Peaky Blinders Mastermind Anteprima: ferisce più il cappello che la spada

Peaky Blinders Mastermind

Quando penso a Peaky Blinders, la serie TV della BBC che qui in Italia abbiamo visto sulle più note piattaforme di streaming, non mi vengono certo in mente cose come i viaggi nel tempo: la storia della famiglia irlandese-romanica degli Shelby, e dell’ascesa del loro impero criminale in un’Inghilterra devastata dai postumi della Grande Guerra, sembra molto lontana da concetti fantascientifici come lo spostamento tra epoche diverse, a meno che non si voglia tornare indietro per uccidere un Winston Churchill ancora in fasce ed impedirgli di mandare l’ispettore Campbell a mettere i bastoni fra le ruote di Tommy e dei suoi affiliati. Detto ciò, come avrà fatto dunque FuturLab, software house indipendente responsabile di Velocity Ultra e dello strabiliante (?) simulatore di idropulitrice PowerWash Simulator, ad introdurre una nozione del genere in un contesto tutto sommato realistico come la Birmingham degli anni ‘20? Ebbene, incredibile a dirsi, non solo ci sono riusciti ma sono anche rimasti assolutamente fedeli alla licenza e alla storia raccontata dagli intermezzi fra un livello e l’altro, complice il patrocinio di Steven Knight. Se le schermate in-game potrebbero farvi pensare ad uno strategico sulla falsariga di Commandos, Desperados o Shadow Tactics: Blades of the Shogun, non siete poi così lontani dalla verità: Peaky Blinders Mastermind pone infatti l’accento sulla gestione strategica dei personaggi che andremo a controllare in ciascuno scenario, sulle abilità peculiari a loro disposizione e sulla sincronicità delle azioni da compiere per raggiungere gli obiettivi che di volta in volta vengono aggiornati, motivo per cui avremo il potere di riavvolgere il tempo e cambiare alter ego fino ad individuare la corretta sequenza di passaggi da compiere. Questa breve anteprima copre soltanto i primi tre schemi del titolo, ma mi ha comunque offerto la possibilità di analizzare alcuni dei suoi aspetti più interessanti, come pure di scorgerne qualche altro che mi ha lasciato invece perplesso.

Io ragiono, così non devi farlo tu

Tanto per cominciare, la trama offre già degli ottimi risvolti per gli amanti del telefilm: non si tratta di una ripetizione in forma digitale degli episodi più salienti, bensì di una storia inedita ambientata prima che la famiglia Shelby consolidasse il proprio dominio nel quartiere di Small Heath, quando Tommy e gli altri blinder erano appena tornati dal fronte. L’incipit è il seguente: per celebrare il rimpatrio, quest’ultimo vuole organizzare una festa durante la quale far scorrere fiumi di alcool ma, sebbene il Garrison sia ben fornito quanto a whiskey e liquori di ogni tipo, l’occasione richiede di essere officiata con qualcosa di speciale. Entrano in scena i Gilroy, una gang creata appositamente per il gioco, che guarda caso trafficano proprio in champagne, dunque sarà compito di Tommy infiltrarsi nel loro deposito e recuperare tutto l’occorrente per la festa. Nel corso delle missioni successive, avremo modo di controllare altri volti conosciuti della serie che abbiamo imparato ad amare (o forse no) come la matriarca Polly, Ada o il giovane Finn, mentre almeno da principio non sembrano esserci figure riconoscibili tra gli antagonisti, anche se l’ultimo dei tre scenari che ho affrontato getta le basi per un conflitto con i cinesi, una delle fazioni alleate con gli Shelby all’inizio della serie.

La genuinità è un aspetto cui FuturLab ha dedicato estrema cura, soprattutto a livello estetico: lo stile grafico, per quanto molto colorato e “fumettoso”, riesce a catturare con efficacia le fattezze e tutta l’espressività dei protagonisti, ed a riprodurle tanto negli interludi, realizzati come fossero degli acquerelli in movimento, quanto nel gioco vero e proprio, che vanta un invidiabile connubio di modelli poligonali senza sbavature, animazioni fluide, texture differenziate e variopinte ed un’interfaccia grafica che si amalgama bene con i fondali, il tutto tenuto assieme da un’eccellente colonna sonora. Trattandosi di una produzione su licenza, gli sviluppatori di Brighton hanno scelto di utilizzare le sonorità dei Feverist, una delle band che aveva già collaborato con la serie, per incidere una serie di tracce aggiuntive davvero orecchiabili che regalano un’impronta autoriale molto simile a quella televisiva. Unica pecca, i dialoghi sono narrati con semplici sottotitoli e c’è un’assoluta mancanza di parlato, perché condire il tutto con qualche scambio di battute in dialetto Brummie non avrebbe certo guastato, anzi.

Peaky Blinders Mastermind: niente è paragonabile a quell’istante

Ma parliamo del gameplay perché, vista la natura del materiale originale, sarebbe stato plausibile aspettarsi un qualcosa sulla falsariga di Mafia, Scarface: The World is Yours o, naturalmente, Grand Theft Auto in salsa Peaky Blinders: invece, come anticipato, FuturLab ha scelto di percorrere un sentiero meno battuto e di confezionare un prodotto in grado di ribaltare qualsivoglia aspettativa, ossia una sorta di puzzle game con una particolare dinamica incentrata sulla manipolazione temporale. Di fatto, l’ispirazione primaria per questa singolare meccanica di Peaky Blinders: Mastermind viene dalla straordinaria capacità posseduta da Thomas Shelby di formulare dei piani incredibilmente meticolosi, dove le azioni dei soggetti coinvolti, che ne siano consapevoli o meno, si incastrano alla perfezione: in tal senso, possiamo perciò manovrare Tommy in modo che corrompa una guardia per tenere una porta aperta, varcarla con Ada per distrarre un altro sorvegliante al di là della stessa e lasciare che Finn si avvicini alle sue spalle per rubargli una chiave che porta appesa alla cintura. I gesti compiuti si collocano all’interno di una linea temporale come fossero dei “segnalibri”, e il gioco ci consente di saltare da uno all’altro per organizzare le mosse degli altri alleati e trovare la congiuntura migliore per oltrepassare gli ostacoli, riavvolgendo gli accadimenti tutte le volte che lo riterremo opportuno. Naturalmente, il punteggio viene calcolato sul tempo di completamento effettivo, perciò è nel nostro interesse provare diversi approcci ed eseguire quelli corretti senza perdere troppi minuti preziosi a tergiversare.

Ho parlato di rompicapo proprio perché la sensazione che mi ha dato Peaky Blinders Mastermind è stata quella di studiare i pezzi di un’insolita partita a scacchi, e l’appagamento di inanellare la giusta combinazione di movenze è notevole: resta da vedere se le dinamiche continueranno a funzionare anche quando saremo ai comandi di un manipolo un po’ più nutrito di blinder, perché il potenziale tattico che potrebbe derivare dal controllo quasi simultaneo di cinque o sei personaggi non è da sottovalutare, e resta la mia curiosità personale di capire come siano stati realizzati i combattimenti, dato che la capacità speciale di John e Arthur è quella di attaccare briga con i nemici ma in questi primi livelli non mi è stata data occasione di utilizzarli. Spero soltanto che non sia un semplice metodo di distrazione alternativo, al pari della loquacità di Ada, perché sarebbe un po’ uno spreco.

Insomma, questo breve assaggio del nuovo gioco di FuturLab ha il merito di lasciare un retrogusto davvero gradevole: mi è piaciuto molto il fatto che abbiano scelto di discostarsi un po’ dalla massa per produrre un titolo per niente scontato, e posso soltanto augurarmi che l’andirivieni temporale mantenga la sua efficienza anche nel corso di tutti gli altri livelli che compongono l’avventura. Inoltre, il copione scritto a quattro mani insieme a Steven Knight, l’autore della serie TV, è una valida garanzia che il risultato finale si integrerà senza alcun problema con la saga della famiglia Shelby, per la gioia di quanti desideravano conoscere qualche antefatto sulla storia dei padroni di Small Heath. Ben fatto, FuturLab, adesso porta pure in tavola la cena!

Gioca da quando ha messo per la prima volta gli occhi sul suo Commodore 64 e da allora fa poco altro, nonostante porti avanti un lavoro di facciata per procurarsi il cibo. Per lui i giochi si dividono in due grandi categorie: belli e brutti. Prima che iniziasse a sfogliare le riviste del settore erano tutti belli, in realtà, poi gli è stato insegnato che non poteva divertirsi anche con certe ciofeche invereconde. A quel punto, ha smesso di leggere.