Life is Strange: Before the Storm Episodio 1, “Svegliati” – Recensione

Avete presente quel terribile momento in cui, per motivi imperscrutabili, vi sentite dubbiosi sulla buona riuscita di un progetto correlato ad un qualsiasi franchise? Ecco, chi scrive ha provato questa sensazione appena dopo l’annuncio di Life is Strange: Before the Storm, sul palco della conferenza Xbox all’E3 di Los Angeles. Me l’hanno rovinato, pensai. Una sensazione irrazionale, che ha subito cominciato furiosamente a fare a pugni con la solita, rassicurante euforia che dall’altro lato mi sussurrava di non preoccuparmi, che sarebbe andato tutto bene. Già, perché i fan di primo pelo sono particolarmente gelosi nei confronti dell’opera che hanno imparato ad amare, e guardano a qualsiasi tentativo di raccontare una storia differente da quella originale con occhi turbati e sospettosi, specie se, come in questo caso, non è più confezionata da chi ha immaginato e svelato al mondo quell’universo.

Il primo Life is Strange, ad opera dei francesi Dontnod Entertainment, è stato un piccolo capolavoro nel genere delle avventure grafiche orientate allo storytelling, raggiungendo l’eccellenza nella caratterizzazione dei personaggi, massicciamente incentrata sui loro legami personali e sulle loro reazioni emotive. A raccoglierne il testimone, sempre sotto l’ala di Square Enix, sono i Deck Nine, incaricati di confezionare un prequel che raccontasse il rapporto fra Chloe Price e la misteriosa Rachel Amber negli anni che hanno seguito e insieme preceduto la permanenza dell’ex protagonista Maxine Caulfield nella cittadina di Arcadia Bay. Un “buco” temporale che andava colmato quanto prima, con lo stesso piglio fotografico e insieme delicato e malinconico che caratterizzava il lavoro originale. Beh, direte voi, in fondo è semplice narrare le vicende di una Chloe della quale più o meno si sa già tutto. Neanche un po’, in realtà, eppure i risultati sono stati davvero sorprendenti. Del resto, se siete giunti fin qui, il voto l’avrete già visto. O no?

La diciannovenne che abbiamo lasciato due anni fa, coi suoi proverbiali capelli blu elettrico, i jeans sdruciti e la canottiera extra-large, testarda, ribelle e incavolata nera con il mondo, era una ragazza diversa e al contempo molto simile a quella che ritroviamo in questo prequel, sedicenne ed orfana del padre William, deceduto poco tempo prima in un tragico incidente, e della sua migliore amica Max, appena trasferitasi a Seattle. Before the Storm racconta innanzitutto la storia di Chloe e la sua evoluzione durante l’adolescenza, il periodo più problematico nella vita di qualsiasi essere umano. Un periodo in cui la ragazza si ritrova senza più punti di riferimento, in perenne contrasto con la madre Joyce e soprattutto con il patrigno David, reo di aver colpevolmente sostituito il padre nella vita familiare e con il quale si rifiuta categoricamente di stabilire il benché minimo legame affettivo. Le linee guida dettate all’epoca da Dontnod, alla cui vecchia Chloe quella nuova dovrà prima o poi legarsi, non hanno impedito a Deck Nine di plasmare un personaggio con sfumature caratteriali tutte da scoprire, che, ancor più che nelle grandi scelte, emergono nei piccoli battibecchi quotidiani in famiglia e con gli amici, in un contesto di crescita che spinge costantemente a chiedersi come e quando il cerchio si chiuderà. Se, veterani del primo Life is Strange, pensate di conoscere già tutto di Chloe Price, vi sbagliate di grosso, e già in Svegliati, l’episodio d’esordio del prequel, troverete più di qualche sorpresa, incastrata ad arte in un più ampio filone narrativo. Intorno a Chloe, il team di sviluppo ha costruito una storia che, almeno per ora, non ha davvero nulla da invidiare alle migliori battute dell’originale, con un condensatissimo alternarsi di colpi di scena e momenti toccanti, e un design degli ambienti che rimane sempre al servizio della narrazione e non si perde più, a tratti, in un girovagare fine a sé stesso.

Proprio come accadeva in ognuno dei cinque episodi che componevano il prequel/sequel di Dontnod, veniamo dunque presi dolcemente per mano ed accompagnati al finale, in un susseguirsi di dialoghi e di situazioni ad altissimo tasso emotivo, il tutto inserito in un contesto che non potrebbe essere più familiare: Arcadia Bay, location fittizia dell’Oregon, conosciuta ed esplorata in molte delle sue sfaccettature già due anni fa, è ancora lì dove è sempre stata, vero e proprio contenitore di emozioni, di storie, di legami e rapporti e di casi umani, tutti ben saldi al loro posto esattamente come li ricordavamo. Anche la bellissima soundtrack, che si sviluppa sulle note suadenti e delicate della band indie rock britannica Daughter, rappresenta un ulteriore elemento familiare e riesce nella notevole impresa di non far rimpiangere le melodie di Jonathan Morali e dei bravissimi Syd Matters. Appurato che all’inizio dell’avventura vi sentirete subito a casa, dovreste comunque evitare di commettere il più classico degli errori, ossia iniziare a giocare pensando di conoscere già tutto e di avere pronte le risposte giuste per ogni evenienza: in più di un’occasione vi ritroverete spiazzati, garantito. Io stesso, finito l’episodio e riesaminate attentamente le mie scelte, mi sono reso conto che a mente fredda avrei dato a quasi tutti i dialoghi una conclusione diversa. Il perché è presto detto: in questo caso, archiviati i poteri temporali di Max e la possibilità di tornare sulle proprie scelte, l’avventura è tutta incentrata sull’impulsività della nuova, giovane protagonista, cosa che induce spesso a prendere decisioni di cui, molto probabilmente, ci si pentirà subito dopo. Proprio come lei, del resto. Deck Nine ha ben pensato di costruire una nuova meccanica di gameplay attorno al caratterino della protagonista: le Sfide d’Insolenza, nient’altro che un alterco verbale con il malcapitato di turno, preso a parolacce e insulti pungenti da una Chloe nient’affatto intimidita dalla sua giovane età. Si tratta di un espediente perlopiù narrativo e presentato in forma ancora embrionale in questo primo episodio, ma svolge il suo compito più che degnamente e aiuta non poco il giocatore a drizzare le antenne e prestare maggiore attenzione nei momenti topici della trama.

Ed è proprio proseguendo nella storia che non si può fare a meno di notare il grande rispetto con cui Deck Nine ha trattato l’universo immaginato da Dontnod: già nel suo primo episodio, Before the Storm è un Life is Strange in tutto e per tutto, e ripropone pressoché immutate le caratteristiche che avevano reso speciale il suo predecessore agli occhi dei fan. Ritroviamo dunque (e in ottima forma) l’esasperato citazionismo alla cultura nerd tipica della costa nord-est degli Stati Uniti, con riferimenti che passano in scioltezza e in pochi secondi dal cinema sci-fi (Blade Runner su tutti) al gioco di ruolo da tavolo, e che stamperanno più di un sorriso a mezza bocca sulle labbra degli appassionati di mezzo mondo. Al di là del ritorno e della comparsa di personaggi vecchi e nuovi e delle atmosfere ottimamente ricreate, la chiave di volta di tutto sta nel rapporto instaurato con Rachel Amber, la misteriosa ragazza già apparsa due anni fa sullo sfondo delle avventure del duo Pricefield ed ora coinvolta in prima persona in una strana amicizia con Chloe, da cui potrebbe anche nascere qualcos’altro. Cosa, esattamente, sta a noi deciderlo. Studentessa modello, ragazza più affascinante dell’intera Blackwell Academy e talentuosa attrice: Rachel non potrebbe essere più diversa da Chloe. Eppure l’apparenza inganna ed anche lei, nel corso della storia, svelerà pian piano il suo lato più oscuro e problematico. La loro amicizia nasce quasi per caso, mentre entrambe assistono ad un concerto dei Firewalk in un vecchio mulino. Ed è proprio il caso, unito alla spontaneità di due coetanee alle prese con i problemi quotidiani tipici dell’adolescenza, a rafforzare il loro legame fino all’inaspettato cliffhanger finale. Un legame sotto sotto non così improbabile, che caratterizza in maniera importante la seconda parte dell’episodio e che quasi sicuramente verrà approfondito ancor di più in quelli successivi.

Nato nello scorso millennio con una console fra le mani e rimasto per molti anni confinato nel mondo distopico della Los Angeles del 2019, ha infine deciso di uscirne per divulgare al mondo intero le sue più grandi passioni: il videogioco in tutte le sue forme, il cinema (quello vero) e Dylan Dog.