un gioco/giocattolo: scoperta, creatività, insegnamento. I bambini devono giocare e questo è un gioco; e la forza di un giocattolo sta tanto nell’aspetto ludico e divertente, quanto nella sua capacità di produrre una esperienza nel bambino che produce interesse e veicola un insegnamento oltre che interazione con i genitori.

Guardate Nintendo Labo con gli occhi di un bambino che riceve in regalo un qualcosa di nuovo, di materiale, di fisico, che può toccare e possedere; un oggetto che può costruire e decorare con le proprie mani, sviluppando così la sua manualità, e che poi può essere usato e collegato alla propria console. Con questi occhi e la permeabilità e innocenza della mente di un bambino, un kit di Toy-Con che permette di diventare un robot ha in sé una grande attrattiva. Si potrà giocare e costruire insieme alla famiglia qualcosa che da continuare a possedere e che si staglierà nitido e chiaro nei ricordi come un’esperienza, si spera costruttiva, della propria infanzia.

E aggiunto che chi reputa questo un titolo di punta di Nintendo deve capire che si tratta solo di una branca, di una sfaccettatura dell’offerta dell’azienda, la quale già sappiamo porterà in dote presto tanti titoli puramente videoludici che potranno accontentare anche i palati più “adulti” e desiderosi di storie ed emozioni profonde.

Togliendo il gioco restano design e progettazione

Chiudo infine questa lunga digressione con un commento a quello che è l’aspetto tecnico di Nintendo Labo. Spogliandolo infatti di tutta la colorata e innocente semplicità dei modelli, non si può non apprezzare il lavoro di sviluppo e di design dietro a questi accessori.

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“Solo scatole di cartone arrotolate” dicono. Certo.

Per chi si chiedesse in che modo si potessero usare HD Rumble e i sensori di movimento dei Joy-Con, Nintendo risponde con piccole moto e creature che si muovono grazie alle vibrazioni ed esoscheletri che replicano i nostri movimenti in gioco (vedremo quanto saranno realistici e simultanei). Per chi non immaginava altro utilizzo del sensore IR se non quello di slogarsi le mascelle mangiando panini virtuali in 1-2-Switch, ecco che appaiono box di cartone con pulegge e molle i cui movimenti vengono letti dagli infrarossi e riportati nel gioco. Scusate se è poco.

E arriviamo alla spiegazione del concetto espresso all’inizio di questo articolo. Anziché creare oggetti digitali che sembrano reali nelle mani dei giocatori, il colosso di Kyoto darà la possibilità di creare oggetti reali che avranno un corrispettivo nel mondo digitale. Lo Yang della realtà virtuale? Forse. Nintendo Labo è un modo per dare in mano ai giovanissimi qualcosa che sia attraente come un videogioco, ma con un fondo di creatività e capace di creare esperienza cognitiva e un insegnamento. Labo non è la risposta alla realtà virtuale di Nintendo, ma piuttosto un modo alternativo di affrontare l’interazione tra il mondo digitale e il mondo reale.

Dalla sua Mansion nel Sannio ha attraversato l'universo senza Tuta Phazon, visitando regni brulicanti di Koopa con l'aiuto di Pietre Sheikah. Ma il suo desiderio è una casetta sulla colonia 9 di Bionis e un mech parcheggiato in giardino. Cinema, borad game e birra artigianale le altre sue passioni. Ogni volta che esce un nuovo Zelda esclama: "Avverto un tremito nella forza."