Tom Clancy's Rainbow 6: Patriots

Una delle serie tattiche per eccellenza tenta un ritorno al tatticismo senza compromessi. Scopritene gli effetti nella nostra anteprima di Rainbow 6: Patriots per PC, Xbox 360 e PS3.

“Recap” sembra essere un po’ la parola d’ordine degli ultimi tempi, se è vero che molte serie stanno tentando il rilancio modificando parzialmente (o completamente) il proprio codice genetico, così da garantire all’olfatto dei giocatori una nuova fragranza che non puzzi di sudore stantio. Così su due piedi, la prima che mi viene in mente è Tomb Raider, attesa con un nuovo episodio nell’anno appena iniziato e che dovrebbe definire una svolta verso il survival, con una Lara meno eroina e più Free Bird. Un’altra saga che sta per imboccare la via della redenzione è Rainbow Six. Un giretto in quel di Montreal – su invito di Ubisoft – per verificare come stanno andando le cose con Patriots (questo il sottotitolo del nuovo capitolo in uscita nel 2013) non potevamo certo negarvelo: eccoci quindi qui a discutere di come una delle serie tattiche per eccellenza stia tentando la resurrezione attraverso il più classico dei ritorni alle origini.

Intendiamoci subito su un concetto. Rainbow Six, nelle sue varie declinazioni, non ha mai subito le infamie di un declino senza possibilità di redenzione. Anche gli ultimi due Vegas, seppur sacrificati nella componente tattica, si sono rivelati sparatutto ben oltre il decoroso. Tuttavia, chi ha vissuto gli albori della serie sa perfettamente come, negli anni, i diversi capitoli abbiano un po’ mollato la presa sotto il profilo tattico, aprendosi alle volontà più morbide del mercato di massa. Rainbow 6: Patriots, da quello che si è potuto vedere, dovrebbe quindi segnare un passo indietro, pur mantenendo nel DNA i geni della spettacolarità che hanno profondamente caratterizzato le ultime uscite.

GUARDANDO L’ASFALTO
Tanto per cominciare, Patriots sarà un titolo coinvolgente a livello narrativo, e lo si capisce fin dalle prime battute della parte giocata su cui si è incentrata la presentazione canadese. L’incipit è già di per sé indicativo: un uomo sta per festeggiare il compleanno nel suo appartamento newyorkese; la moglie ha appena messo a dormire il pupo, l’albero di Natale fa bella mostra di sé sullo sfondo e il testosterone comincia a impennarsi oltre il livello di guardia. Una scena idilliaca, interrotta da un gruppo di terroristi che non si limitano a trattare la donna come si usa la carta vetrata sul legno, ma imbottiscono il poveraccio di esplosivo, per poi caricarlo su un furgoncino e seminare il panico lungo il Ponte di Brooklyn. È qui che entra in gioco la squadra Rainbow, ed è sempre qui che si cominciano e vedere le novità strutturali che – manco a dirlo – richiamano alla mente i crismi tattici della serie. La prima, nonché la più appariscente a livello scenografico, riguarda l’uso della tecnica “rappel” nelle discese a corda. I nostri eroi si calano giù, lungo una delle arcate del ponte, correndo sulla superficie verticale con le terga rivolte al cielo e il busto verso il terreno, proprio come fanno le truppe militari sudcoreane in questo video. Il vantaggio è evidente: ci si cala senza mostrare la schiena al nemico e si può sparare durante la discesa, ripulendo la zona di atterraggio. Tutto molto bello, tutto molto spettacolare.

Tuttavia, ridurre le novità alla sola presenza del rappel non solo sarebbe riduttivo, ma smentirebbe quello che si è detto finora, ovvero che Patriots dovrebbe segnare un netto ritorno alle origini tattiche della serie. Una volta che i nostri eroi sono giunti sul ponte si comincia a capire come è stato strutturato il titolo di Ubisoft sotto questo punto di vista, giacché affrontare i terroristi a muso duro, senza pianificare le mosse e agire all’unisono, significa andare incontro al più bieco dei fallimenti. Ecco quindi entrare in campo il cosiddetto “Vision Mode”, ovvero una visuale tattica per certi versi simile come concept a quella Detective dei Batman di Rocksteady. Il Vision Mode permette di identificare nell’immediato i terroristi, distinguerli da eventuali ostaggi grazie a un codice colore applicato alle sagome e, infine, ottenere informazioni aggiuntive sul tipo di armamento disponibile o lo stato psicofisico dei soggetti inquadrati.

NO MORE SCRIPT
Ovviamente, la fase di “osservazione” non è di per sé sufficiente per organizzare un’azione che porti in seno i sacri crismi del tatticismo militare. All’atto di raccolta dati deve difatti seguire un secondo momento di “pianificazione”, in cui impartire ordini precisi ai membri della squadra attraverso una profonda interfaccia. Oltre a questa, il giocatore ha a disposizione una soluzione parallela, più agile e veloce, che permette di assegnare comandi con un solo clic in presenza di un elemento dello scenario marcato come attivo. In tutti i casi, l’intelligenza artificiale dei nostri compagni sembra essere già a ottimi livelli interpretativi, visto che è in grado tanto di seguire i dettami imposti, quanto colmare con la giusta iniziativa eventuali lacune strategiche. Lo stesso discorso può essere fatto nei confronti dell’intelligenza artificiale che gestisce i nemici, non condotta da preconfezionati script, ma in grado di reagire in modo dipendente (con un semplice effetto di azione/reazione) a quelle che saranno le strategie del team Rainbow. Per far comprendere al meglio questo rilevante aspetto, gli sviluppatori hanno mostrato una sequenza di infiltrazione e incursione in una stanza occupata da nemici e ostaggi, utilizzando tattiche coordinate ben differenti che – indovinate un po’ – hanno portato a comportamenti estremamente variegati della CPU. Anche da questo punto di vista, quindi, le cose sembrano mettersi bene per tutti coloro che si sono sentiti negli anni sempre più orfani di un titolo che facesse della pianificazione strategica la propria essenza vitale.

Tra le tante cose accadute a Montreal, ha suscitato in me un certo entusiasmo l’impostazione del comparto multiplayer, che sarà impreziosito da una sorta di “sand table” in fase di briefing. In questa lunga fase pre-partita, non solo si avrà a disposizione un modellino tridimensionale della mappa liberamente esplorabile dal team, ma al suo interno potranno essere definiti dei marcatori che avranno un corrispettivo anche nella controparte reale, così che tutti sappiano con precisione dove andare e cosa fare. Inoltre, al capobranco sarà consentito impostare marcatori diversi e associarli a tattiche differenti, così da modificare al volo l’assetto e le posizioni della squadra a seconda degli effettivi sviluppi sul campo.

GLI ALTRI SIAMO NOI
Torniamo a bomba. O meglio, alla bomba che si porta addosso il poveraccio strappato dalla gioia natalizia di una festa in famiglia. Il nostro team avanza lungo il Ponte di Brooklyn a colpi di tattica e azioni coordinate, fino a quando raggiunge il disgraziato, ormai in preda a evidenti crisi di panico. Il contatore sul giubbotto segna meno trenta secondi all’esplosione e al team Rainbow non resta molto tempo per decidere il da farsi. Una rapida occhiata alla babele di fili elettrici che collegano i pannelli di C4 è sufficiente per far passare altri dieci secondi, e ridurre così al minimo le possibilità di trovare una soluzione che salvi capra e cavoli. Un sacrificio umano può valere il bene superiore di preservare un alto numero di vite? O il compito di un eroe è sempre quello di provarci fino alla fine, costi quello che costi? Quando ormai mancano meno di dieci secondi alla fine di tutto, la decisione non può che essere una.
(Meno cinque)
L’uomo imbottito di esplosivo guarda negli occhi quello che sarà l’artefice della sua fine e capisce che la sua vita non avrà più un futuro.
(Meno quattro)
Con un rapido cenno, il capo del team Rainbow indica a un compagno ciò che deve fare. L’ineluttabilità attraversa le due menti nello stesso preciso istante.
(Meno tre)
Il poveraccio viene lanciato dal parapetto del ponte, verso le acque sottostanti. Prima di ritirarsi e proteggersi dall’esplosione, il nostro eroe ne coglie l’ultimo, implorante sguardo. È come una pugnalata che ricorderà per tutta la vita.
(Meno due)
Un bambino si sveglia nel suo lettino, e piange. Il sottile filo che unisce padre e figlio si sta per spezzare.
(Meno uno)
Buum.
Una vita finisce, una guerra sta per cominciare.