[Roma 2017] Hostiles – Recensione

Guardi Hostiles e ti rendi conto di quanto sia cambiato il Western. Pensi a Ombre Rosse, al vertiginoso zoom sulla faccia di John Wayne e agli indiani ammazzati come fosse la sagra della lepre, a quelle spettacolari cadute da cavallo e alla musica da frontiera: epica. Al confronto, Hostiles è un film silenzioso. Le parole pronunciate sono sempre poche, ma buone, ma ciò che colpisce è l’assenza di una colonna sonora. E i colpi delle pistole rimbombano più forti.

Se mi è venuto in mente Ombre Rosse, è perché Hostiles, pur mantenendo una struttura simile, si colloca in un periodo successivo e ne prende dichiaratamente le distanze: la frenesia della caccia ai pellerossa è scemata, ora è il tempo di riflettere sul sangue versato dall’una e dall’altra parte. Va da sé che per gli americani “riflettere” comprende una buona dose di sparatorie.

O coltellate.

Il capitano Joseph Blocker (Christian Bale) ne ha passate tante. Seguendo gli scellerati ordini dei suoi superiori ha massacrato donne e bambini, ha visto i suoi compagni trucidati, e nutre per i suoi nemici un odio sordo. Per evidenziare il suo modus vivendi, il regista Scott Cooper gli fa portare sempre con sé il De Bello Gallico di Giulio Cesare (“l’uomo più coraggioso che abbia mai letto“). Quando la sua carriera militare si appresta a concludersi gli viene affidato un ultimo incarico, che ha più l’aspetto di una propaganda politica: portare un vecchio capo indiano, il suo acerrimo nemico Falco Giallo (Wes Studi), assieme alla famiglia, nella terra sacra d’origine. È un gesto di favore del Presidente Harrison nei confronti della comunità degli indiani d’America, primo passo verso la pace. Suo malgrado, accetta.

I soldati della missione sono stanchi o inesperti, e la paura di una missione suicida ha lasciato il posto all’indifferenza per la propria sorte. Ma, com’è di consueto, ci pensa una donna a cambiare le cose. Durante il cammino, la spedizione incontra Rosalee (Rosamund Pike), la cui famiglia è appena stata sterminata dai Comanche.

La forza d’animo della donna è ciò che, pian piano, scuote il cuore indurito del capitano, unisce le parti avverse (i soldati e la famiglia di Falco Giallo) contro le avversità dell’ambiente e inserisce Hostiles nel genere del Western revisionista. Sebbene l’emotività del pubblico sia portata dalla parte del capitano Blocker, il cui odio viene in larga parte giustificato, nelle battute finali la prospettiva viene ribaltata evidenziando la saggezza del capo indiano e la cieca brutalità di un ex-militare condannato a morte.

Saggi sguardi.

Hostiles, si sarà compreso a questo punto, è un film che ha l’ansia di mostrarsi moderno, di ripercorrere la storia del genere con una visione attuale: oltre alle colpe dei bianchi, quindi, grande attenzione viene posta al ruolo della donna, all’inserimento di un personaggio nero, e alla fine dell’epoca della frontiera come nascita della società civile. Molte scene risultano così un tanto forzate, ma perdonabili.

Ad esempio, la trasformazione di Rosalee da donna distrutta cui non è rimasto più nulla a bad-ass con cappello da cow-boy e fucile in mano è un po’ frettolosa, ma il personaggio risulta comunque credibile grazie alla grande performance della Pike.

Cooper, il regista, dimostra di possedere un potente senso dell’estetica western, ma è il suo cast a salvare davvero il film: raccomandata la versione in lingua originale.

Siciliano di nascita e anche di adozione, adesso gravita sul Raccordo. Per qualche ragione a lui ignota continua a studiare, ma dopo la laurea è convinto che avverrà il ricongiungimento all'Essere. Scrive, legge e si guarda in giro.