Hitman – Recensione Quarto Episodio “Bangkok”

Avevamo lasciato il nostro agente 47 in un’afosa Marrakesh al termine di una missione non proprio esaltante, con un senso di incompletezza e insoddisfazione. La strada intrapresa ci stava conducendo verso un pendio piuttosto insidioso fatto di opportunità mal caratterizzate, level design non propriamente studiati e ambientazioni piuttosto scialbe. Quando si utilizza la formula del rilascio episodico il rischio non soddisfare le attese dei giocatori aumenta pericolosamente ma dopo aver giocato il quarto capitolo di questo nuovo Hitman: A World of Assassination possiamo dire che quel burrone, per ora, è stato magistralmente scansato. Certo, non possiamo parlare di “Club 27” come del miglior prodotto offerto fino ad ora dai ragazzi di IO Interactive, ma sicuramente il livello qualitativo è tornato quello che ci si aspetta da un brand che in passato è stato più volte sinonimo stesso del genere stealth.

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Così come nella missione di Parigi, il nostro assassino si troverà in una location completamente blindata, un albergo di lusso della capitale dello stato thailandese. Dell’esotico oriente purtroppo vedremo ben poco (un vero peccato, se si ripensa agli splendori della costa amalfitana vista in Sapienza) ma una scelta condivisibile onde evitare il rischio di ritrovarci in una città alquanto spersonalizzata, come del resto era accaduto nella Marrakesh dell’episodio precedente. Sono effettivamente pochi gli elementi culturali che definiscono la location di “Club 27” ma la qualità del level design e un livello di difficoltà leggermente aumentato bastano a rendere questo episodio molto intrigante. Gli interni dell’albergo Himmapan, luogo in cui 47 deve portare a termine la missione, sono sufficientemente curati da essere credibili. Ogni area ha il suo stile, da quello minimal della zona pubblica a quello esclusivo dell’attico con i suoi meravigliosi giardini interni. Fortunatamente possiamo dimenticare gli scialbi ambienti dell’ambasciata svedese visti a Marrakesh.

Come anche nei precedenti episodi in “Club 27” il nostro obiettivo è uccidere due target. Il primo è Jordan Cross, cantante del gruppo indie The Class, nonché figlio del proprietario dell’hotel e responsabile dell’omicidio di una giovane attrice (la cui famiglia si è rivolta all’agenzia per vendetta). Il secondo, molto più accessibile del primo, è Ken Morgan, avvocato della famiglia Cross e responsabile della difesa che ha scagionato il giovane cantante dal brutale assassinio. Già durante la prima run è evidente come ci sia una grande disparità tra le due sottomissioni, in quanto il giovane Cross è un bersaglio molto complesso da isolare. Un intero piano dell’albergo è stato trasformato nel suo personale studio di registrazione, è sempre accerchiato da membri del suo entourage e ha ben due guardie del corpo. Una situazione non facile da gestire se la si confronta con quella di Ken Morgan, il quale gironzola per tutto il tempo della missione nella zona accoglienza dell’hotel accompagnato solamente da un unico uomo di fiducia. Le opportunità offerte dalla missione rispecchiano questa scelta e, infatti, ci saranno ben cinque percorsi narrativi messi a disposizione del team per uccidere la rock star e solo tre, invece, sfruttabili per terminare l’avvocato. La maggior parte di queste sono di ottimo livello, con tempi e modalità di svolgimento del tutto diversi l’una dall’altra. Se, infatti, la relativa semplicità dell’omicidio di Morgan spinge il giocatore a tentare approcci liberi (vero piatto forte per gli amanti dello stealth), uno studio attento dell’ambiente, dei movimenti del personaggio e del suo entourage sono fondamentali per poter passare dalla modalità guidata, quella delle opportunità, alla creatività più totale. Inoltre è proprio una delle opportunità legate all’omicidio di Cross che regalano il nome al titolo dell’episodio, ma non voglio spingermi oltre per non rovinare la sorpresa… anche l’epiteto “il club dei 27” fa suonare più di un campanello di allarme a qualsiasi amante della musica.

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Ammetto che il contentino dell’episodio bonus estivo mi aveva mal disposto, ma non è possibile non ammettere che Bangkok sia un capitolo stimolante. Finalmente, a questo punto del processo di rilascio del titolo, possiamo dire di essere entrati in pieno possesso delle meccaniche di gioco e ciò di cui avevamo bisogno era di un’ambientazione che sapesse stimolare il giocatore ad esplorare a fondo le infinite possibilità che l’approccio sandbox di questo ultimo Hitman ci mette a disposizione. Qualcuno direbbe che la storia è il vero punto debole dell’intero pacchetto. In Bangkok, in particolar modo, il team di sviluppo ha cercato di dare un senso narrativo a quanto visto fin ora, ma confesso che così presa a sperimentare le numerose possibilità messe a disposizione dal gameplay avevo completamente dimenticato i dialoghi delle cut scene. Ma diciamo la verità, in un gioco come questo sono davvero rilevanti? Io credo di no. Su questo argomento ci si potrebbero spendere fiumi di parole, ma non hanno nulla a che vedere con la qualità del gioco. Per concludere, è innegabile il fatto che la perfezione sia ancora lontana ma dopo il tonfo di Marrakesh le paure sul destino di Hitman erano diventate tangibili. Quello che possiamo aspettarci ora è che i ragazzi di IO Interactive sfornino due ultimi capitoli ai livelli di Sapienza e dissipino definitivamente tutti i dubbi sulla qualità e sulle intenzioni dichiarate in quest’ultimo anno. USA e Giappone vi aspettiamo al varco.