Quella di Bloodstained Ritual of the Night è una bella storia, una di quella a lieto fine: vale la pena richiamarla per sommi capi in sede di recensione, perché permette di comprendere molti aspetti di quella che è stata la produzione (spesso travagliata) del nuovo gioco di Koji Igarashi. Tutto è cominciato nel 2014, dalla separazione lavorativa tra Igarashi e Konami: il papà della serie metroidvania per eccellenza, Castlevania, aveva deciso di andarsene; più avanti Hideo Kojima avrebbe presto praticamente la stessa decisione. Andarsene, abbiamo detto: non di smettere di mettere a frutto il proprio talento. Pochi mesi dopo la dipartita cominciava una campagna crowdfunding che in brevissimo tempo avrebbe raggiunto un successo vertiginoso: Igarashi, fondamentalmente, chiedeva ai fan di poter realizzare un nuovo videogioco, anche senza il nome Castlevania bello impresso nel titolo. I numeri hanno fatto storia: migliaia di giocatori hanno deciso di rischiare, e di donare cifre contenute e meno contenute (fino a centinaia di dollari per singola donazione), raggiungendo la somma spropositata di 5 milioni e mezzo di dollari. È grazie a tutti questi giocatori se oggi possiamo offrirvi la recensione di Bloodstained Ritual of the Night; ed è merito anche di 505 Games, il publisher che è intervenuto al momento giusto per guidare il titolo fino al suo lancio sul mercato.
Demoni e alchimisti
Bloodstained Ritual of the Night non è un Castlevania, ma è un Castlevania. Un’affermazione tanto curiosa quanto contraddittoria, non trovate? Prima che possiate diventare pazzi, quindi, risolviamola: il titolo non fa formalmente parte dell’universo narrativo creato da Igarashi, né possiede i suoi personaggi. Tuttavia, nel genere e nel rapporto con le opere precedenti dell’autore, Bloodstained Ritual of the Night è davvero un Castlevania. Prova ad immaginare un titolo differente, e credereste di avere di fronte il nuovo capitolo della pluripremiata serie. Il gioco è, su dichiarazione dello stesso Koji Igarashi, la summa della sua intera produzione videoludica, un punto di arrivo per tutte le opere precedenti, nonché una loro rielaborazione: da qui si guarderà verso il futuro. Ma partiamo dal presente, e precisamente da quello di Bloodstained Ritual of the Night, che coincide con l’Inghilterra della fine del 1700: al centro della trama di gioco troviamo un conflitto tra alchimisti, demoni, chiesa e fautori della prima rivoluzione industriale, nonché del potere dell’emergente scienza moderna. La gilda degli alchimisti è la principale responsabile dell’ascesa dei demoni nel mondo degli umani: per fermarli crea gli shardbinder, reietti umani dotati di cristalli ricchi di potere demoniaco, gli unici a poter combattere ad armi pari contro gli invasori. Come spesso accade, per le cavie una battaglia simile si rivela fatale, così che al termine dello scontro sopravvivono solo due shardbinder: Miriam (la protagonista dell’avventura) e Gebel, sopravvissuto al rito per l’eliminazione dei demoni.
Passano altri dieci anni, e comincia la vera e propria trama protagonista di Bloodstained Ritual of the Night. Gebel ha scelto una strada tutta sua, votata al male: da pedina degli alchimisti è diventato la guida dei demoni, e li ha riportati sulla terra. Miriam, da parte sua, è l’unica shardbinder in circolazione, e dunque anche l’ultima dei “buoni” a poter utilizzare i cristalli imbevuti di potere demoniaco contro i demoni stessi. Per fortuna non è completamente da sola nella sua missione: con lei c’è anche Johannes, un alchimista che si è pentito dei misfatti della gilda negli scorsi decenni, nonché il guerriero Zangetsu. Se Miriam riuscirà o meno nel compiere la sua impresa, dipenderà dall’abilità del giocatore; volendo è anche possibile controllare Zangetsu o comunque creare da zero il proprio eroe personalizzato, sfruttando un ampio menù e una vasta gamma di accessori che sinceramente abbiamo trovato del tutto relegabile in secondo piano. Più contenuti ci sono e meglio è, d’accordo: ma è chiaro che per Igarashi la protagonista sia Miriam, quindi abbiamo utilizzato lei dall’inizio alla fine dell’avventura, senza porci troppi problemi lungo la strada. Problemi, se mai, ce ne ha posti il titolo, con il suo livello di difficoltà davvero interessante: si comincia con la modalità di gioco “normale” e se ne sbloccano altre due più complesse al termine di ogni run di gioco; l’ultima tra tutte è davvero in grado di portarvi sul sentiero della follia, quindi la consigliamo solo ai cultori del genere metroidvania. Un giocatore che non abbia familiarità con i Castlevania porterà a termine l’avventura principale in modalità normale con una dozzina di ore di gioco; agli addetti ai lavori ne basteranno dieci, in alcuni casi anche nove.
Gameplay
Bloodstained Ritual of the Night è un videogioco tutto particolare, anche solo volendo considerare il motore grafico: l’intera produzione è in 3D (modelli, ambienti, oggetti), tuttavia il titolo viene presentato in uno stile 2.5D per cui i movimenti negli ambienti di gioco e le interazioni resteranno comunque limitati rispetto al 3D vero e proprio. Miriam può spostarsi verso l’alto e il basso, avanzare in avanti e tornare in dietro, e colpire o scattare in diagonale. Attacchi e movimenti sono quelli cui Igarashi ha abituato i giocatori con le sue produzioni contemporanee e successive al mai troppo giocato Symphony of the Night: il gameplay si rifa in particolar modo al titolo in questione, ma non mancano citazioni ed elementi ripresi dall’intera produzione precedente dell’autore; questo va sempre tenuto a mente quando si nota un nuovo nemico o si affronta un boss particolare, perché bisogna ricordare che Bloodstained Ritual of the Night per Igarashi rappresenta il punto di arrivo di un’intera carriera nel settore. Decisamente classica l’impostazione generale a livello di Gameplay: Miriam si sposta orizzontalmente o verticalmente tra livelli connessi ad una macromappa generale (in stile metroidvania), che il giocatore non conosce e non può vedere tutti nella loro estensione in un dato momento, ma solo proseguendo nell’avventura. Alcune aree inizialmente rimarranno inaccessibili: verranno sbloccate più avanti portando a termine una specifica quest,, ottenendo una nuova arma o una specifica abilità, o semplicemente facendo fuori il boss della zona.
A volte Bloodstained Ritual of the Night si rivela dispersivo, ma mai in modo traumatico: la mappa può essere consultata in qualsiasi momento, e permette al giocatore di orientarsi in modo quasi perfetto; semmai la progressione, in alcuni momenti, richiederà di aguzzare l’ingegno. Con quale specifico elemento dello scenario bisognerà interagire per proseguire? Ricchissima la mole di contenuti presenti, da qualsiasi punto di vista la si voglia considerare. Sono presenti almeno cinque diverse tipologie di armi (fruste, pistole, mazze, lame-boomerang) ognuna delle quale modifica lo stile di combattimento di Miriam e l’approccio al gameplay del titolo; tutto ciò che raccoglierete in giro per i livelli potrà essere potenziato, modificato, personalizzato, per la gioia sia dei collezionisti (provate un po’ a trovare tutti i cristalli demoniaci, vediamo se ci riuscite) sia per gli amanti delle avventure in cui il giocatore può influire sulle modifiche di determinati parametri. Prendiamo i cristalli stessi, cui sono legate le abilità di Miriam: Johannes vi permetterà di modificarli (e non solo loro) per sbloccare nuove possibilità di gioco. Volete evocare o diventare voi stessi dei demoni, sfruttando le loro potenzialità? Si può fare. Stormi di pipistrelli contro i nemici? Ci sono. Fulmini e saette e palle di fuoco? Anche. Meglio un approccio all’arma bianca, potenziando asce e spade? Volendo, si può.
Gli scontri con i boss sono impegnativi, ma mai proibitivi, almeno al livello di difficoltà standard di Bloodstained Ritual of the Night, che è stato studiato affinché ogni giocatore, più o meno esperto del genere, possa portare a termine l’avventura principale; le cose si complicano notevolmente (ed è giusto che sia così) con i livelli di difficoltà superiore. La colonna sonora è da applausi, probabilmente è l’aspetto della produzione che ci ha colpito di più; si avverte invece la produzione travagliata nei modelli poligonali di alcuni personaggi e di determinati ambienti di gioco, a volte con evidenti imperfezioni, piccoli bug o compenetrazioni e più in generale con dettagli fuori posto. Nulla che possa rendere Bloodstained Ritual of the Night un cattivo gioco, sia chiaro, men che meno un titolo brutto da vedere; quasi sempre si rivela invece una gioia per gli occhi. E soprattutto, mantiene desta l’attenzione fino ai titoli di cosa, con ritmi ben dosati e sempre nuove occasioni di scoprire qualcosa di nuovo: un oggetto, un particolare, un nemico strano che poco prima non abitava in quella zona. Anche il bestiario è stato ricostruito da capo, perché chiaramente Igarashi non poteva attingere da quello dei Castlevania. Ma i risultati sono più che buoni, e il citazionismo comunque è sempre dietro l’angolo.
Bloodstained Ritual of the Night è il punto di arrivo spirituale di ogni Castlevania che sia mai esistito, nonché opera omnia di Igarashi. Questo specifico genere videoludico, nell’estate del 2019, riparte esattamente da qui, si spera verso un futuro tanto infame (dal punto di vista del livello di difficoltà, si intende) quanto rigoglioso per l’offerta che potrà proporre in futuro ai giocatori. Intanto potrete fare affidamento su un nuovo metroidvania solidissimo, profondo, ben bilanciato, e dove vastissime possibilità di personalizzazione vengono offerte al giocatore in ogni momento. Questo non deve però far storcere il naso ai puristi della serie: potete portare a termine l’avventura principale di Miriam, se volete, facendo affidamento solo sulla vostra abilità, utilizzando le armi iniziali e senza mai potenziare nulla. Ci riuscirete? Forse no. In tutti i casi, si tratterà comunque di un’avventura che difficilmente potrete dimenticare, resa preziosa da una colonna sonora ispiratissima.