Da buon amighista sfegatato qual ero un solo titolo invidiavo davvero ai possessori di PC, in quel 1992 pieno di uscite interessanti. Ne invidiavo ovviamente l’atmosfera, i colori e quel senso di imprevedibilità che soltanto altri due giochi prima di allora erano riusciti a lasciarmi: Elvira II e Waxworks, che per altro ne sono coevi o quasi. Parliamo naturalmente di Alone in the Dark, un gioco dallo spazio estremamente circoscritto ma pieno zeppo di riferimenti culturali e figurativi dell’horror, che la maggior parte di noi giocatori dell’epoca ignorava: un esempio su tutti fu la Dance Macabre di Saint Saens, autore che ignoravo e di cui corsi subito a comprare la trascrizione per pianoforte all’allora Ricordi in Via del Corso a Roma. Per questo l’idea che lo scrigno delle meraviglie possa aprirsi di nuovo grazie all’annuncio di THQ Nordic di questo remake di cui non abbiamo ancora una finestra di pubblicazione mi ha solleticato alquanto e come sempre, per operazioni di questo genere, mi ha riempito di timori.
Alone in the Dark: il ritorno di un nome storico
Ricordo, per chi non lo sapesse, che la software house viennese è diventata proprietaria dell’IP nell’Agosto del 2018 quando lo acquistò da Atari: di certo non un acquisto fatto per essere tenuto in archivio, per cui l’annuncio di questi giorni, a molti degli esperti di settore, è arrivato abbastanza “telefonato”. Si tratta di materiale veramente importante, ad ogni modo, in quanto la saga di Frédérick Raynal, che ricordiamo anche per Little big Adventure (Electronic arts, 1994), non ha prodotto soltanto tre seguiti ma anche un fumetto e due film, di cui il primo candidato a ben due Razzie Awards (oltre un grandissimo flop al botteghino). Insomma, a livello crossmediale non ha funzionato granché ma la serie, i primi due capitoli in particolare, appartiene all’albo d’oro dei fondatori di genere: “Signori, ecco a voi il survival horror, lucidate i joystick”.
Ragionando sugli elementi che ci sono stati elargiti (ormai uso questo termine per quanto riguarda le software house, ma lo trovo decisamente appropriato) si aprono praterie scintillanti e, contemporaneamente, zone d’ombra su questa operazione.
Un vero e proprio reboot?
La sinossi, devo dire, non racconta assolutamente nulla se non che in generale ci troviamo davanti ad un prodotto che non ha intenzione di stravolgere una serie tanto nota quanto amata dove però la storia sarà “completamente originale” e i mostri (ma che razza di termine) “tutti nuovi”, prodotti dalla matita e dalle mani sapienti di Guy Davis, che abbiamo già visto all’opera (ma come designer aggiunto) in quello sfortunatissimo capolavoro, in quanto a legacy, chiamato EVOLVE. Certo, il mondo estremamente circoscritto del titolo della Infogrames e la sua coerenza grafica e logica sul mercato odierno porterebbero ad un flop assicurato tanta è la voglia dei giocatori di girare senza meta per ore e sparare a tutto ciò che si muove… nonché appassionarsi a lunghissime cut scene, la cui somma in molti casi è più lunga dell’effettivo tempo di gameplay.
Il cambio di modalità di rappresentazione d’altronde spiazzerà chi si è ibernato nel 1992: la camera fissa è per intenditori, siamo d’accordo, ma ad oggi sviluppare un titolo in questa ardua modalità venderebbe soltanto ai nostalgici, ammesso che ci sia ancora qualche designer in grado di gestirla a dovere. Il trailer, d’altronde, non lascia dubbi, il titolo sviluppato su Unreal Engine uscirà dalle mura di Derceto per immergersi dentro strade cittadine disegnate in stile, giardini nebbiosi popolati di zombie ed abomini “leggermente” plagiati da Resident Evil, rendendo il gioco qualcosa di lontanissimo da quello che possiamo considerare un remake e che viaggia invece verso un integrale reboot. Le probabilità, dunque, che accostandoli l’uno all’altro non troveremo altra similitudine che il titolo è dunque decisamente alta.
Lo scorrere delle immagini mostra poi una scrittura decisamente variegata, partendo di fatto con la “solita” citazione della Isla de las Munecas ed un taglio estremamente registico, che si ripete poi nelle altre scene selezionate alternate da azioni di gioco dove i mostri di cui abbiamo parlato fanno la loro comparsa prima di essere crivellati a colpi di revolver. L’uso della luce è invece abbastanza interessante, va dall’ombra didascalica fino al taglio sui personaggi, quando netto quando diffuso. Niente di nuovissimo, per intenderci, ma nemmeno la solita zuppa condita a cui la standardizzazione dei 3D engine ormai ci ha abituato. Gli sviluppatori sono invece gli svedesi di Pieces Interactive, noti soltanto per le due espansioni di Titan Quest: Ragnarok ed Atlantis, quest’ultima rilasciata nel 2019 per concludere l’esperienza di un gioco di base già abbastanza traballante al suo esordio, una specie di scommessa insomma. Non ci resta che sperare dunque nel contributo di Mikael Hedberg, che non a caso ho lasciato per ultimo in questa breve analisi, già sceneggiatore di Soma e Amnesia: The Dark Descent, i due titoli più che discreti di Frictional Games apprezzati più dal pubblico che dalla critica e con l’ultimo paurosamente (o meravigliosamente) vicino alle atmosfere che andremo a ritrovare. La scrittura, per quanto è trapelato, riporterà come character giocabili gli originali Edward Carnby e Emily Hartwood (ma forse non solo loro) sulla cui caratterizzazione originale però non me la sento di esprimere granché dato che non era fortissima nemmeno negli anni ’90. Conclude la presentazione l’annuncio delle versioni PlayStation 5, Windows PC, e Xbox Series X, “accompagnata” come già detto da una sconosciuta data di rilascio.
Piattaforme: PC, PlayStation 5, Xbox Series X/S
Sviluppatore: Pieces Enteractive
Publisher: THQ Nordic
Data D’uscita: TBA
Che dire, le operazioni nostalgia di solito mi sono particolarmente indigeste e questa potrebbe non fare eccezione: di positivo c’è il rinnovato interesse per una serie che forse all’epoca fu abbandonata troppo velocemente, ma per il resto dobbiamo attendere un prodotto che molto probabilmente dovrà bastare a se stesso sperando che non si mischi con la marea di titoli inutili usciti per sfruttare la licenza di un marchio storico come quello di Alone in the Dark.