The Dig: LucasArts punta alle stelle!

1995 – La gestazione di The Dig rappresenta probabilmente uno degli processi più creativi più articolati mai verificatisi nella storia videoludica. Inizialmente ideato da Steven Spielberg intorno alla metà degli anni ’80 come episodio della serie TV Amazing Stories, il rispettivo soggetto sarebbe dovuto infatti germogliare in un kolossal cinematografico dal rivoluzionario impatto visivo.

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Lo stile grafico del gioco si rifaceva più a classici pregressi dell’Era Lucas come Indiana Jones and the Fate of Atlantis, presentando così un look più realistico in aperta contraddizione con il trend super-deformed adottato dalla major a partire da Day of the Tentacle in poi.

Slittato innumerevoli volte a causa della costante lievitazione dei costi di sviluppo, il progetto andò più volte incontro ridimensionamenti di sorta, salvo poi essere dirottato alla volta dell’universo videoludico nel 1989, dopo che una LucasArts quanto mai interessata a sfruttarne il potenziale, decise di rilevarne i diritti allo scopo di rimpolpare il proprio catalogo di punta & clicca.

Disegnate con estrema cura per i dettagli, le ambientazioni di gioco erano straordinariamente evocative.

Affidato alle cure di Brian “Loom” Moriarty e Sean Clark, nonché ad un vastissimo team composto da membri chiave della Industrial Light and Magic, The Dig avrebbe tuttavia assunto connotati estremamente ambiziosi anche in questo ambito, tanto che  la sua fase di produzione si sarebbe protratta per sei lunghi anni.

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Scritta da Orson Scott Card e Sean Clark, la sceneggiatura del gioco viveva di articolati dialoghi tra il protagonista e i suoi collaboratori.

Giunto sul mercato solo nel 1995 e quindi in un’epoca ben differente da quella che aveva caratterizzato l’inizio dei lavori, l’opera si ritrovò pertanto costretto a fronteggiare una platea che andava ormai disinteressandosi alla formula di gioco adottata, patendo oltremodo l’obbligo di coprire a suon di vendite gli investimenti stanziati per la sua realizzazione. 

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In orbita: un’immagine tratta dalla suggestiva sequenza iniziale del gioco.

Come la storia ci insegna, una mancata affermazione ai botteghini non è necessariamente indicativa del reale valore di un progetto. Ben lungi dal risolversi nell’economia della semplice lotta contro il tempo che avrebbe visto il comandate Boston Low e i cosmonauti ai suoi ordini intenti a sventare la collisione tra l’asteroide Attila e il pianeta Terra, l’avventura sarebbe difatti riuscita a valicare i semplici confini avventurosi della vicenda, fino a porre suggestivi interrogativi circa la natura stessa dell’universo e le forme di intelligenza che lo popolano.

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Le fasi più intense dell’avventura venivano rappresentate attraverso efficaci sequenze animate pre-renderizzate.

Forte di un impianto grafico di qualità davvero elevata, del supporto di sequenze narrative dall’elegante taglio registico e di una sceneggiatura assai matura, esso avrebbe inoltre brillato anche sotto il profilo enigmistico, sostituendo la tipica astrusità delle sciarade care ai precedenti titoli Lucas con rompicapo di ordine più scientifico. Senza usare mezzi termini di sorta, potremmo in tal senso far riferimento a The Dig come ad uno dei più ispirati, complessi e completi esponenti della sua categoria… E poco importa se al pubblico dell’epoca questa sfumatura sembrò sfuggire.

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In concomitanza con l’uscita di The Dig, Steven Spielberg incaricò il noto scrittore di Sci-Fi Alan Dean Foster di realizzarne la relativa trasposizione letteraria. Il libro fu prodotto sempre nel 1995 ed è ancora oggi un oggetto di culto per tutti gli appassionati del gioco.

Pur non avendo registrato un’impatto mediatico adeguato al suo effettivo valore artistico, The Dig ha d’altronde assunto nel tempo connotati da Opera Cult a tutto tondo, i quali alimentano da molti anni iniziative che travalicando spesso i meri toni della celebrazione per germogliare nella speculazione narrativa, suggeriscono di continuo ipotetici scenari da cui ripartire per un’eventuale reprise…

Nato e cresciuto sulle pagine di Game Republic dove ha diretto per generazioni la sezione Time Warp, Gianpaolo Iglio ama il retrogaming e lo considera una seconda vita. O una seconda amante. Ha scritto un libro sulle avventure Sierra e insegna Game Journalism e Storia del Videogame alla VIGAMUS Academy con Metalmark.