Come misura volta alla protezione del diritto d’autore online, oggi la seduta plenaria del Parlamento Europeo ha votato a favore della riforma dell’articolo 11 e dell’articolo 13: il primo introduce la famigerata Link Tax, una procedura grazie alla quale gli editori di contenuti potranno ricevere compensi “consoni ed equi” nel caso i “fornitori di servizi nella società dell’informazione” (in pratica motori di ricerca e social network) dovessero usare i loro contenuti.
Per quanto riguarda l’articolo 13, esso prevede l’implementazione di Upload Filters per impedire agli utenti di violare il diritto d’autore caricando file di qualsiasi tipo su qualsiasi piattaforma. Il suo funzionamento non sarebbe dissimile dalla stessa misura che implementò YouTube già qualche anno fa, il Content ID, che monitora costantemente ogni genere di contenuto che venga caricato sul portale. Questo confronta il file in questione con un enorme database nel tentativo di determinare se corrisponda a contenuti coperti da copyright, caso in cui all’utente verrebbe richiesto di mostrare un’apposita licenza: qualora la licenza mancasse, il contenuto verrebbe cancellato con conseguenze non del tutto chiare per l’utente.
Le perplessità rimangono: com’è possibile introdurre una misura del genere senza ledere irrimediabilmente la libertà d’espressione del cittadino? E se il Content ID di YouTube, costato milioni di dollari, non riesce a garantire risultati affidabili, quanto altro denaro sarà necessario per sviluppare un algoritmo più efficace? Benché tali questioni non siano state ancora ufficialmente discusse, il testo della riforma del copyright passerà a breve all’esame del Trilogo, ossia un incontro a porte chiuse fra i membri del Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo, per poi essere girata di nuovo alla plenaria del Parlamento per un secondo round di approvazione. Qualora dovesse essere approvata passerebbe infine ai singoli Stati.