Little Goody Two Shoes Recensione: Square Enix si tinge di dark ad Halloween

Avete presente quei cartoni animati che popolavano i nostri schermi negli anni Ottanta e Novanta? Sì, proprio quelli le cui sigle erano perlopiù cantate da Cristina D’Avena. Insomma, su questa linea d’onda particolarmente scenografica si imposta il video di introduzione di Little Goody Two Shoes, nuovo GDR a tinte (più o meno) horror targato Square Enix e in arrivo proprio il prossimo 31 ottobre, proprio in vista di Halloween. Una scelta narrativa peculiare per le scene animate, che si traducono in stile altrettanto amarcord nelle fasi di gameplay, dove la casa di sviluppo nipponica famosa per i suoi franchise di punta, Final Fantasy (qui la nostra recensione di FF XVI) o Mana, ripropone un JRPG in pixel art e in evidente chiave nostalgica, anche nelle sue meccaniche. Non indugiamo oltre, dunque, e addentratevi con noi in una storia fatta di boschi e castelli, accanto a tanti misteri dark, che ci attendono in questo titolo, testato in versione PC per Steam!

Little Goody Two Shoes: donzelle in pericolo, o c’è dell’altro?

Il titolo in questione ci rende chiaro fin dall’inizio che la nostra esperienza interattiva firmata dagli autori portoghesi di AstralShift sotto l’egida di Square Enix Collective si ispira ai giochi di ruolo degli anni ’90 e agli anime dei primi anni 2000. Il titolo narra le gesta compiute da Elise, un’ambiziosa ragazza determinata a diventare ricca per sfuggire alla sua umile esistenza, abbandonata da piccola e ritrovata da una gentile anziana che se n’è presa cura fino alla fine dei suoi giorni, quando la bambina era ormai cresciuta e aveva fatto amicizia con gli altri giovani del posto. Elise però deve fare ora i conti con la vita quotidiana e con i mestieri umili a cui si è trovata a doversi dedicare, trascorrendo così le sue giornate ad aiutare i suoi vicini con delle piccole commissioni per guadagnarsi da vivere.

Un giorno, però, Elise trova un bellissimo paio di scarpette rosse, sotterrate nel suo orto, punto di svolta della sua esistenza, come possiamo immaginare. Per questo motivo, Elise parte per una spaventosa avventura che la porterà ad addentrarsi sempre di più nel cuore del bosco misterioso, rischiando di correre diversi pericoli e definendo grazie al nostro intervento il suo percorso. Una volta indossate le scarpette rosse scoperte nel suo orto, Elise infatti darà una svolta alla sua vita e si imbarcherà in una spaventosa avventura che la porterà ad addentrarsi sempre più nel cuore del bosco misterioso che circonda il villaggio di Kieferberg. Ma la storia di Little Goody Two Shoes racconterà più di una classica damsel in distress, o di un’eroina in grado di pensare a se stessa? Non risponderemo a questa domanda per evitare spoiler, ma ricordiamo solo che, in inglese, l’espressione “goody two-shoes” indica una persona che si comporta sempre bene e in modo virtuoso, anzi disprezza e disapprova chi non si comporta allo stesso modo. Che sia la perfetta descrizione per Elise?

Sopravvivere in un horror senza troppa suspense

Senza darvi ulteriori anticipazioni sulla narrazione in sé, ci addentriamo ora nelle caratteristiche del gameplay di questa fiaba a tinte oscure tratteggiata da AstralShift e Square Enix, che fa dell’esplorazione, della risoluzione degli enigmi e della sopravvivenza i tre pilastri di un gameplay costruito sulle fondamenta di una storia gotica (come i caratteri che vedremo a schermo, non solo nel libro che “narra” questa storia, ma anche all’interno del menu di gioco) e che offre ben dieci finali possibili, ciascuno dei quali viene naturalmente determinato dalle scelte e dalle azioni compiute da Elise nell’interazione con i diversi NPC e nella gestione delle risorse necessarie per rimanere in vita, indicate in maniera permanente dagli indicatori di salute presenti solo nel menu di gioco e non nell’interfaccia. Una scelta non del tutto comoda, che però lascia più pulito lo schermo (quasi fin troppo libero e vuoto da elementi utili). Saranno così le icone indicatrici di elementi a cui dobbiamo prestare attenzione, e prima ancora delle piccole scintille in aria, che campeggeranno sullo schermo, tra interazioni con scritte e persone, oggetti da raccogliere e punti di salvataggio, sporadici e indicati con un cono di luce dall’alto e un uccellino che porta con sé una pergamena su cui “scrivere” i progressi svolti.

E proprio i progressi di gioco verranno macinati a un ritmo non troppo lento, fatto salvo per i momenti narrativi, che si dilungano talvolta un po’ troppo. Di fatto però, in questo titolo potrete dimenticare il vero horror e i jump-scare, non essendoci nemmeno delle vere e proprie scene d’azione. Non sono previste infatti scene di particolare suspense, ma solo tanto mistero e un po’ di azione, mentre cerchiamo di risolvere i misteri che avvolgono la storia delle scarpette rosse di Elise e gestire anche vari aspetti della vita della ragazza. Questo fa di Little Goody Two Shoes un gestionale? Non stiamo dicendo questo, anzi, si tratta solo di aggiungere dei complementi al gioco per arricchire, in parte, l’esperienza ludica e intanto aiutarla nella missione principale: sopravvivere.

Tra mini-giochi e pixel art

La storia di Little Goody Two Shoes è fatta anche da mini-giochi che ci accompagnano durante l’intera alternanza giorno-notte che fa parte della nostra esperienza. Così durante il giorno possiamo rafforzare i legami di Elise con i suoi vicini e adoperarci per mantenere buona la nostra reputazione, anche attraverso appunto qualche minigioco, mentre al calare della notte dovremo tenere Elise sazia e sana, sia fisicamente che mentalmente, nel corso di vari scontri con dei temibili nemici mentre si addentra sempre di più nel bosco. Guardando al suo complesso, il gioco di per sé è semplice, senza particolari contenuti o caratteristiche tecniche, né dalla considerevole longevità, attingendo ad ampie mani al repertorio artistico e di character design degli anni Novanta. Di questo titolo ad esempio, il comparto grafico gioca sicuramente un ruolo particolare e interessante, in grado di accompagnarci con le sue peculiarità, e talvolta incongruenze stilistiche. A partire dallo stile anime delle sequenze animate, sia per design dei personaggi, sia per stile narrativo e di animazione, questo lascia il posto alla pixel art del gameplay, che appartiene però solo alla schermata del mondo di gioco e non tanto agli avvisi che ci compaiono a schermo per indicarci suggerimenti o oggetti trovati, o al menu di gioco. Proprio qui, e nelle animazioni che mostrano un libro di fiabe che narra proprio la storia di Little Goody Two Shoes, ci balza subito all’occhio come le scritte siano state riportate in lingua tedesca, e realizzate in calligrafia gotica e curata, classicamente usata nei libri stampati.

Il comparto audio invece non ci ha particolarmente colpito, a partire da una colonna sonora non del tutto memorabile o dalle melodie uniche, ma di sicuro ci facilita nel nostro compito una risposta del motore di gioco molto buona e che rende il caricamento delle schermate e delle transizioni da una zona all’altra in maniera fluida e immediata. Fondamentale per avere una risposta diretta ai nostri comandi, che tra l’altro possiamo impostare in due modi diversi subito all’inizio del gioco, tra modalità classica e moderna nella combinazione di tasti a disposizione. Una delle poche opzioni che possiamo scegliere, avendo ben poche opzioni customizzabili, proprio come un titolo anni Novanta, dopotutto.

Piattaforme: PlayStation 5, Xbox Series X|S, PC, Nintendo Switch

Sviluppatore: AstralShift

Publisher: Square Enix

Little Goody Two Shoes è un videogioco quasi bizzarro, e non solo per via della scelta del titolo stesso o dell’impostazione particolare del comparto grafico. Presenta una commistione di generi anche nel suo gameplay, dove la componente JRPG prevale sulle caratteristiche horror, oltre a offrire dei momenti di gestionale non del tutto trascurabili. Una IP dai tratti non classicamente catalogabili nella tipologia di produzione targata Square Enix a cui siamo abituati, e forse si tratta di un tentativo quasi goffo di proporre un’alternativa nel mondo horror. Se il motore di gioco risponde bene, ci sono altre componenti di questo JRPG che ci hanno da un lato ampiamente fatto tuffare nel nostalgico mondo amarcord di videogiochi prodotti trent’anni or sono, mentre dall’altro sono sembrati quasi anacronistici, come l’assenza totale di interfaccia sullo schermo di gioco in partita o delle rappresentazioni grafiche incoerenti tra gli elementi del gameplay e del menu poco giustificabili. Delle scelte in parte dissonanti, che però accompagnano una narrazione ludica più in linea con la tradizione della software house nipponica e che può comunque costituire una gradevole esperienza dark. In arrivo, questa volta di sicuro coerentemente, nel giorno di Halloween.

Si svezza con Medievil e Tomb Raider, cresce con Final Fantasy, matura con la scrittura di qualsiasi genere di videogiochi. Giocatrice da più di 20 anni, Francesca coniuga passione e studio in una tesi magistrale a tema videoludico e la nutre quotidianamente tra console e articoli su videogiochi, cinema e serie TV. Toglietele tutto, ma non la scrittura.