[Fantafestival 2017] Scarecrows – Recensione

Scarecrows mette nei campi di granturco di Jeepers Creepers due coppie di teenager alle prese con un killer à la Leatherface. È un horror di maniera, questo Scarecrows, in cui ad attrarre non sono innovazione, soluzioni creative e script brillante, perché non è presente alcuno di questi elementi. Il 37enne canadese Stuart Stone ha iniziato la sua carriera nel cinema a nove anni, e da allora è stato attore, produttore, scrittore e, in Scarecrows, infine anche regista. Stone mette così in campo tutte le sue competenze per realizzare un film narrativamente e stilisticamente prevedibile ma, alla fine, divertente, di buona fattura.

Quattro ragazzi di città, belli e pieni di speranze, diretti a una festa in spiaggia, durante una sosta perdono l’auto in mezzo al nulla. In cerca d’aiuto, s’inoltrano sconsideratamente in una di quelle coltivazioni dove, una volta entrato, riesci a vedere solo il verde delle piante e il cielo azzurro.

Da lontano hanno avvistato una fattoria che, purtroppo, appartiene a un contadino misantropo che esprime il suo odio verso il mondo crocifiggendo gli intrusi e trasformandoli in spaventapasseri. Agguanta la vittima, pianta qualche chiodo, cuce la bocca, copre la testa con un sacco di iuta e il gioco è fatto: lascia il malcapitato alla mercé del sole e dei corvi.

IMG via IMDB.

I protagonisti, che ovviamente non sanno di trovarsi in un film horror finché non si ritrovano legati a una poltrona da dentista, non fanno altro che dire cose sceme, dividersi senza ragione, perdere tempo, stordirsi fumando canne e facendo sesso orale. Insomma, si godono la vita per quel poco che gliene rimane.

Il villain è un mix piuttosto ben riuscito: ha la faccia stoica e il ghigno malefico di Vincent D’Onofrio, l’ignoranza rurale di Leatherface, lo stile di Crocodile Dundee, compare alle tue spalle silenziosamente neanche fosse un’anima perduta di The Ring. Si cerca persino di dare un movente alla sua crudeltà: l’omaccione avrebbe infatti perso la moglie per un incidente, probabilmente causato da un errore umano, e a ricordargli la vedovanza c’è un figlio grassoccio dal pelo rossastro, insicuro, che prova ad uscire dall’immensa ombra del padre.

Niente di nuovo, quindi. Ma quell’ora e mezza di durata di Scarecrows, se mandi giù qualche sbuffo, alla fine te la godi. È un cinema leggerissimo, divertente, e alla fine del film ti spiace un po’ che ai canadesi venga così bene. Anche alla luce dell’offerta di questa edizione del Fantafestival, pare che a noi italiani proprio non riesca di confezionare un prodotto di genere che glissi le solite, già viste, insondabili paure dell’animo umano. Soffocato fra drammi strappalacrime e cinepanettoni, schiacciato dal peso dei Maestri, l’horror nostrano si prende troppo sul serio. Una boccata d’aria fresca, giusto ogni tanto, ci starebbe anche.

Siciliano di nascita e anche di adozione, adesso gravita sul Raccordo. Per qualche ragione a lui ignota continua a studiare, ma dopo la laurea è convinto che avverrà il ricongiungimento all'Essere. Scrive, legge e si guarda in giro.