Quando il facile diventa troppo facile

La domanda mi era ronzata in testa all’epoca dell’annuncio di Brink, il nuovo shooter multiplayer di Bethesda, sollevando un dubbio poi confermato in sede di anteprima: lo S.M.A.R.T. button, ossia il tasto che basta premere nella direzione in cui si vuole andare per far sì che il nostro personaggio, guidato dall’AI del gioco, si arrangi ad…

La domanda mi era ronzata in testa all’epoca dell’annuncio di Brink, il nuovo shooter multiplayer di Bethesda, sollevando un dubbio poi confermato in sede di anteprima: lo S.M.A.R.T. button, ossia il tasto che basta premere nella direzione in cui si vuole andare per far sì che il nostro personaggio, guidato dall’AI del gioco, si arrangi ad arrivare a destinazione senza richiedere il nostro intervento diretto. Nintendo, che nel bene o nel male è sempre “avanti” in queste cose, si è spinta oltre annunciando qualche giorno fa l’introduzione dell’opzione “demo play” nel prossimo Super Mario Bros. Wii.

Sappiamo che la cosiddetta “accessibilità” al medium videogioco, ossia tutti gli sforzi compiuti per avvicinare al ludo elettronico i non giocatori, è una delle grandi scommesse su cui punta Nintendo in questi anni. Oggi posso tranquillamente parlare con il mio dentista dell’ultimo Cooking Mama per le nostre bambine e di Fallout 3 per noi due, chiacchierare con conoscenti qualsiasi del prossimo Wii Sport o regalare Guitar Hero a mio cugino senza che l’intero parentame mi derubrichi a “quello che pensa solo ai videogiochi“.

Abbiamo ribadito in diverse occasioni che questo non è per forza di cose un male, al contrario: più gente che gioca significa maggior consapevolezza presso il grande pubblico che i videogame non sono oggetti da demonizzare perché potenzialmente pericolosi per i giovani, o che sono solo passatempi per sfigati asociali. Si perde un po’ di quell’aura “elitaria” che tanto ci piaceva, ma ne guadagna il mezzo e la sua accettazione nella cultura popolare, disinnescando in maniera automatica – anche se moooolto lentamente – tutti i meccanismi perversi dei vari scandali legati a GTA, Mass Effect e compagnia bella.

Tutto questo, sia chiaro, senza che la qualità di un videogioco abbia per forza di cose a risentirne. Non credo che “massificazione” implichi necessariamente un abbassamento degli standard qualitativi. Certo, probabilmente esce molta più “palta” oggi di quanta ne usciva qualche anno fa, ma la palta c’è sempre stata, e in proporzione credo che il rapporto tra gaboni e capolavori sia sostanzialmente rimasto invariato. Diciamo che esce molta più roba, e questo rende più difficile scovare “quel” gioco imperdibile tra tutti gli altri, ma poco di più.

Chiuso questo piccolo inciso, la domanda sollevata dall’annuncio di Nintendo e da altri piccoli segnali, come il già citato Brink, rimane: esiste un limite all’accessibilità, sotto il quale il videogame smette di essere tale, perde la sua natura così unica e peculiare, cessa la sua funzione e si allontana in maniera irreparabile dal suo scopo ultimo? Avere un computer che gioca da solo, al posto nostro, rappresenta quel limite? Oppure – alla fin fine – non è che cambi poi tutto questo granché rispetto ai cheat di sempre?

Intendiamoci: rimane pur sempre un’opzione nel gioco, e non è *obbligatorio* attivarla a tutti i costi. Ma proprio perché si muove nella direzione di facilitare l’accesso ai non giocatori, quanti di loro (e di noi!) resisterebbero alla tentazione di usarla? Non nascondo di aver finito diversi titoli con trucchetti e soluzioni varie quando mi trovavo bloccato in punti che non riuscivo a superare. Ma si trattava sempre di una soluzione di ripiego, un agire quasi “di nascosto”, con i sensi di colpa del caso, magari con il gioco che ti penalizzava non salvandoti gli high score o non permettendoti di accedere ai livelli finali (come Hawkeye della Thalamus per C64, il miglior uso dei cheat che si sia mai visto fino a oggi). Oggi come oggi non so se saprei *sempre* resistere alla tentazione di una simile possibilità così a portata di mano, se sarei così duro e puro come vorrei.