DOOM Trilogy Switch Recensione

DOOM Trilogy

DOOM Trilogy Recensione | In occasione del venticinquesimo anniversario della serie e dell’ormai prossimo arrivo del tanto atteso e roboante DOOM Eternal (qui trovate il nostro provato), Bethesda ha pensato bene di rendere disponibili sui vari store digitali i tre storici DOOM, ad un prezzo molto ragionevole, compresi di tutti i contenuti espansivi rilasciati nel corso del tempo, all’epoca. Dopo aver dato i natali a id Software e a giochi come Catacomb 3-D e Hovertank 3D, John Romero, Tom Hall e John Carmack volevano dare una svolta all’industria videoludica; e ci riuscirono. Con Wolfenstein 3D diedero infatti vita al primo vero esemplare di First Person Shooter (FPS), nonostante ci fossero stati vari esperimenti in passato. Fu però con il primo intramontabile DOOM, rilasciato per MS-DOS, che venne raggiunta la pura consacrazione del genere, riscrivendone i canoni e portando id Software al successo, ma in particolare sulle pagine di storia del nostro amato medium. Se questi titoli ancora oggi riescono a dire la propria con la loro brutalità ed un gameplay frenetico (ad eccezione del 3), nonostante l’inesorabile scorrere del tempo, lo scoprirete nel corso della nostra recensione.

DOOM Screenshot

Il rosso cielo tinto di sangue

La leggenda di DOOM Trilogy fa faville su Nintendo Switch

DOOM è DOOM! C’è poco da dire, quasi nulla da aggiungere. Eppure siam qui, dobbiamo parlarvene; o meglio, necessitiamo di farlo. Chi vi scrive non è di certo il più grande appassionato degli FPS sulla faccia della Terra – apprezzo comunque molto il genere, sebbene in prima persona preferisca avventure più come Metroid Prime (cosa non era Echoes…) che differiscono totalmente dai classici canoni – ma DOOM è l’esempio perfetto di un gioco che funziona in maniera encomiabile. Tolte le dovute eccezioni che confermano la regola, i primi due capitoli sono opere che si lasciano giocare da tutti, anche da quelli più scettici a riguardo. Questo perché ancora oggi la struttura ludica ed il gameplay, unito ad un level design di prim’ordine, fanno scuola e riescono a tenerti incollato con il pad tra le mani davanti ad uno schermo. Ma soprattutto perché la formula funziona; è semplice, ma immediata. Ha stile da vendere e quando giochi, mettici pure che ti viene sparata nel cervello una colonna sonora dalle tinte metal in piena potenza per esaltare l’adrenalina del viaggio all’Inferno, ed ecco che non puoi farne a meno. Non puoi farne a meno perché il richiamo degli inferi è ormai estenuante, indelebilmente ormai dentro e l’unica via è fare incetta di umani e demoni, riducendo tutto quello che capita a tiro ad una carneficina. Anche questa è leggenda, non solo quella di eroi di verde vestito. La leggenda di DOOM, il re indiscusso degli FPS. E se vi sembra esagerata come affermazione, sappiate che difficilmente troverete un titolo del genere invecchiato così bene e che per di più, tuttora, non teme confronti e rivali. Certo, potrebbe farsi sentire la mancanza di un tasto dedito ad un’azione ormai comune quale è il salto, ma tempo pochi minuti e non ne sentirete il bisogno. Questo perché, come già ribadito, il level design è minuzioso e sapientemente curato: ritroviamo nemici ubicati a dovere nei vari livelli, chiavi per aprire porte di differenti colori (ergo, DOOM lascia pure spazio all’esplorazione), nonché segreti e armi da scovare. Un impasto miscelato con maestria e con le giuste dosi di ogni elemento. John Romero e soci hanno dato libero sfogo alla loro creatività; diretti dall’edotta mente di Tom Hall, dando così vita nel migliore dei modi alla creatura concepita dall’altro John, ossia Carmack.

DOOM II screenshot

Il primo livello di DOOM II

Se DOOM II, ma in particolar modo il primo, rappresentano la consacrazione degli FPS grazie ad un mix di meccaniche ben imbastite e un comparto tecnico che, pur sentendo il peso degli anni, per merito del suo stile risulta ancora affascinante alla vista, non possiamo dire lo stesso di DOOM 3. Visivamente sa ancora il fatto suo e il lavoro di rimasterizzazione non è stato per nulla male. Tuttavia, ai tempi deluse i fan e le aspettative a causa della sua diramazione nella scena horror, presentando ambientazioni più cupe e claustrofobiche. L’idea alla base in un certo senso non è malvagia e poteva essere vista come giusta la scelta di donare a Marte (pianeta dove di solito sono ambientate le vicende) un nuovo aspetto. DOOM però è adrenalina gotica pura, macabra violenza brutale e orde di demoni, quindi il cambio di rotta, seppur apprezzabile, non riesce ad offrire quello che la serie è nel concreto. Ciò è dovuto pure ad un non riuscitissimo concept. Un buon titolo horror deve necessariamente essere più lento, il che va anche bene; se però in un gioco che sulla copertina ha impresse le quattro lettere che formano il leggendario DOOM inciso col sangue (e quindi non Cicciopasticcio) il feedback non è esaltante, c’è qualcosa che non va. A differenza dei primi due, in DOOM 3 ammazzare i nemici non dona la stessa esaltazione di smembramento dei predecessori. Inoltre, pur potendo contare su un level design abbastanza solido (ma lontano dalla qualità dei capitoli antecedenti) ed una trama a tratti interessante, nel complesso il terzo episodio della serie targata id Software non è all’altezza di quello che esso stesso offre. Lo shooting e il gunplay sono spanne sotto rispetto a tutto quello che DOOM è e rappresenta (sia prima che dopo, con i reboot) e nella componente horror propone qualche bel momento, ma nulla di trascendentale per davvero. Non si tratta certo di un’opera malvagia, ma la sensazione di “riuscito a metà” si avverte prepotentemente quando si gioca a DOOM 3.

DOOM Trilogy

I toni cupi di DOOM 3

Com’è oggi

Prima abbiamo fatto qualche piccolo accenno sul comparto tecnico dei tre episodi della trilogia, ma senza scendere nei dettagli. Come ribadito, nonostante la grafica datata, i primi due DOOM sono ancora oggi piacevoli alla vista. Certo, il primo impatto potrebbe non essere dei migliori, ma ci si sente subito di nuovo a casa dopo qualche minuto. Lo stile grafico, seppur con gli ovvi limiti figli del tempo, esalta la carneficina e la forte dose di violenza che permea le due produzioni. Un altro aspetto che potrebbe stonare sulle prime battute è la gestione della mira solo sull’asse orizzontale. Di fatto siamo impediti dall’orientare la visuale a 360 gradi, potendo invece spostarla solo a destra e sinistra. Niente panico, se i nemici non sono nella stessa posizione ci penserà il gioco in automatico a indirizzare il colpo dando al giocatore solo il compito di mirare nel punto dove si trovano i bersagli. Una scelta che lascia straniti, ma che risulta ancora avvincente anche perché rende in tale modo più veloce il puntamento. Parlando invece di DOOM 3, ritroviamo un engine che sente un po’ il peso degli anni, non tanto per l’estetica in generale quanto per i modelli poligonali sprovvisti ormai di appeal. Altro problema è l’IA nemica piuttosto deficitaria, quindi oltre allo scarso feedback dello shooting troviamo anche quest’altro aspetto davvero poco stimolante. Tra l’altro abbiamo giocato i tre DOOM su Nintendo Switch e possiamo affermare che ben si sposano con l’ibrida console della grande N. I primi due episodi sono infatti un piacere in modalità portatile, ma lo stesso si può dire pure del terzo. Anche in TV i giochi si difendono bene, seppur nei capitoli anni ’90 risalti un po’ di aliasing (va comunque detto che non è così marcato, merito di una buona rimasterizzazione). La nota dolente della versione Switch risultano i Joy-Con (che siano essi staccati, agganciati al grip o alla console), non tanto per DOOM e DOOM 2, quanto per DOOM 3: l’analogico destro non è molto preciso, anche regolando la sensibilità in tutti i modi non ci si sente mai padroni dell’arma. Complice anche un sistema di controllo in origine pensato per il pad della prima Xbox (parlando della versione console; il titolo è uscito in primis su PC), nonché comunque invecchiato. L’implementazione dei sensori di movimento della piattaforma Nintendo poteva forse rendere le cose meno problematiche, ma purtroppo è stato scelto di non sfruttarli. Nei primi due episodi non se ne sente la mancanza, anche perché non necessari, ma in DOOM 3 avrebbero potuto fare la differenza. Tolti questi piccoli nei, la trilogia della serie creata da id Software fa pur sempre la sua bella figura su Nintendo Switch e la portabilità è di sicuro un valore aggiunto da valutare in fase di acquisto.

La storica trilogia di DOOM sbarca su Nintendo Switch e lo fa mantenendo inalterati quelli che sono gli elementi caratteristici e i valori che l’hanno resa epocale. Il gameplay dei primi due capitoli risulta tuttora adrenalinico ed avvincente, non sentendo quasi per nulla il peso degli anni. Merito senza dubbio di un level design portentoso unito ad una formula straordinaria, nonché di una soundtrack formata da brani pazzeschi ed incisivi che pompano potentemente la sete di sangue e devastazione. Quello che invece ne risente un po’ di più è DOOM 3, del quale si avverte abbastanza il peso dei suoi anni. Si tratta pur sempre di un titolo che merita di essere riscoperto, poiché non è il disastro decantato in giro, ma rimane pur sempre l’opera meno riuscita dell’intera serie creata da id Software. Il cambio di rotta poteva rivelarsi un’idea appassionante, se solo fosse stato gestito bene. I problemi, però, come analizzato in corso di recensione, sono da ritrovarsi in un impianto ludico che funziona a metà, ma soprattutto in uno shooting poco esaltante. Passi lo sparare meno o la minor frenesia, ma quando si spara, in DOOM, il giocatore deve sentire l’enfasi scorrere forte nelle vene, ed invece così non è. DOOM rimane quella perla che ha consacrato il genere degli FPS, ancora oggi un punto di riferimento assoluto e in portatile si gioca che è un piacere. Tuttavia, pur dimostrandosi ancora capace di divertire con spensieratezza, potrebbe non essere più alla portata di tutti, abituati ormai agli standard odierni. Come accennato nella recensione, riteniamo non ci voglia poi molto a riabituarsi ai comandi old e a quel tipo di impostazione, mentre il terzo resta indubbiamente quello più difficile da digerire, non solo per il fatto che sia meno bello, ma anche perché è invecchiato un po’ male. Chi vi scrive è comunque per la contestualizzazione dei prodotti, ma il problema di DOOM 3 è proprio che non funziona al 100% di suo, quindi è difficile sorvolare pure sulle problematiche figlie del tempo (probabilmente già avvertibili in minima parte all’epoca). Tolto questo, si tratta di tre titoli significativi (soprattutto i primi due) e potete decidere di acquistarli pure singolarmente. Nonostante tutto, noi siamo per consigliarvi l’intera trilogia; il prezzo è ottimo e DOOM 3 può regalare un’esperienza intrigante che vale la pena di essere vissuta, anche per riscoprire ciò che era nel 2004. Perché sappiamo quello che non è, ma quel che rimane qualche merito lo ha, seppur in maniera grezza. Non vi resta che armarvi di fucile a pompa e solcare quell’inespugnabile soglia degli inferi per scatenare l’ira funesta sui raccapriccianti demoni, rivivendo sulla propria pelle i mitici anni ’90, ma dall’atmosfera del pianeta rosso quale è Marte.

Appassionato di videogiochi sin dalla tenera età di 3 anni, Ismaele scrive per il settore dal 2010 e da allora non si è più fermato. Nutre amore profondo per Nintendo ed i suoi brand, in particolare per quello di The Legend of Zelda. Col tempo, però, ha conosciuto e scoperto tante nuove produzioni, sia odierne che del passato, affinando i suoi gusti e la sua cultura videoludica. Nel tempo perso, ambisce a diventare un game designer ed un compositore-musicista, ma restano sogni chiusi nel cassetto... almeno per ora!