Sebbene non si possa definire un film imprescindibile, Aquaman: il regno perduto rappresenta comunque un punto di svolta importante nella storia dei cinecomic – ultimamente tutta giocata al ribasso – e specificamente per l’universo cinematografico DC. Lo sanno tutti, è l’ultima pellicola a uscire prima del grande ribaltone dovuto alla nomina a supervisore di James Gunn, il che significherà l’addio sostanziale a quanto fatto finora, anche se non è chiaro se, applicando l’ormai abusato stratagemma del multiverso, alcuni protagonisti dell’era precedente potranno di tanto in tanto fare una comparsata anche nel nuovo corso, prima fra tutte la popolare Wonder Woman di Gal Gadot. Quanto ad Aquaman, però, la versione Momoa sembra proprio alla fine della corsa: su Twitter l’attore ha scritto: “Questa è la fine… di questo universo DC, sono successe altre cose”. Poi però ha aggiunto: “Ci sarà sempre un posto per me in DC, gli piaccio!”. Che vorrà dire? Per molti – primo fra tutti l’insider Jeff Sneider, che lo ha annunciato con sicumera durante il podcast ‘The Hot Mic’ – che ora il colossale Jason interpreterà un altro personaggio popolare, ovvero Lobo, che gli somiglia come una goccia d’Aquaman. Il lapsus non era voluto, ma fa ridere, quindi lo lascio nel testo, mi capirete. D’altro canto gli appassionati di Comics, pur apprezzando questa interpretazione selvaggia e tamarra del re di Atlantide, non hanno potuto fare a meno di notare quanto si distanziasse dal prototipo originale del regale biondino dai capelli sempre a posto, e qui il paradosso è realizzato dalla presenza di Patrick Wilson a interpretare Orm, il fratello/nemico di Aquaman, che somiglia di suo molto di più all’Aquaman dei fumetti. L’accoppiata, comunque, non è male. In questa storia finiscono per smettere di odiarsi e collaborare e vederli insieme in azione ci dà delle vibes da “Player One e Player Two” di un classico picchiaduro 2D che non possono che far piacere a un lettore medio di Gamesvillage.

WE ARE FAMILY
Purtroppo il film non offre molto altro, ma partiamo dalla trama. Dopo il fallimento nel tentativo di sconfiggere Aquaman la prima volta, Black Manta – sì, anche l’idea di usare lo stesso cattivo del primo film non è proprio entusiasmante e lascia un senso di “facciamo economia” che non esalta – entra in possesso del potere del mitico Tridente Nero, il quale libera una forza antica e maligna, rendendolo più minaccioso che mai. Per sconfiggerlo, Aquaman si rivolgerà al fratello imprigionato Orm, l’ex sovrano di Atlantide, per formare un’inaspettata alleanza. Insieme, dovranno superare le loro divergenze per difendere il loro regno e salvare la famiglia – compreso il nuovo pargolo del protagonista – oltre a tutta l’umanità, da una distruzione imminente. Nel cast ci sono anche Amber Heard (reduce dal disastroso divorzio con Johnny Depp), Yahya Abdul-Mateen II, il mitico Dolph Lundgren e Nicole Kidman. In sostanza, squadra che vince non si cambia o si cambia poco, e questo vale anche per il regista James Wan, che è riuscito comunque a mantenere il film personale e indipendente dal resto del pacchetto e soprattutto a fregarsene degli esiti di The Flash, che avrebbero potuto creare confusione.

POCO STILE, MA TANTO ACTION
Personale, sì, ma solo dal punto di vista narrativo. Visivamente il film è sicuramente spettacolare, anche se la sovrabbondanza di scene d’azione paradossalmente appiattisce il ritmo narrativo fino a sfiorare la noia, ma per fortuna senza centrarla mai in pieno. Quando si parla di James Wan immediatamente viene in mente l’horror, e qui formalmente c’è anche qualche design spaventoso, soprattutto nel look di certi avversari zombiformi, però non si tratta certo dell’horror low-fi e viscerale a cui il regista malese ci ha abituati coi vari Saw e Insidious. Forse nemmeno si poteva pretendere, essendo in ambito di un film prettamente per ragazzi e chiaramente senza specifiche pretese – e non stiamoci a chiedere come funziona la fisica dei corpi sott’acqua, né a farci troppe domande su una risoluzione finale monca, per cui viene cancellata una scelta di Aquaman di un certo peso politico semplicemente ‘perché sì’ – però inevitabilmente siamo alla solita domanda: “perché chiamare un autore a realizzare un cinecomic se poi non può sembrare l’autore che è?”. Chissà se questo trend cambierà dopo gli insuccessi delle ultime uscite. A livello di spettacolo, il film riesce a intrattenere il giusto, però resta comunque un po’ più moscetto del suo predecessore, che pure non era un capolavoro, ma quantomeno metteva su un impianto da quest avventurosa alla Indiana Jones, in giro per il mondo, che gli dava un’impronta un po’ più marcata.
IL FUTURO DI WAN… ANCORA NEI FUMETTI!
Wan avrà comunque ben modo di rifarsi… almeno agli occhi di noi italiani. È infatti da anni lo showrunner designato per realizzare l’attesissima serie televisiva su Dylan Dog, il popolarissimo indagatore dell’incubo dei fumetti Bonelli. Dopo la delusione del film americano con Brandon Routh del 2010, poco fedele al fumetto, stavolta la strada sembra quella giusta, almeno stando a quanto ha dichiarato Michele Masiero, direttore editoriale Bonelli, durante la manifestazione Cartoons on the Bay: “La serie sarà una trasposizione esatta delle storie del fumetto. Abbiamo materiale meraviglioso e non c’è veramente alcuno motivo per non usarlo. Stiamo entrando in una fase operativa e ci stiamo muovendo per il casting”. Ci fidiamo? Io dico di sì.
LA VIA DELL’AQUAMAN
La battuta più facile sarebbe dire che il film “fa Aqua da tutte le parti”, ma non sarebbe giusto. Resta comunque un passabile “fumettone”, non detto con la spocchia del critico che ritiene il fumetto un’arte minore, ma con il tono di qualcuno che i fumetti li apprezza e li legge. Magari non una pietra miliare, ma non c’è uno specifico per non salutare la faccia da schiaffi di Momoa pagando un biglietto per la sala. Tra l’altro, l’attore hawaiiano va elogiato per il lavoro che svolge in palestra: è sempre più grosso e sempre più definito, anche se paradossalmente – spiace per chi apprezza – qui non ha molta occasione di mostrarsi a petto nudo, sfoggiando invece una tuta mimetica appositamente pensata per la sua missione. La chiusa del film è una chiara citazione del primo MCU ufficiale, e se vogliamo segna la fine di un ciclo per l’era dei cinecomic tutta, senza distinzione di bandiera. C’è una scena post credits, ma è una gag e nulla più. Insomma, sull’era Gunn ancora non ci si sbilancia, e forse è giusto così.
Come ultimo film dell’attuale DCEU poteva essere meglio, ma anche molto peggio. È un fumettone classico di buon intrattenimento ma senza particolari guizzi. Se volete salutare Momoa nei panni di Aquaman, pagate pure il biglietto. Tanto sembra che comunque lo rivedremo presto… in altra guisa.
