Nel 2010, il primo episodio di Downton Abbey si apriva con una lettera recapitata alla famiglia Crawley. Correva l’anno 1912 e la missiva riportava la notizia del naufragio del Titanic, avvenuto il giorno precedente. Il film, distribuito quattro anni dopo la chiusura della serie, si apre con una sequenza simile. Una lettera si è fatta strada fino a Downton Abbey, ma siamo nel 1927. Questa volta la notizia non è catastrofica, ma abbastanza eclatante da turbare tutti gli ansiosi residenti della tenuta di campagna dello Yorkshire: il re e la regina d’Inghilterra si sono auto-invitati a trascorrere un giorno con loro. Come ci si aspetterebbe, quelle che potrebbero sembrare preoccupazioni assolutamente risibili nel 2019 costituiscono la spina dorsale di tutto il film, che ci regala ciò che abbiamo amato di più dello show: la fatuità dell’aristocrazia.
Il re e la regina d’Inghilterra
Downton Abbey è un film imperdibile per chiunque abbia amato l’omonima serie TV
La colonna sonora di Downton Abbey, accompagnata da una ripresa panoramica dell’imponente struttura, è sufficiente per evocare ricordi; e, nel caso in cui abbiate seguito la serie per cinque anni (o vi foste cimentati in uno sfrenato binge-watching come il sottoscritto), non avrete difficoltà a riconoscere tutti i personaggi, le loro idiosincrasie e affinità. Il film accenna appena al passato di Mary, Edith e compagnia, com’era prevedibile: a differenza della serie, che ha tutto il tempo del mondo per scavare nei protagonisti e farceli conoscere, la pellicola ha solo due ore. Quindi non sorprende che i produttori abbiano scelto di non sprecare tempo per avvicinare chi è a digiuno di Downton Abbey, soffermandosi esclusivamente su quegli emozionanti giorni del 1927, un paio d’anni prima della Grande Depressione (forse ci sarà un seguito?).
Edith arriva a Downton Abbey
Il film si concentra su tre aspetti principali: la politica (la rilevanza della monarchia e l’ascesa dell’ideologia repubblicana), i maggiori cambiamenti nella vita dei personaggi (gravidanze, affari, corteggiamenti, venire a patti con la propria sessualità e il passare degli anni) e le incombenze quotidiane (chi cucinerà per la coppia reale, come riparare il boiler e quale argenteria usare per cena). La pellicola sa toccare il lato politico con ironia: guardare un negoziante descrivere come “l’apice della sua carriera e della sua vita” il momento in cui vende ingredienti a Downton Abbey in occasione della visita dei regnanti, è un esilarante attacco alla frivolezza della monarchia. D’altro canto i problemi stravaganti e il comportamento atavico dei reali svelano quanto siano ridicoli e vuoti nonostante abiti sfarzosi e cappelli: vedere queste persone facoltose sbriciolarsi sotto problemi piccoli è sia confortante che divertente.
Mary e sua madre, con le bambine
Downton Abbey è già un enorme successo commerciale in alcune parti del mondo in cui è uscito. Ma non è né un franchise di supereroi, né una serie che si presta a fan theory e speculazioni. Il “world-building”, per così dire, si limita a una grande dimora e il drama si basa su strumenti tradizionali di narrazione, dando un fascino classico al titolo. A ogni modo, Downton Abbey è soprattutto una serie TV, la quale cresce insieme allo spettatore che investe ore e ore della sua vita guardando i personaggi evolversi. Il film, di conseguenza, varrebbe poco senza la serie. Non è altro che un tributo ai protagonisti e alle loro storie, ai loro inciuci e alle loro banalità, come anche una conferma che questa forma di narrazione può ancora trovare successo in sala, sebbene non sia un cinecomic. Stilisticamente, non si può dire ci sia differenza tra il film e la serie. Lo show televisivo raramente si ridimensiona in autenticità, e il film non ne amplifica l’opulenza. Vedere la pellicola è come passare all’episodio che segue il finale della serie; ma ammirare la tenuta, le sale, la cucina e quei volti familiari al cinema, permetterà di cogliere dettagli che probabilmente vi siete persi sul più piccolo schermo di un computer o di un televisore.
Il ballo finale
Il cuore pulsante di Downton Abbey è senza dubbio la tagliente Contessa Dowager di Grantham (Maggie Smith). La sua riluttanza al cambiamento e le sue battute sono l’essenza di tutta l’opera. I fan non ne avranno mai abbastanza delle sue frecciatine, del suo portamento snob e delle espressioni facciali che talvolta dicono più di mille parole. Downton Abbey senza la Smith è un po’ come la pizza Margherita senza mozzarella. Per il resto, il film è ancora pieno di persone sorridenti e dalle buone maniere che rispettano un servitore per i suoi principi, ringraziano gli amici per il piacere di farlo e offrono aiuto nel momento del bisogno. Si inchinano al re, versano il vino dalle bottiglie di vetro, indossano guanti bianchi, lucidano l’argenteria, falciano i loro giardini verdi, caricano gli orologi e vi accompagnano dentro e fuori dalla tenuta, vera protagonista dell’opera.
In conclusione, il film è ovviamente trainato da quanto di buono ha fatto la serie negli anni passati. Può contare su una sceneggiatura scritta in modo intelligente, che non solo ha battute spiritose, ma affronta anche questioni fondamentali dell’epoca come il tabù dell’omosessualità e i diritti delle donne. La maggior parte di queste sotto-trame si sviluppano nello show come nel film, che lascia abbastanza spiragli aperti da offrire idee per ulteriori sequel.