Il Richiamo della Foresta Recensione | Il ritorno sul grande schermo di una leggendaria storia come Il Richiamo della Foresta è sempre un evento diviso tra tre fronti: chi prova per la prima volta il piacere di scoprirla, chi annega nella nostalgia e nella gioia di riviverla, e chi si prepara a conteggiare in modo puntiglioso tutte le differenze e le mancanze rispetto all’originale e agli adattamenti precedenti. Questa terza categoria, composta da esperti e appassionati storici, rappresenta il pericolo maggiore di riproporre un’opera già trasposta in altre decine di versioni, in quanto sarà inevitabilmente posta sotto accurato esame fin dai primi annunci. Potete facilmente immaginare la mia reazione quando, scandagliando il web, ho notato che alcuni utenti avevano già “recensito” il film malgrado non sia ancora uscito nelle sale, basandosi sui trailer e sul materiale promozionale mostrato. Ma nonostante questa sia la dimostrazione del rischio che si corre nel ripresentare di nuovo un racconto già stampato nelle menti del pubblico, noi siamo qui per trainare una slitta carica di buone notizie. Il Richiamo della Foresta, nella sua versione disneyana in arrivo nei cinema il 20 febbraio, non ha solamente incontrato appieno le aspettative, ma è stato in grado di ripresentare il capolavoro di Jack London con nuova forza, al di là delle incertezze e delle preoccupazioni iniziali.
L’umanità nelle quattro zampe
Parlando per l’appunto delle premesse, non c’è da stupirsi che molti siano rimasti perplessi o quantomeno incerti. La CGI utilizzata per modellare il nostro peloso protagonista non è certamente impeccabile e può far storcere il naso a chi si aspettava un “film sui cani” a la Hachiko oppure 8 amici da salvare, che sebbene siano concettualmente dei buoni paragoni, ben si distanziano dallo scopo di quest’opera. La produzione ha infatti voluto puntare sul donare a Buck i modi e l’espressività tipici dell’uomo, senza tuttavia togliere spessore e profondità al suo viaggio, ma anzi trasformandolo in una vicenda epica che avrebbe probabilmente sofferto da un esagerato realismo. Bastano pochi minuti (e qualche risata) per affezionarsi al cucciolone e accettare le sue imperfezioni, che seppur costanti per tutta la pellicola cadranno in terzo o quarto piano rispetto alla forza registica e artistica di questo adattamento. In sostanza, prima di passare all’analisi vera e propria, chiudiamo questa introduzione con un’affermazione chiara e concisa: Il Richiamo della Foresta è un ottimo lungometraggio e, se state cercando una storia e non un documentario, vi farà facilmente rallegrare di aver trascorso una serata al cinema.
L’opera conta, tra le fila della produzione, di un gran numero di personalità di spicco del mondo dell’intrattenimento. Oltre ad un Harrison Ford perfettamente calato nel ruolo del triste e pentito John Thornton, lo schermo lascia spazio anche a Omar Sy, a Cara Gee e al loro differente ma dolce rapporto con i cani, ben contrapposto alla crudezza degli uomini dell’Alaska – il cui mezzo preferito rimane la famigerata legge del bastone. Alla regia troviamo invece l’esordio nel cinema “live action” di Chris Sanders (Lilo & Stitch, Dragon Trainer), spalleggiato da Michael Green, sceneggiatore già di un altro classico letterario anglosassone, Assassinio sull’Orient Express. L’esperienza di questi artisti si nota nell’eccezionale ritmo di narrazione, mai incline a tempi morti o rallentamenti, e nella realizzazione di un Buck molto eloquente, a tratti cartoonesco, in grado di trasmettere il proprio stato d’animo allo spettatore con un semplice e limpido sguardo. Ne sussegue che il film è un flusso ininterrotto di avvenimenti di grande impatto, che ben rappresentano la crescita emotiva sia del cane che del suo compagno umano. Il gioco di parole, qui, cade fin troppo a pennello per essere lasciato a parte.
A song to the wild
Il vero protagonista indiscusso del comparto artistico de Il Richiamo della Foresta, che accompagna personaggi e spettatori dall’inizio alla fine, è l’incredibile colonna sonora. Le tracce utilizzate nella pellicola possiedono una forza e una capacità evocativa di alto livello, che in molte scene parleranno al pubblico al posto della voce degli attori. Se già solo la varietà e la sincronia con le immagini sono da premiare, va aggiunto l’ulteriore carico emotivo che la musica dona alla già potente espressività di Buck e del resto del cast, contribuendo alla costruzione di sequenze che facilmente rimarranno impresse nella vostra mente, anche dopo essere usciti dalla sala. Alcuni elogi vanno anche alla regia, che ci regala stupende ambientazioni naturali, la cui vastità si affianca ai minuscoli interni delle abitazioni. A volte sono però presenti dei piccoli tocchi di CGI di cui ne avremmo fatto volentieri a meno, difetti fortunatamente limitati e che occupano una minuscola parte del film.
Quando i cani diventano supereroi
Ora che abbiamo snocciolato i meriti, facciamo dietrofront e spendiamo qualche parola in su cosa, invece, non ci ha totalmente convinto. Pur non togliendo nulla alla qualità dell’adattamento, il desiderio di trasmettere l’epicità del viaggio dei protagonisti ha portato alla presenza di alcune esagerazioni narrative, per nulla nascoste, che spesso e volentieri tagliano l’immersione e lasciano un senso di confusione. Il giorno diventa improvvisamente notte, la tempesta si trasforma in tempo sereno con un banale movimento di camera, e alcune imprese compiute da Buck sfiorano l’inverosimile quel tanto che basta a rendere poco credibile la scena. È vero che non è propriamente corretto parlare di concreto realismo in un’opera come questa, ma ciò non toglie che un pizzico di ridimensionamento avrebbe potuto cancellare quel velo cartoonesco che talvolta copre più del dovuto il racconto.
E proprio in merito a questi ultimi punti, ecco che ci tocca parlare di un elemento che, ormai, viene da tanti temuto e beffeggiato: l’impronta Disney. Come c’era tra l’altro da aspettarsi, la storia è stata ritoccata per eliminare alcuni dei suoi momenti più crudi e ferali, oltre che renderla accessibile anche ad un pubblico più giovane. Nel complesso, tuttavia, ci sentiamo di dire che questo non ha affatto danneggiato il prodotto finale e anzi, ha permesso la rimozione di alcuni eventi che, a nostro parere, lo avrebbero appesantito al punto da renderlo sgradevole, se mal gestiti. Non aspettatevi quindi una fedele trasposizione 1:1, quanto più un racconto in chiave epica delle vicende di un giocoso animale domestico che, tra un’avversità e l’altra, cercherà di trovare il suo posto nel mondo, un augurio che facciamo anche a questa deliziosa pellicola.
Giungiamo alla conclusione ribadendo il nostro punto di vista. Il Richiamo della Foresta è un film carico di simpatia, emozione e pathos, che sa come deliziare il proprio pubblico. Chi non ha mai conosciuto la storia di Buck, chi vuole riviverla e chi vuole riscoprirla: l’opera è pensata per tutti, con un profondo rispetto per l’originale e allo stesso tempo l’inarrestabile voglia di donare un nuovo vigore e una rinata potenza ad un racconto che già ha lasciato più volte la propria impronta. Ci sarà inevitabilmente da sopportare qualche esagerazione e alcuni difetti della CGI, ma siamo sicuri che anche voi, superate queste avversità, sarete in grado di udire il richiamo.