GRIS Recensione: la sobria eleganza del dolore di nuova generazione

GRIS

Succede piuttosto di rado che i videogiochi riescano a sconvolgermi. Di solito sono troppo impegnato a salvare il mondo, recuperare tesori o distruggere qualcosa di malvagio, ma a volte arriva qualcosa che smuove sensazioni completamente diverse, un viaggio che abbatte i muri emotivi, sconfigge le negatività intrinseche ed aiuta a raggiungere un punto di sana accettazione. Journey, Brothers: A Tale of Two Sons, To The Moon e Arise: A Simple Story rientrano in questa categoria al pari di GRIS, uno dei titoli più intensi e pregni di significato che abbia mai provato, e che a mio avviso dovrebbero provare tutti. Realizzato da Nomada Studio e pubblicato da Devolver Digital nel dicembre del 2018 su PC, Nintendo Switch e mobile, quattro anni più tardi il gioco arriva anche sulle macchine dell’attuale generazione con la già meravigliosa resa grafica scalata fino a 4K e 120 fps, ed a me non è servito altro per capire che era ormai tempo di immergermi ancora una volta nel suo microcosmo visivo e narrativo, riaffermando il mio amore incondizionato tanto per il lavoro del team iberico quanto per tutte quelle opere videoludiche ritenute, a buon diritto, delle genuine espressioni artistiche.

GRISGRIS: la sofferenza è muta e possente

GRIS è un gioco che vuole insegnarci qualcosa sulle paure che ci portiamo dentro attraverso una splendida espressione pittorica, un paesaggio sonoro toccante e un gameplay che, a volte, sconfina nella metafora. Nei panni, o meglio, avvolti dal vaporoso mantello della giovane protagonista, anch’ella chiamata Gris (grigio in spagnolo, come pure triste, cupo, lugubre), durante la fase introduttiva assistiamo agli eventi che le fanno perdere la voce e, con essa, i poteri di cui è dotata. Angoscia e dolore prendono inizialmente le fattezze di uno stormo di uccelli che la tormentano mentre un’opprimente debolezza le ottunde i sensi, rendendola incapace persino di mettere un piede davanti all’altro. Il suo è un viaggio per recuperare una forza astratta e personale, diretto verso la riscoperta di sé ed il raggiungimento di una pace che sembra irrimediabilmente perduta. Lo stile estetico del gioco viene reso con morbidi acquerelli che infondono la sensazione di essere stati dipinti a mano, leggeri e ariosi da principio per poi assumere toni sempre più vivaci e movimentati con il prosieguo dell’avventura. Il comparto artistico non è immutabile come le tecniche impiegate in un cel-shading generico: al contrario, si basa su strati di modelli e di forme che diventano più complessi con il trascorrere del tempo, assumendo financo una certa profondità grazie a svariati elementi di parallasse che sorprendono e deliziano.

GRISA sua volta, il gameplay cresce e si evolve, aggiungendo piccoli dettagli alle animazioni man mano che vengono introdotte nuove meccaniche. Molte di queste ultime sono di vitale importanza per la trama stessa, perciò non vorrei anticiparvi nulla onde lasciarvi il piacere della scoperta, ma mi limiterò a formulare un singolo caso esemplificativo: dopo aver mosso i primi passi, la povera Gris viene sferzata da venti impetuosi che le impediscono di proseguire, ma ad un certo punto acquisisce la capacità di trasformare la sua cappa in un solido cubo in grado di resistere alla potenza della tempesta. Se avete visto in giro qualche video o screenshot promozionale, avrete con ogni probabilità scorto anche questo potere che, in tutta franchezza, nelle rappresentazioni statiche sembra un po’ ridicolo, con la testa della fanciulla che sporge dalla faccia superiore del parallelepipedo. In movimento, tuttavia, tale meccanica funziona benissimo, divenendo parte integrante delle movenze di Gris e conferendo loro peso e intenzionalità. Dopodiché, una volta imparato ad utilizzare questa fisionomia per resistere alle crudeli folate, apprenderemo anche come sfruttarle per proseguire il viaggio: l’unico modo che viene concesso a Gris, e di conseguenza a noi, per andare avanti è infatti quello di abbracciare le correnti d’aria che fino a qualche istante prima la ostacolavano. Ciò che in passato era un impedimento diviene una risorsa, un’allegoria che permea l’intera avventura dall’inizio alla fine e che assolve in maniera egregia al proprio compito, tanto in termini visivi quanto ludici.

GRISNon abbiamo pronunciato parole d’addio, non c’è stato il tempo per salutarci

GRIS è letteralmente saturo di minuzie come questa, aspetti quasi trascurabili che, se esaminati più a fondo, si traducono in messaggi di senso compiuto. Il persuasivo ciclo di retroazione, inteso come il sistema per cui il risultato di ogni nostra azione diventa il punto di partenza delle azioni successive, costituisce il fulcro del gameplay e ci trasporta senza soluzione di continuità da una congiuntura all’altra, da un livello all’altro, da uno scenario al successivo lasciando a noi il piacere della scoperta senza utilizzare neanche una riga di testo. Una volta identificati i simboli più riconoscibili della storia, inizierete a cercarli in ogni luogo sul quale poserete gli occhi, richiamati al contempo dall’evocatività delle ambientazioni che invitano a fermarsi e riflettere sul dolore, sulla perdita e sul modo migliore per andare avanti verso la realizzazione di se stessi e la pace interiore. I fondali non sono dei semplici apparati scenici saldamente ancorati al palco della nostra rappresentazione teatrale, ma reagiscono al nostro passaggio, ci accolgono e ci stimolano a pensare alle soluzioni più adeguate alle circostanze. GRIS non richiede molto per essere completato, attestandosi intorno alle 4-5 ore di gioco che potrete prolungare qualora vogliate mettervi in caccia di tutti gli obiettivi proposti, ma in questo pur breve lasso di tempo contemplerete così tanti attimi e panorami mozzafiato che ogni singolo minuto resterà impresso dentro di voi. Nutro una certa invidia nei confronti di chi si avvicina per la prima volta a questa esperienza, ma in parte la rinnovata veste grafica è riuscita a regalarmi o, meglio, a consentirmi di ritrovare le medesime sensazioni che avevo già provato al tempo, senza smorzarne affatto l’incisività.

GRISCome già accennato, ammirare GRIS che gira a 4K e 120 frame al secondo, posto che abbiate l’hardware necessario per raggiungere un simile risultato, è un’autentica gioia per gli occhi. Gli elementi pittorici della sua esteticità vengono amplificati da questa inedita presentazione, forse mai tanto vicina a quelli che devono essere stati i bozzetti e le illustrazioni originali di Conrad Roset, e la loro nitidezza è capace di incantare con ogni singola immagine a video. Non mi capita spesso di apprezzare con particolare enfasi le conversioni o le rimasterizzazioni che si limitano ad aumentare il numero di pixel o di fotogrammi, ma questo è uno di quei rari casi in cui le migliorie apportate sono decisamente tangibili, come se venissimo invitati ad entrare in un’opera d’arte senza cordoni di velluto o plexiglass a diluirne lo splendore. Detto ciò, se avete già avuto modo di giocare ed apprezzare GRIS nella sua precedente incarnazione, sappiate che vi ritroverete davanti alla stessa, identica esperienza e, per quanto mi senta di consigliarla con vivo trasporto a tutti voi, dovreste valutare con attenzione se il pur splendido aggiornamento visivo sia meritevole di un altro viaggio nella psiche della protagonista, oppure non preferireste dedicare attenzione a qualche altra uscita indipendente di questo prosperoso 2022. Inoltre, sebbene il gameplay disteso e ponderato sia affascinante come la bellezza intrinseca del gioco, qualcuno potrebbe trovarlo troppo lento nel mostrare la direzione che vuole intraprendere, rischiando di conseguenza la noia prematura.

Piattaforme: Mobile, Switch, PC, PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series

Sviluppatore: Nomada Studio

Publisher: Devolver Digital

GRIS disegna un incredibile processo di crescita mediante le avversità e resta ancora oggi una delle esperienze interattive di maggior valore nella storia del medium videoludico. Il fatto che abbia contribuito in parte anche alla mia maturazione emotiva e psicologica è un’ulteriore testimonianza di quanto sia straordinario. Se non l’avete ancora fatto, questa è l’occasione giusta per acquistarlo, che sia per la storia ed il prezioso messaggio che contiene o per l’incommensurabile profilo estetico, la giocabilità priva di sbavature ed una struggente colonna sonora composta dai Berlinist, una talentuosa ensemble musicale di Barcellona. Benché sia un concetto usato molto spesso a sproposito, il lavoro di Nomada Studio rasenta davvero la perfezione nel suo genere di riferimento, offrendo un’esperienza completamente diversa da qualunque altra cosa possiate trovare in giro. Una splendida gemma che brilla, ancora oggi, di luce propria.

VOTO 8.8

Gioca da quando ha messo per la prima volta gli occhi sul suo Commodore 64 e da allora fa poco altro, nonostante porti avanti un lavoro di facciata per procurarsi il cibo. Per lui i giochi si dividono in due grandi categorie: belli e brutti. Prima che iniziasse a sfogliare le riviste del settore erano tutti belli, in realtà, poi gli è stato insegnato che non poteva divertirsi anche con certe ciofeche invereconde. A quel punto, ha smesso di leggere.