Ritratto della Giovane in Fiamme | Candidato ai Golden Globe come Miglior Film Straniero, reduce del Premio per la Miglior Sceneggiatura al Festival di Cannes e Vincitore della Queer Palm, distribuito da Lucky Red, Ritratto della Giovane in Fiamme arriverà nelle sale cinematografiche il 19 Dicembre, dividendo la scena con i grandi blockbuster del periodo natalizio. Scritto e diretto da Céline Sciamma e interpretato da Noémie Merlant, Adèle Haenel, Launa Bajrami e Valeria Golino, Ritratto della Giovane in Fiamme è una pellicola in tinta rosa, definito dalla stessa regista nella conferenza stampa come “un film femminile e femminista”. Una scelta audace quella di distribuire un lungometraggio non dall’appeal per le masse in un momento così caldo, ma che crediamo riuscirà a ritagliarsi la sua nicchia in virtù delle qualità autoriali che il titolo riesce a proporre con tenacia e ostentazione – e cadendo alcune volte nel cliché.
Francia. XVIII secolo.
1770. Marianne (Noémie Merlant), pittrice di talento, viene ingaggiata per fare un ritratto di Héloïse (Adèle Haenel), una giovane donna che ha da poco lasciato il convento per sposare l’uomo a lei destinato. Héloïse tenta di resistere al suo destino, rifiutando di posare. Su indicazione della madre (Valeria Golino), Marianne dovrà dipingerla di nascosto, fingendo di essere la sua dama di compagnia. Le due donne iniziano a frequentarsi e tra loro scatta un amore travolgente e inaspettato.
Ambientato nel paesaggio lunare del Nord-Ovest della Francia, colpito dall’oceano, con un cast completamente al femminile, la presenza dell’uomo soggiace come una vibrazione irrequieta, apportante squilibrio, al pari dell’incedere costante delle onde e del destino al quale HeloÏse è designata. In questa scenografia vuota e minimalista, alternata agli interni spogli di un antico maniero, si muovono le vicende intime, delicate e spesso narrate con minuzia, dove uno sguardo distolto o una mano ritratta sono capaci di rivelare le intricate trame di mondi interiori, affatto semplicistici e ben caratterizzati.
L’intera pellicola ricama tutti i suoi punti di forza attorno l’essenziale cast di quattro personaggi: Cèlina Sciamma spiega la scelta di Adéle Haenel nei panni della fragile ma imperturbabile Héloïse come nata a monte, durante la scrittura, andando a cucire il personaggio attorno l’attrice francese. Affiancata dall’emergente Noémie Merlant, un volto nuovo e uno sguardo profondo, il risultato è un’alchimia che saprà condurre gli spettatori in un vortice di complicità, erotismo e fascinazione. D’altronde l’età salottiera, quella dell’amore per la conversazione e per l’ingegno è quella messa in scena, e la produzione è riuscita a trasporla riuscendo a confezionare una storia che prevarica i confini temporali e approda nell’universale.
Le affinità elettive.
La sceneggiatura si snoda senza conflittualità in un crescendo fisiologico, tra tensione e concessione: la bravura di Céline Sciamma è stata di raccontare qualcosa di plausibile, non enfatizzato, dove gioia e crisi si alternano in modo naturale, e dove non esistono stratagemmi del copione volti a scatenare reazioni a catena. Questo Ritratto della Giovane in Fiamme è e vuole essere un ritratto, uno spaccato, scevro da romanticismi narrativi. A tal proposito Valeria Golino, durante l’intervista con la stampa, afferma di aver chiesto alla regista di mettere più tensione attorno il suo ruolo, di calcare la mano sulla Contessa austera e opprimente, trovando il rifiuto della regista e sceneggiatrice.
Con la realizzazione in questione ci troviamo di fronte quindi un’occasione colta in pieno ma figlia di un’ansia da prestazione: dinnanzi un’opera così intima – epidermica, osiamo dire – il film trascina una storia blanda nel post-finale, continuando a raccontare dove non ci sarebbe stato bisogno, perdendo ritmo e icasticità.
Non menzionata sinora – e non per caso – è Sophie (Launa Bajrani) nel ruolo della giovanissima domestica, personaggio secondario che si muove come terzo in scena, aiutando il ritmo del film e donandogli una trama sussidiaria alla storia di Héloïse e Marianne, senza però risultare realmente amalgamata nella vicenda principale.
Dove però la pellicola vince e lo fa con sensibilità disarmante è nella conduzione della macchina da presa, che in un andirivieni diegetico ci mostra da vicino la faticosa ricerca di Marianne di concludere il dipinto, di cogliere l’intensità di Héloïse, trasportando noi spettatori in questa ricerca del particolare, dell’essenza, dandoci la facoltà di essere giudici – fuori lo schermo – degli sforzi di Marianne. L’effetto appaga i sensi e convince, avvalorato dalla cura del sonoro in grado di trasportarci e udire nitidamente le pennellate sulla tela, gli sketch tagliati veloci sul taccuino, e il mare e il fuoco, due simboli costanti e contrastanti nel film. Il risultato finale rende l’opera compiuta, viscerale, ma certamente non adatta a chi consuma cinematografia d’azione.
Céline Scimma ha insistito molto durante la conferenza stampa sul carattere ideologico del titolo, annullando la figura maschile senza demonizzarla, e raccontando una storia d’amore che arriva all’universale, seppur però con il tatto e la gentilezza di gesti di una vicenda al femminile. Ritratto della Giovane in Fiamme riesce a evocare, incantare e donarci attraverso l’uso sapiente della regia un mondo di piccoli cenni e comportamenti, in una pellicola in costume che mette in luce lo status della donna nel XVIII secolo e il clima di precarietà e pregiudizio che vive ancora oggi. Una storia intensa, di passione e d’arte che nell’era della messaggistica istantanea e del prosciugamento dell’immagine restituisce a questa la sua autorevolezza intrinseca.