Fairy Fencer F – Recensione

Fairy Fencer F Advent Dark Force

Dopo anni passati a pubblicare episodi numerati e spin-off della serie Hyperdimension Neptunia, lo studio giapponese Compile Heart tenta di seguire la via di quel ruolismo light fantasy da molti ostentato in altre produzioni PS3. Nel farlo, tuttavia, finisce per cascare in quegli stessi stereotipi e nei soliti cliché che ormai caratterizzano la quasi totalità dei prodotti J-RPG a basso budget. Cercate un’avventura dai toni spensierati, magari caratterizzata da un’estetica anime-like zuccherosa e un intreccio in bilico fra l’epico e il demenziale? Potrei farvi il nome di almeno altri venti titoli con le medesime caratteristiche usciti in tempi recenti su PS3 e, suo malgrado, anche Fairy Fencer F rientra nel gruppetto ben assortito. NISA, Gust, Compile Heart e tanti altri studi di sviluppo minori hanno creato un vero e proprio impero basandolo su ragazzine scosciate, eroi atipici e valori di produzione bassissimi.

fairy fencer f (1)

Il protagonista, un ragazzino svogliato e dalla pettinatura impossibile, entra casualmente in possesso di una reliquia in grado di renderlo potentissimo e in tutta risposta cerca un modo per evadere da quelle che sono le sue nuove responsabilità di personaggio principale, facendosi rinchiudere in una prigione. L’incipit è proprio una sequenza testuale che descrive la sua “fuga dalle carceri”, corredata da doppiaggio (buono quello giapponese, appena sufficiente quello americano) e qualche illustrazione animata per fornire la minima caratterizzazione grafica dei personaggi. I toni sono ovviamente quelli della commedia fantasy: un anti-eroe pigro e interessato solo al cibo e ai soldi si incontra (e si scontra) con la voce della coscienza rappresentata da una fatina svestita dalla voce squillante.
Il cast di comprimari che da lì a poco si unirà ai due protagonisti non si discosta poi molto dallo spirito demenziale – con improvvise e a volte discutibili evoluzioni pseudo drammatiche – di cui il titolo pare fregiarsi. Purtroppo l’incedere narrativo non riesce a incontrare uno sviluppo degno di tal nome, e la scelta di raccontare velocemente e in modo leggero gran parte delle tappe fondamentali della trama principale porta a infrangersi maldestramente in uno dei tre epiloghi possibili proprio quando ci si aspetterebbe una stratificazione narrativa maggiore.

[quotedx]Purtroppo l’incedere narrativo non riesce a incontrare uno sviluppo degno di tal nome[/quotedx]
Chi è passato in precedenza tra le fila di questi RPG nipponici a basso budget sa già cosa aspettarsi, ma per tutti coloro che fossero alla ricerca di un’avventura leggera è d’obbligo segnalare la presenza di una mole di testo piuttosto importante. Paradossale, visto che gran parte dei discorsi intavolati dai protagonisti potrebbero essere sintetizzati in poche frasi e risultare comunque comprensibili. Lo sviluppo dei personaggi è affidato infatti a verbosi siparietti in cui gli interpreti, in tutta libertà, possono anche spendere svariati minuti a parlare dei loro cibi preferiti o di altre amenità che non tutti potrebbero essere pronti a subire, specie quando le premesse del titolo rimangono quelle di un J-RPG fantasy con un fondo di trama e qualche (raro) momento indovinato. Una linea narrativa fulminea, se si considerano i soli eventi legati alla trama principale, diviene tuttavia il punto di forza di questa divertente produzione, che dal suo canto ripiega costantemente su stilemi e stereotipi ormai divenuti tutt’uno col ruolismo videoludico giapponese.

fairy fencer f (2)

Il problema maggiore del gioco risiede nel comparto prettamente ludico, praticamente scevro da qualsivoglia pretesa di sfida. Il titolo è completabile velocemente e in modo indolore in qualche decina d’ore, senza davvero impegnarsi nell’approfondire un sistema di gioco praticamente ricalcato su quello delle serie Mugen Souls e Hyperdimension Neptunia. Oltre a punti esperienza accumulabili per aumentare i parametri dei protagonisti, a ogni vittoria verranno anche inanellati “weapon points” da spendere nell’apprendimento di abilità passive, mosse speciali e quant’altro possa aiutare la loro evoluzione. Il sistema di battaglia prevede la possibilità di muovere i personaggi seguendo un sistema di turnazione che tiene conto della velocità degli “attori” in campo, laddove ogni colpo, mossa speciale e quant’altro è eseguibile solamente all’interno di uno spettro d’azione limitato. La trama introduce poi una caratteristica di nome “Fairize” che di fatto corrisponde alla trasformazione in Dea in Hyperdimension Neptunia. Insomma, una sorta di bonus temporaneo alle statistiche soggetto al riempimento di un’apposita barra, che corona il sogno di ogni appassionato di show sulla falsariga di Super Sentai/Power Ranger; il tutto accompagnato da una sequenza di trasformazione con tanto di sigla dedicata.

[quotesx]Il titolo è completabile velocemente e in modo indolore in qualche decina d’ore[/quotesx]
Ovviamente il motore ludico introduce diversi elementi addizionali, come la possibilità di influire attivamente sulle caratteristiche dei dungeon esplorabili, abilità uniche legate ai singoli protagonisti e un sistema di concatenazione dei colpi durante le battaglie. Non manca nemmeno un basilare sistema di crafting, fondamentale se si vuole approfondire con la giusta serietà tutto ciò che non concerne l’avventura principale, ma quasi mai mi sono trovato davvero invogliato a farlo, soprattutto considerando quanto la scarsa calibrazione della difficoltà non facesse nulla per spingermi in tal senso.

fairy fencer f (4)

Insomma, gli sforzi profusi dal team di sviluppo per infarcire il prodotto di caratteristiche interessanti viene vanificato dallo squilibrio che interessa la calibrazione della difficoltà dell’avventura. Si potrebbe dire, infatti, che Fairy Fencer F inizi solamente a postumi, quando la trama principale può considerarsi completata e un po’ di missioni secondarie si rendono disponibili. Mi sembra francamente inconcludente imbastire una formula ludica praticamente incentrata sul solo post-game e sugli eventi opzionali: una scelta che comunque farà la gioia di “completisti” e irriducibili. Tuttavia il mio pensiero va a quell’utenza che dai J-RPG esige qualcosa di più di una serie sconnessa di missioni da completare a furia di combattimenti, grinding e crafting selvaggio, e credo che lo scarso appeal generale dell’opera non riesca a coprire le lacune segnalate poco sopra.

Come accennato in precedenza, il profilo tecnico non si discosta poi molto dai titoli già sviluppati in passato da Compile Heart, proponendo una modellazione poligonale sommariamente povera, indicativa di quello che potrebbe essere una resa tridimensionale di un cartone animato giapponese. Certo, esteticamente i personaggi rimangono l’elemento più affascinante e meglio caratterizzato dell’intera produzione, ma purtroppo non possono contare su un reparto di animazioni all’altezza. La regia dinamica che sottolinea le mosse speciali e i momenti più drammatici riesce, in parte, a donare un aspetto quasi decente all’azione su schermo, ma è inutile dilungarsi sui pochi punti a favore del claudicante reparto tecnico quando, al netto di una realizzazione poligonale da PS2, il motore grafico dà segni d’incertezza e gli FPS non riescono ad ancorarsi a una cifra stabile. L’ormai standardizzata direzione artistica non aiuta di certo nel rendere indimenticabile l’avventura di Fang e soci, anche considerando l’apporto di Nobuo Uematsu alla colonna sonora e la collaborazione con Yoshitaka Amano (rispettivamente compositore e illustratore legati storicamente alla serie Final Fantasy).