Di storie horror e thriller nel panorama videoludico, sono ormai piene le librerie delle nostre console, retaggio del linguaggio cinematografico applicato a questo medium più recente. Se dovessimo però spiegarvi a quali modelli si sono ispirati i ragazzi del team indie Camel 101 e Wired Productions per realizzare Those Who Remain, dobbiamo unire ai due generi sopracitati anche quello del puzzle game ed elencare una serie di spunti e citazioni a cui gli sviluppatori si sono rifatti, in maniera più o meno esplicita e con l’aggiunta di qualche dettaglio simbolicamente raffinato. Non esitiamo oltre, e concentriamoci su quello che ci è parso un melting pot di elementi che hanno concorso a realizzare questo horror psicologico in prima persona per PlayStation4, Xbox One e PC (tramite Steam), in arrivo il 28 maggio (proprio come vi avevamo anticipato). Ci ha convinto la nostra prova su PlayStation 4? Non esattamente, e le ragioni sono plurime.
Those Who Remain: soli al mondo
Dormont, una cittadina molto probabilmente statunitense. Vestiamo i panni di Edward, un uomo ormai ridotto all’abuso di alcol per togliersi di dosso i fardelli emotivi del passato e sull’orlo del suicidio, spinto dal desiderio di ricongiungersi, in un ipotetico mondo dell’aldilà, con la moglie e la figlia, entrambe prematuramente scomparse. Il grilletto però non viene premuto, non ci stiamo addentrando in un viaggio onirico alla scoperta di cosa ci potrebbe attendere dopo aver esalato il nostro ultimo respiro. Qualcosa di ben più grottesco e misterioso ci attende. In queste zone, sono già diversi i casi di sparizioni improvvise di cittadini, senza aver lasciato alcuna traccia. Quando invece non scompaiono, rimangono i loro cadaveri a seguito di un incontro con strane creature misteriose. La polizia però, finora, ha sempre risolto sbrigativamente i casi, sostenendo che “i fantasmi fanno solo parte delle storie per bambini”. Qui però, come sostiene anche la classificazione PEGI 16, dichiarata finora, non si tratta propriamente di contenuti di gioco spensierati.
Tutto comincia al Golden Oak Motel, in una notte di pioggia. Vi giungiamo con la nostra auto, che però ci viene prontamente rubata e mandata in fiamme a seguito di uno schianto fuori strada a causa di ignoti. Ci siamo recati al motel per incontrare Diane, un personaggio di cui non ci viene raccontato molto in questi primi minuti di gioco, ma che deduciamo essere la nuova compagna di Edward. Poco importa, non la troveremo lì, nonostante le indicazioni che leggiamo sul primo di una serie consistente di foglietti disseminati per il gioco, riportanti utili indizi per assegnarci obiettivi da raggiungere man mano che procediamo. Il nostro incedere però non sarà assolutamente facile e lineare, ed è proprio a questo punto che cominciano le tante citazioni presenti in Those Who Remain. Vi abbiamo sicuramente rintracciato parecchie strizzatine d’occhio a Stranger Things sia in alcune tracce della colonna sonora dai toni elettronici, sia nell’apparizione di essere mostruosi parecchio simili ad alcune forme di demogorgoni, che però rappresentano qui la reincarnazione di persone defunte.
Stay in the light, stayin’ alive
Questi esseri non sono il nostro unico ostacolo; il primo nemico con cui abbiamo a che fare è il buio. Sì, perché come ci suggerisce una misteriosa voce al telefono della stanza del motel, sibilando “Stay in the light” dall’altro capo della cornetta, dovremo rimanere il più possibile nei coni di luce, accendere interruttori o portare con noi un accendino acceso. In questo modo, evitiamo di cadere nel game over per mano di esseri simili a persone, ma di cui notiamo distintamente solo un paio di occhi luminosi nel buio in cui albergano, simili ai nemici talvolta incontrati in Control. Questi soggetti in cui incappiamo si rivelano ultimamente utili soprattutto per la loro funzione di barriera, in quanto limitano le zone in cui capiamo di poterci muovere e operare per proseguire nel cammino. Si tratta di esseri derivanti anche dall’immaginario classico di storie di extraterrestri, un tributo che notiamo ad esempio in un quadro appeso in una casa disabitata, che rappresenta una sorta di personaggio simile a E.T., ma la decisa ispirazione proveniente da prodotti già visti non si ferma a questi elementi.
Il nostro viaggio verso Dormont sarà dunque sempre più difficile e pregno di tensione, tra apparizioni di persone morte, cadaveri impiccati e appesi ad alberi, anche dati in pasto alle fiamme, ingressi in chiese sconsacrate, o comunque decisamente connotate da dettagli blasfemi e che ricordano messe nere e presenze mefistofeliche, passaggi in portali luminosi che ci hanno ricordato l’avventura grafica Virginia, in grado di catapultarci in una stessa versione del mondo appena visitato, ma privo di vita, proprio come il Sottosopra della sopracitata serie di Matt e Ross Duffer. Spunti che rendono Those Who Remain interessante, o solo una sorta di “taglia e cuci”? Propenderemmo per la seconda opzione, poiché questo insieme di riferimenti, per quanto il team abbia tentato di inserire l’elemento di puzzle game come collante di un horror psicologico, non è riuscito a tenere alta l’attenzione. Questo accade perché l’obiettivo di ogni passaggio del gioco non è difficile da dedurre, le nostre meningi non si sono spremute troppo, non vi sono nemmeno voyeuristiche scene splatter o jump scare e questa scarsa ricchezza narrativa non ha visto una realizzazione ottimale da un punto di vista tecnico, anzi.
Cali di frame rate… e di attenzione
Il gioco infatti vede una serie di bug che ci potremmo aspettare, e di conseguenza tollerare, forse solo in una versione beta di un videogioco, non di certo nella release finale. Accanto ai cali di framerate non così rari, gli ostacoli in cui incappiamo mentre camminiamo sono tali da far addirittura vibrare l’inquadratura, per non parlare di alcuni bug che ci consentono di vedere attraverso interi piani di un edificio, facendo scomparire del tutto pareti ed elementi presenti al suo interno. Nondimeno, una problematica davvero consistente riguarda perfino la presenza-assenza di alcuni dettagli non indifferenti a livello ambientale, ma che non rappresentano alcun campanello d’allarme ai fini del gioco. Ci spieghiamo meglio: mentre esploriamo la biblioteca nella quale dobbiamo affrontare il “demogorgone” di cui sopra, noteremo un falò appiccato in una sala dell’edificio, accanto a una stanza illuminata artificialmente. Qualora dovessimo finire nel game over e tornare in questi due ambienti, non abbiamo trovato né il falò, né la luce accesa. Una variazione legata alla trama? Non pensiamo proprio sia così, poiché sono cambiamenti repentini, e senza alcun senso logico registico e narrativo, che avvengono più volte nel gioco. Altri problemi di fluidità legati al framerate diventano evidenti nel movimento dei nemici, così come il comparto grafico lascia abbastanza a desiderare. Questa scarsa qualità non si nota tanto nei dettagli, tra raffinate rappresentazioni artistiche nei quadri, insegne luminose e altri elementi grafici “secondari” ai fini del gioco, quanto nella struttura delle location principali, dove ci risulta difficile orientarci talvolta e la cui resa finale non è sicuramente frutto di un notevole lavoro di fino.
In buona sostanza, Those Who Remain ci è parso interessante solo per la prima ora o due di gioco, un’attenzione che ha cominciato a calare a fasi alterne soprattutto per le problematiche tecniche del gioco, inficiandone la riuscita complessiva e non consentendoci di godere appieno di questa storia. Una narrazione che avrebbe potuto portarsi a casa un riconoscimento sicuramente maggiore, qualora avesse presentato elementi originali, accanto a un lavoro maggiormente curato nel comparto grafico e sonoro, ma così non è stato. Camel 101 ha già alcuni esempi di produzioni horror e action nel suo portfolio, motivo per cui ci saremmo aspettati un risultato migliore proprio per via della loro expertise pregressa. Sarà dunque per la prossima volta, forse.