The Guy VR Recensione: Inception (ma con la birra)

The Guy VR Recensione

The Guy VR, al momento in cui scrivo questa recensione, è il titolo di un gioco puzzle-platform in realtà virtuale che “prima aveva un altro nome”. Ma prima quando? Quanto? E perché ha cambiato nome? Tutte domande alle quali risponderò in questo pezzo, e che però, a dire il vero, non hanno molto a che vedere con il fatto centrale della questione. The Guy VR tenta di essere scanzonato, simpatico e leggero. Innovativo? No, quello decisamente non lo è. Ma sicuramente, cerca di essere più vario possibile. Con qualunque nome lo si chiami, però, The Guy VR riesce solo parzialmente nell’impresa. Che, oltretutto, di sicuro è più semplice da portare a termine su dispositivi VR con controller adeguati alla mission del gioco: morire a ripetizione.

The Guy VR Recensione

The Guy VR: ma non aveva un altro nome?

Leviamoci subito il dente, in modo che non resti per tutto il testo a languire incuriosendovi oltre misura. “The Guy VR” prima si chiamava “Sui**de Guy”. Perdonatemi, lo premetto, se mi trovo a dover censurare la parola in questione, ma a Google non piace sentir parlare di tematiche autolesioniste. Ancor meno, se poste in un contesto, quello ludico, accessibile teoricamente, sempre secondo i suoi algoritmi, a un pubblico vario e vasto per età ed estrazione. Lo stesso deve valere, evidentemente, per Steam e compagnia, che qualche tempo dopo la pubblicazione del titolo hanno costretto gli sviluppatori a un cambio di nome immediato. Pena l’espulsione definitiva dagli shop. Me li immagino: radunati intorno a un tavolo a chiedersi come cambiare titolo al gioco senza snaturarne l’essenza irriverente e caricaturale. Per poi decidere che “ma sì, chiamiamolo tipo -IL TIPO- e facciamola finita” (non letteralmente, non equivochiamo mi raccomando). 

Ciò che, però, è ancor più esilarante del gioco stesso è che, di fatto, il titolo è rimasto lo stesso nella sostanza e nel gameplay. E propone, quindi, gli stessi puzzle, con le stesse citazioni e gli stessi espedienti. Nonché, la stessa meccanica fondamentale: la morte autoinflitta del giocatore nei più svariati modi possibili. Giù da un grattacielo, con un treno spalmato in faccia o arrampicandosi sul tetto di una chiesa passando per una sezione platform sulle travi della suddetta. Ci sono anche sezioni decisamente meno realistiche, più cartoonose o addirittura “citazionistiche” di altri videogiochi arcinoti in circolazione. Ma in generale, mi sento di affermare con assoluta sicurezza che è davvero difficile sentirsi offesi dal titolo, che mette in chiaro fin dal principio la sua natura caricaturale. Del resto, ricordiamoci perché siamo chiamati a morire più volte che in un qualunque Souls: perché il protagonista, un omone metà birra e metà junk food, si addormenta ripetutamente sul divano davanti alla tv. E ogni volta, nei sogni che viviamo in VR con lui, dobbiamo svegliarlo nell’unico modo “Inceptionesco” possibile. Appunto, morendo.

The Guy VR Recensione

Vi “ammazzerete” dal ridere (o forse no)

Dunque The Guy VR è basato su di un concept che può apparire offensivo, ma non lo è, e lo dimostra, come succitato, con uno stile grafico e una palette cromatica vivacissimi e iper caricaturali/stilizzati. E poi, i versi emessi dal nostro “panzuomo” (nessun body shaming in corso: il protagonista è volutamente la caricatura dell’uomo medio “abbrutito” di fronte alla tv) non lasciano spazio a interpretazioni: The Guy VR non ha nessun intento e nessuna possibilità di spingere chicchessia all’estremo gesto. Semmai, questo è un rischio ben più concreto, il gameplay altamente ripetitivo rischia seriamente di “annoiarvi a morte” dopo pochissimi stage. Le situazioni proposte, pur se varie e ambientate in location fin troppo dettagliate per l’entità (e il costo in termini economici) del titolo, vanno affrontate praticamente tutte con le stesse dinamiche di problem solving. E si riducono nella maggior parte dei casi a sessioni di platform in VR. Un plauso che vorrei fare, però, a The Guy VR è il non avermi mai provocato alcuna motion sickness. Probabilmente, complice la bassissima velocità di movimento del protagonista. Che però, se da un lato risolve il problema della nausea da realtà virtuale, dall’altro incrementa notevolmente i tempi di completamento degli stage. Alcuni su tutti, dato che sbagliando un percorso platform, ad esempio, non avremo nemmeno il privilegio, che so, di una gamba rotta; un espediente qualunque che ci porti lentamente, ma inesorabilmente al prossimo sogno. No: dovremo ritentare il percorso praticamente da capo. Piano… piano… piano.

The Guy VR, insomma, si impegna davvero molto nel proporre livelli ora assurdi, ora più realistici; ora in cima a un grattacielo, per valorizzare l’effetto WOW della realtà virtuale. Ora in una specie di stage alla Super Mario, strizzandoci l’occhio febbrilmente nella speranza che la citazione sia sufficiente a strapparci un sorriso. Ma la verità è che i limiti del gameplay, e soprattutto i problemi tecnici disseminati praticamente ovunque nel gioco, minano fortemente qualsivoglia forma di divertimento. All’inizio, magari, potremo rimanere sorpresi per il rapporto prezzo-quantità di livelli proposti. Subito prima di accorgerci che sono tutti,. o quasi, sottili variazioni della medesima situazione, vestite con abiti differenti per dissimulare la ripetitività di The Guy VR.

The Guy VR: in conclusione: Sony, servono nuovi controller!

A parte tutto quello che avete potuto leggere in questa recensione di The Guy VR, dovete sapere che ho avuto l’onore e l’onere di testarlo su PSVR. Un visore economico che, però, non ho mai smesso di elogiare. Né su queste pagine, in altre recensioni passate, né con chi mi conosce in privato. Sono sinceramente convinto del fatto che come entry-level nel mondo dei giochi e dei multimedia in realtà virtuale, il PSVR sia un pezzo di hardware rispettabilissimo. Tuttavia, lo stesso non si può dire dei due controller proprietari sony: i MOVE. Ereditati dalla lontana, ormai, PS3, sono diventati ingestibili in un momento storico che ci ha abituati a precisione millimetrica, semplicità di utilizzo ed estetica accattivante. I MOVE falliscono in tutte e tre le categorie, dimostrandosi inefficaci PERSINO e soprattutto, con videogiochi dall’animo semplice come The Guy VR.

Piattaforme: PSVR, Oculus, PC VR

Sviluppatore: Chubby Pixel

Publisher: Chubby Pixel

Non c’è molto altro da dire sul titolo. The Guy VR, sia prima che dopo il cambio nome, era e rimane un gioco mordi e fuggi, un puzzle game che non ha nessuna velleità di complicarsi la vita. O di complicarla (e movimentarla) al giocatore. Il concept apre a scenari variopinti e improbabili, che però The Guy VR sfrutta solo in parte. Finendo, in realtà, a giocare sempre con le stesse regole, monotono e ripetitivo in brevissimo tempo. I Bug che rendono ancor più complessa la vita ai giocatori di certo non aiutano a sopperire alle mancanze creative, né lo può fare lo stile grafico/artistico ridotto all’osso. E non, a mio avviso, nel modo migliore possibile. C’è modo e modo di essere “caricaturali” senza apparire “raffazzonati”. Ma l’impressione che lascia l’estetica di The Guy è, tristemente, proprio quella di essere un titolo “tirato via” graficamente. Cosa che, ne sono quasi certo, probabilmente invece non è. I controlli, infine, almeno per la mia esperienza sono risultati invalutabili. I Play Station MOVE, semplicemente, si meritano una pensione quanto prima. Tuttavia, The Guy VR ha un costo talmente esiguo che, nel panorama dei giochi puzzle VR, uno spazietto potrebbe trovarlo. Il problema, è che a poco più ci sono esperienze ben più intrattenenti, varie e variegate di lui, come Super Hot (giusto per citare il migliore tra i migliori).

VOTO: 6.5

Vive in simbiosi con la sua Switch, segnato da un'infanzia vissuta solo sulle console Nintendo portatili. Persino la sua prima console Sony è stata la portatile PSP, il che è tutto dire. Monta video da quando erano ancora di moda gli AMV su Dragon Ball, e si usava Movie Maker pensando di essere i nuovi Spielberg. Malato di giochi competitivi ed E-sport, ma anche dal lato opposto dello spettro di GDR e Story Driven, pochi titoli si salvano dalle sue spire, e solo perchè ogni tanto deve anche nutrirsi e dormire. Ha scritto questo testo, ma di solito non parla di sè in terza persona. Così, per dire.