I Favoriti di Mida Recensione: la Morte della Morale

I Favoriti di Mida

Nei miei ricordi d’infanzia il nome di Jack London è legato a panorami sconfinati alle pendici delle Montagne Rocciose, alle foreste di conifere e alle miniere del Klondike, a storie di un eroismo di frontiera, a cani fedeli e uomini forgiati dai freddi e dalle nevi di quegli spazi non ancora addomesticati. Il nome di Jack London sta lì, nell’immaginario mio e in quello della maggior parte del mondo, tra Il richiamo della foresta e Zanna Bianca. Eppure London fu un autore geniale, dalla vasta immaginazione e capace di scrivere anche interessantissimi racconti fantascientifici. E proprio in questa produzione rientra I Favoriti di Mida, racconto pubblicato da London per la prima volta nel 1901 e poi rientrato nella raccolta Faccia di Luna del 1906.

Un racconto che fa parte di un filone di opere nelle quali l’autore esprimeva in modo più forte la sua vena rivoluzionaria e “socialista” e che ha ispirato una nuova serie originale spagnola, scritta da Miguel Barros e Mateo Gil (noto per il suo ruolo da sceneggiatore nel film Agora) e prodotta da Netflix, che riadatta il racconto di London trasportandolo ai nostri giorni, in una Madrid dilaniata da uno scontro sociale che sembra insanbile e dominata dalle figure dei grattacieli vetrati che ne ingombrano lo skyline. Una tendenza, qulla di attualizzare le storie di questi autori immortali, che ha conosciuto, soprattutto nel mondo seriale, alcuni precedenti di enorme successo, come la serie britannica Sherlock. Un simile successo sorriderà anche a I Favoriti di Mida?

I Favoriti di Mida: quanto è forte la tua etica?

Victor Genoves è un uomo di successo, che dopo aver ereditato la presidenza dell’enorme gruppo Malvar riceve una strana lettera di ricatto firmata da I Favoriti di Mida. Nella lettera gli viene chiesto di versare 50 milioni di euro su un conto corrente, altrimenti una persona scelta assolutamente a caso tra la popolazione di Madrid morirà dieci giorni dopo. Victor non dà peso alla minaccia, preso anche dai suoi problemi con la compagnia, ma dieci giorni dopo una donna viene investita, e le foto dell’incidente vengono mandate a Genoves dai Favoriti di Mida. L’uomo avverte perciò la polizia, innescando però un’escalation di morti e tensione nel quale arriverà a mettere in dubbio tutti i suoi sentimenti e ogni aspetto di se stesso. Al suo fianco ci saranno soltanto la giornalista Monica Baez, di cui Victor si è innamorato, e l’ispettore di polizia Alfredo Conte, gli unici che sembrano volerlo aiutare di fronte a questo terrificante ricatto.

I Favoriti di Mida è una serie che sfida subito le convenzioni. La premessa iniziale è differente rispetto a qualsiasi altro thriller, e potrebbe sembrare del tutto assurda. Perché mai la minaccia di assassinare uno sconosciuto dovrebbe spaventare qualcuno? Sembra davvero un modo strano di portare avanti un ricatto. Quasi che il ricattatore non voglia essere creduto, o preso sul serio. Quello che la serie va ad analizzare, ad approfondire però, sono le conseguenze del lasciar correre, il senso di colpa, l’idea di essere responsabili di quella vita spezzata, anche se non si è materialmente autori dell’omicidio. Dopo il primo assassinio Victor Genoves capisce che la minaccia è reale, capisce di dover fare qualcosa, e la sua prima reazione è, ovviamente, quella di contattare la polizia.

L’entrata in scena di Alfredo Conte, l’ispettore della omicidi che avvia l’indagine sui Favoriti di Mida, cambia anche il piano etico della serie. Ci ritroviamo di fronte a un personaggio complesso e sfaccettato (anche se, a dire la verità un pochino abusato nelle serie di questo genere), un uomo idealista e allo stesso tempo sconfitto, lacerato, combattuto tra i suoi obblighi e la sua personalissima idea di giustizia. Qualcuno ai completi antipodi di Genoves, quasi a voler controbilanciare la personalità del protagonista, a mostrare punti di vista diversi. Tra i due si svilupperà un rapporto ruvido, difficile da decifrare e perennemente in bilico.

A completare il quadro c’è Monica Baez, un personaggio che è davvero difficile da inquadrare. La giornalista ci viene da subito presentata come una donna forte, determinata, convinta delle sue idee e della sua etica. La sua visione morale è chiara, netta, senza zone grigie, e la spinge al di là degli ostacoli, al di là della paura, in un viaggio pericoloso e spaventoso fino in Siria per scoprire la verità sul coinvolgimento del Banco Industrial in un traffico di armi. Tutto per amore di verità, per coraggio. Eppure è sempre lei che negli episodi successivi ci appare combattuta,contrastata, sempre sul filo di una decisione che non vuole prendere. Persino spaventata a volte, da Victor, dai suoi sentimenti, da se stessa. E così Monica, il personaggio più moralmente integro, forte, monolitico di tutta la serie, cade anche lei in un vortice torbido, dove l’incertezza regna sovrana, dove i sentimenti collidono, si mischiano, si fondono, dove amore ed etica lottano per coesistere, ben sapendo che lo spazio basta solo per uno.

Una zona grigia

L’aggettivo che meglio descrive I Favoriti di Mida ha a che fare col campo semantico dei colori, ed è: “grigio“. Solitamente questo è un termine che si riserva a qualcosa di noioso, qualcosa di piatto, ma non è il caso di questa serie. Con “grigio” voglio intendere proprio il cromatismo delle scene che, quando non sono in notturna o illuminate da potenti (e fredde) luci artificiali sono dominate dal grigiore di un clima perennemente nuvoloso. Una cappa pesante copre Madrid, oscura i grattacieli, adombra i lindi open space dell’alta società spagnola o gli uffici con vista panoramica. Come se le nuvole dovessero sottolineare l’umore in picchiata del protagonista, le sue ansie, le sue paure, riflettendo anche sul clima lo stato d’animo di Victor. O, ancora meglio, come se questo grigiore perenne, questa mancanza di luminosità, dovesse accentuare la dubbia moralità dell’intera serie, la confusione tra ciò che è giusto e ciò che non lo è, tra scelte diametralmente opposte che in comune hanno soltanto le conseguenze egualmente terrificanti.

I Favoriti di Mida si avvale così di una regia “stinta”, di una tavolozza di colori scuri o smorti, con le rare macchie di colore portate da Monica e dal suo abbigliamento. Un abbigliamento che però, viene sapientemente usato per sottolineare i moti dell’animo della donna, e le fasi della sua ondivaga relazione d’amore con Victor. Nei momenti in cui cerca di evitarlo infatti, Monica indossa abiti casual, portati con un filo di noncurante sciatteria, con quell’aria sempre sorniona di chi vuole lasciar intendere di aver cose ben più importanti a cui pensare che non la moda del momento, o che cosa si ha nell’armadio. Quando invece la giornalista e il manager si avvicinano, si confessano le loro fragilità, quando vivono i loro momenti d’amore più belli, lì Monica si “snatura”. Indossa vestiti più ricercati, più costosi, fa più attenzione ai dettagli, è appariscente. Quasi a voler dire in modo potente, grafico, che quella storia d’amore con il ricco manager significhi, per lei, donna dai forti ideali e dagli ancora più forti valori, dover abbandonare una parte di sé, vendere un pezzo d’anima, rinunciare a una parte della sua etica. Solo per assecondare il desiderio per Victor.

Emblematica in questo senso la scena della festa organizzata da Maria José, amica di Victor e presidentessa dell’enorme multinazionale DOPA: la Monica delle prime puntate, quella che ha combattuto per poter pubblicare il suo pezzo sul Banco Industrial fregandosene delle conseguenze, non è la stessa Monica che incassa, con savoir-faire e tranquillità, le ciniche affermazioni sulla società e lo Stato che la spietata presidentessa fa nella loro conversazione. Lei stessa se ne rende conto. E a quel momento infatti, non può che seguire un nuovo allontanamento da Victor.

Dove sta il male?

Per ovvi motivi non posso rivelarvi lo sviluppo della vicenda, correrei eccessivamente il rischio di inciampare in qualche spoiler involontario, in qualche anticipazione non gradita. Ma va detto che I Favoriti di Mida ci lascia con tante domande, con un senso di lacerazione, di incertezza. Quello che prima ci pareva certo e immutabile, che il bianco è bianco e il nero è nero, non è più vero. I personaggi evolvono, mutano, cambiano, seguendo percorsi astrusi e pericolosi, persino fisicamente dolorosi.

È in particolare Victor che sembra somatizzare tutte le esperienze drammatiche, le passioni travolgenti, la paura, il senso di colpa. Nel corso delle sei puntate della serie l’uomo cambia di fronte ai nostri occhi, si riplasma in modi inaspettati, soffrendone in modo plateale, quasi agonizzando. Come se il dolore dell’anima, la sensazione che i propri valori e la propria morale stiano morendo, prede di un gioco perverso e tragico, tanto brutale e privo di scrupoli da essere quasi primordiale, dovesse trovare sfogo sul corpo, sugli organi, sul cuore.

E dunque dov’è il buono in questa serie? Non è Victor, non è la polizia, né il Governo, né i giornali che dicono di combattere per la verità. E dov’è il cattivo? Non è certo dove ci aspetteremmo di trovarlo. Non è nei Favoriti di Mida. Dov’è il giusto, dove lo sbagliato? Dov’è il bene e dove il male? Quanto è sottile il confine? Qual è la scelta migliore: quella più etica o quella più giusta? Qual è il vero obiettivo di questi Favoriti di Mida? Domande, come si diceva. Domande che rimangono, che esigono una risposta che la serie, volontariamente, non dà. Sul filo, sempre, di quel qualcosa di inafferrabile, mutevole, fragile che è la morale.

L’ultimo accenno va ad un cast stupendo e ben assortito, che porta in scena una storia potente senza sbavature e con una prestazione ottima. Luis Tosar (un attore il cui curriculum parla da solo) è intenso e contrastato nel ruolo di Victor Genoves, mentre Marta Belmonte offre una prova struggente nel ruolo di Monica Baez, dando vita a un personaggio reale, in grado di parlare agli spettatori. Guillermo Toledo riesce ad essere a tratti commovente nel suo ruolo dell’ispettore Alfredo Conte, a metà tra lo sconfitto e il mai domo. Anche il resto del cast è perfettamente all’altezza di una serie dalle alte ambizioni come quesa. Unica piccola eccezione, l’interpretazione altalenante del giovane Jorge Andreu, forse però da attribuire anche a una scelta di doppiaggio italiano non proprio felice, con una voce troppo “matura” per un bambino di quell’età.

Insomma I Favoriti di Mida è una serie crepuscolare, giocata sull’ambiguità, sui sottintesi, sul mettere in dubbio valori, ideali, morale, per tutti i peronaggi, anche per quelli che, fin da principio, appaiono più integri, sicuri, inattaccabili. Il predominio di colori spenti, l’uso sapiente di una luce smorzata, una regia precisa e senza sbavature e delle prestazioni attoriali molto buone, arricchiscono un’opera che ci porta a scavare al nostro interno, a chiederci cosa avremmo fatto noi, a risponderci con sincerità. Una serie intensa, non facile da digerire, che ci parla di etica in modo brutale, non edulcorato, vero. Un gioiello di thriller e suspance.