Monster Hunter Generations – Recensione

Poco meno di un anno e mezzo separa la release di Monster Hunter Generations dal suo predecessore, quel Monster Hunter 4 Ultimate che ha finalmente consolidato in occidente il successo di un franchise che in Giappone continua a stupire e a segnare record su record ad ogni uscita, grazie ad un gameplay cooperativo che negli anni viene rifinito ed ampliato con saggezza, senza mai eccedere con le innovazioni e permettendo ai fan di esplorare ogni nuova versione del gioco sì con familiarità, ma godendo anche di un senso di freschezza sorprendente per una serie che, nelle sue meccaniche base, rimane sempre molto simile a sé stessa. È dunque spontaneo chiedersi come si colloca questo nuovo capitolo sulla scala qualitativa dopo che 4 Ultimate ha alzato l’asticella sotto tutti i punti di vista, che si tratti di narrazione, contenuti, novità di gameplay od opzioni di gioco, divenendo l’episodio di maggior successo al di fuori del mercato nipponico. Non ci discostiamo dalla tradizione delle cacce in multiplayer tra 4 amici, ma il lavoro svolto in campo creativo ci presenta un pacchetto molto interessante e meglio studiato – quanto ad equilibrio tra contenuti, innovazioni e fruizione – rispetto al passato.

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LA CACCIA HA DI NUOVO INIZIO

Monster Hunter Generations si pone come punto d’arrivo, una summa delle esperienze maturate negli anni, presentandosi come una sorta di “Best Of” che racchiude al suo interno molto di quanto visto nelle precedenti iterazioni, introducendo però variazioni sensibili che hanno il potenziale di instaurarsi come cardini per il futuro. Il villaggio di Berhna è il luogo che ci accoglie come novelli cacciatori: tra valli e montagne prendiamo confidenza con uno scenario che sembra decisamente slegato a quanto siamo abituati, permeato di un’atmosfera rilassata che si presta come crocevia di numerosi personaggi del passato, come il carovaniere, e in cui i lanosi Moofah hanno preso il posto dei simpatici Poogie. Una semplicità di fondo che pare evidente fin dai primi istanti, non essendoci grandi crisi o pericoli di fondo mostrati al giocatore che, anzi, viene introdotto nel villaggio senza alcun filmato introduttivo né mostri temibili da cui guardarsi: sono lontani i tempi in cui il feroce Tigrex ci spediva senza sensi a Pokke o il capo di Moga ci chiedeva di fare qualcosa per fermare il temibile Lagiacrus e ci accingiamo a compiere le missioni presentateci semplicemente per studiare la struttura della Wyccademia… e godere della cucina locale, curiosamente incentrata sulla fonduta e le sue tante varianti. In quest’ottica più leggera del consueto, la sequenza di eventi si dipana da un dialogo all’altro, sbloccando di volta in volta missioni differenti e nuove opzioni di interazione negli altri villaggi, raggiungibili con un semplice tocco sul pannello touch. Il gioco traccia i nostri progressi anche in funzione delle richieste fatteci dai vari abitanti, indicando quanto sia consistente il nostro impegno a Kokoto, Pokke, Yukumo e Behrna ed è facile avanzare sbloccando le missioni chiave semplicemente rispondendo alle necessità evidenziateci di volta in volta. Si è cercato di offrire un grado di progressione meno legato alla separazione classica tra low rank, hi rank e grado G, spingendo maggiormente sulla diversificazione delle sfide e sulla qualità dei nuovi mostri inseriti. Mizutsune, Gammoth, Glavenus e Astalos (a cui aggiungere Malfestio) sono spettacolari per portata scenica e forieri di nuove sfide, introducendo nuovi status alterati creati appositamente per cambiare le carte in tavola – comandi invertiti e tendenza a scivolare in continuazione… cosa può esserci di peggio?

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Al centro delle innovazioni introdotte in Monster Hunter Generations ci sono sicuramente gli Stili e le Arti. I primi sono quattro diversi modi di utilizzare le quattordici armi a disposizione, talmente ricercati e unici nel loro approccio da poter letteralmente moltiplicare il numero di discipline da padroneggiare, mentre le seconde sono abilità speciali attivabili dopo aver caricato una speciale barra da riempire giocando in maniera aggresiva: che siano colpi potenti, difese speciali o effetti extra, possono ribaltare l’esito di uno scontro quando meno ce lo si aspetta. Ogni arma è stata non solo rivista e aggiornata nelle sue basi, ma anche modificata nel comportamento a seconda dello stile utilizzato: lo stile GIlda è il più tradizionale e molto simile a quanto visto in Monster Hunter 4 Ultimate – pur introducendo variazioni sensibili – mentre le prime, vere, modifiche si vedono con lo stile offensivo, più semplice ma che consente di equipaggiare il massimo numero di Arti (tre) rivelandosi  quindi potenzialmente più indicato per tenere i mostri costantemente sotto attacco. Lo stile Aereo sacrifica parte della mobilità consentendo di utilizzare i mostri come “trampolino” per dare il via a mosse aeree spettacolari, anche con armi insospettabili come i pesanti martelli o le rigide balestre.

Lo stile Ombra è indicato per i cacciatori che hanno grande fiducia nel proprio tempismo, permettendo di evitare qualsiasi attacco con una schivata eseguita al momento giusto, a cui è possibile mettere in coda – negli istanti immediatamente successivi – caricamenti speciali o difese potenziante. L’apprendimento di queste nuove sfumature di gameplay richiede tempo e dedizione, compensando senza fallo la minore quantità di contenuti rispetto a Monster Hunter 4 Ultimate. Si mettono in discussione dogmi sacri della serie, percependo freschezza e divertimento come raramente capita in un titolo che è un sequel così ravvicinato, trasformando armi insospettabili in vere dispensatrici di danni, semplicemente introducendo piccole innovazioni come gli oli che aggiungono potenziamenti alla Spada e Scudo o finestre di invincibilità per armi che solitamente rendono il cacciatore molto vulnerabile. Altro elemento di indiscusso peso in ambito novità è legato ai compagni Felyne, che ora godono di una cura decisamente maggiore in ogni loro dettaglio, potendo realizzare il proprio equipaggiamento in maniera più rapida e semplice e disponendo di una serie di abilità sempre crescente che permette di plasmarli a seconda dello stile di gioco del cacciatore. Non è neanche necessario perdersi a cercarli nelle mappe, in quanto vi è un personaggio preposto al loro reclutamento: basta parlarle e in breve un nuovo micio si aggrega alle nostre fila, pronto ad essere lanciato in missioni Cacciamiao con un simpatico minigioco semplice e meno impegnativo rispetto al passato. Cacciamiao è però sinonimo di una modalità totalmente nuova per la serie, in quanto ci permette di controllare in direttamente i nostri compagni felyne in battaglia. (ve ne parleremo maggiormente poco sotto, nel box dedicato)

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L’approccio più snello si nota anche nelle sfide più impegnative: su tutti i mostri Devianti, 12 varianti di mostri classici dotati di caratteristiche speciali (siano esse fisiche o nei pattern d’attacco) sbloccabili con i punti acquisiti in gioco e affrontabili in cacce di difficoltà crescente per ottenere i loro set dedicati, unici nel gioco in quanto dotati di abilità “esclusive”: generalmente mettere le mani su uno di questi set permette di ottenere un vantaggio evidente in battaglia, e diventano dunque obiettivo principale di ogni giocatore che vuole dare il meglio nella fase finale. Si può dire che i Devianti prendano il posto delle vecchie Guild Quest ed è un peccato che non si sia provato a creare versioni alternative anche di altre specie. Per quel che concerne invece le meccaniche di combattimento maggiormente incentrate sul temporeggiare e attaccare punti precisi del corpo, entrano in gioco i mostri Iper, versioni potenziate delle specie conosciute, fisicamente simili all’aspetto ma caratterizzate da globi rossi su alcune parti del corpo che aumentano la pericolosità dei colpi sferrati con gli arti avvolti dall’aura. Quest’aura tende a spostarsi durante i combattimenti e consente di caricare più velocemente la barra delle arti. Affrontarli in maniera aggressiva è dunque un rischio calcolato e segna la differenza tra caccia tradizionale e padronanza dei propri mezzi.

Si potrebbe parlare per ore dei contenuti di gioco, ma non si deve assolutamente soprassedere sull’incredibile lavoro in campo tecnico svolto da Capcom: Monster Hunter Generations è senza dubbio il titolo visivamente più impressionate visto sulla portatile Nintendo, offrendo una pulizia video senza pari – verrebbe da dire “antialiasing all’opera” in alcuni momenti – ed effetti sulle superfici che stupiscono quando gestiti da una console il cui output si ferma ad un vetusto 240p. Anche nel raffronto tra l’hardware 3DS originale e i modelli “New”, il titolo esprime una solidità invidiabile e se ad un primo sguardo non si notano grosse differenze, si possono scorpire poco per volta dettagli sempre più ricercati. È l’insieme che funziona: rinunciando all’aumento del framerate – spinto quanto possibile invece in 4 Ultimate – i nuovi hardware vanno a puntellare ciò che serve nei punti in cui c’è margine per sfruttare ram e clock aumentati e i momenti in cui vi perderete nello stupore non mancheranno, tra trasparenze, riflessi e lens flare studiati a dovere, pronti a sottolineare aurore boreali, tramonti e cieli stellati. Una solidità tecnica che si conferma anche nell’infrastruttura multiplayer, del tutto simile a quella del precedente episodio e sufficiente a garantire le consuete centinaia di ore di gameplay che abbiate amici nelle immediate vicinanze o online.

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SCOPRIAMO LA MODALITÀ CACCIAMIAO 

La serie di Monster Hunter è rinomata per la sua complessità: è risaputo che ci voglia una quantità spropositata di ore per comprendere le meccaniche del gioco. Tra drop vari, combinazioni di oggetti e numerosi armi, può capitare che i neofiti si sentano spaesati e siano perciò restii ad iniziare la caccia: Monster Hunter Generations, introducendo la modalità dei Cacciamiao, è riuscito nell’impresa di accontentare un po’ tutte le tipologie di giocatori. Ci sono tanti motivi validi per decidere di giocare come gatti, oltre all’ovvia nozione che siano decisamente più carini di qualsiasi cacciatore rivestito da strati di armature, ma la più valida è solamente una: è decisamente più accessibile. Da Cacciamiao non abbiamo bisogno di utilizzare oggetti, non soffriamo gli effetti ambientali di caldo e freddo, possiamo correre all’infinito senza consumare stamina, vediamo in automatico dove siano i mostri ed abbiamo accesso facilitato a nuove armature ed armi. Attenzione però: ciò non significa che il gioco sia effettivamente più facile, perché siamo decisamente piccoli e fragili, attacchiamo con meno potenza e subiamo di più l’ira dei giganteschi mostri. Tutti quanti vogliono essere gatti, sia apprendisti che esperti, per godersi l’avventura liberamente o sfidarsi in maniera decisamente diversa.