Judgment Recensione: Kamurocho risplende su next gen

Judgment

L’uscita di Judgment nel 2019 ha rappresentato un’ulteriore apertura e dimostrazione di coesione tra il mercato videoludico occidentale e quello asiatico. Così come accaduto per Persona 5 Royal l’anno seguente, il titolo sviluppato da Ryu Ga Gotoku ha beneficiato di un supporto e di una cura nella versione per il mercato occidentale certosina grazie anche all’amore che la community ha riversato nei prodotti della serie Yakuza precedentemente usciti. Nonostante presentassero tutti la localizzazione dei testi in lingua inglese, la passione dimostrata dai consumatori ha spinto SEGA a muovere quel passo in avanti che tutte le major dovrebbero, prima o poi, fare: allargare il proprio bacino d’utenza. Forte delle proprie stime di mercato, il publisher ha non solo fatto uscire tutti i titoli della serie su PC e console Xbox, sfruttando il servizio GamePass, ma addirittura stanziato fondi per il doppiaggio completo in lingua inglese e aggiunto testi e sottotitoli in altri idiomi (compreso l’italiano) per i nuovi prodotti in uscita, di cui il primo esempio è il suddetto Judgment. Ultimo capitolo in ordine di uscita a mantenere il classico stile action della serie originale, ha permesso a un numero elevato di nuovi giocatori di affacciarsi per la prima volta ai prodotti del Ryu Ga Gotoku Studio senza il timore di venire sommersi dalla quantità di capitoli usciti in ben sedici anni di vita del brand grazie alla sua natura di spin off fedele alla serie di riferimento. Tale primato, aiutato anche dalle recensioni positive della stampa videoludica, ha fatto sì che il titolo superasse di molto le aspettative di vendita per il mercato occidentale tanto da guadagnarsi un probabile sequel e una versione next-gen (con tanto di uscita inedita su Xbox Series X/S e Google Stadia) di cui siamo in procinto di parlarvi.

Judgment

Judgment: dalla parte della legge

Nel corso degli anni che hanno scandito le varie pubblicazioni del franchise di Yakuza, Toshihiro Nagoshi ci ha mostrato una visione nuda e cruda della società e cultura giapponese fatta di eccessi, perversioni, gioco d’azzardo, luci al neon e corruzione; oltre a farci immergere negli usi e costumi della mafia giapponese capace di soggiogare interi quartieri con una violenza che non mostra pietà e con un forte senso dell’onore. Il tutto intervallato da momenti di follia esageratamente sopra le righe e un’enorme quantità di attività secondarie che solo un erede di Shenmue saprebbe mettere insieme. Ed è qui che entra in gioco la peculiarità di Judgment che lo porta a contrapporsi al fratello maggiore, proponendo una narrativa che cerca di cambiare il punto di vista degli eventi mettendo in primo piano non più le gesta criminali della yakuza ma la Giustizia legale e la sua perenne lotta contro un sistema marcio e corrotto apparentemente imbattibile.

A rappresentare tutto ciò c’è proprio il protagonista, Takayuki Yagami. Nonostante il percorso adolescenziale che lo porta a crescere a stretto contatto con la yakuza, Yagami decide di non mettere da parte i suoi sani princìpi e di seguire la sua vocazione diventando un avvocato (distaccandosi fortemente dal personaggio di Kazuma Kiryu, anche lui cresciuto con la yakuza fin da giovane). Arrivato a lavorare per uno studio legale dimostra la sua grande bravura riuscendo a scagionare un ragazzo accusato di omicidio in una società in cui il 99% dei casi si risolvono in una condanna per l’imputato. I festeggiamenti però durano poco, poiché lo stesso ragazzo verrà arrestato nuovamente per aver ucciso la propria fidanzata, portando di conseguenza Yagami a sacrificare la sua carriera per il forte senso di colpa e diventare un investigatore privato. Da questa premessa inizia un thriller ricco di colpi di scena che vedrà Yagami indagare su una serie di omicidi riguardanti membri della mafia giapponese a cui vengono strappati gli occhi. Omicidi seriali da cui si dipaneranno eventi e situazioni che porteranno il protagonista a interrogarsi su quanto sia eticamente corretto scendere a compromessi con la criminalità pur di salvare le persone dal loro triste destino o portare a galla la verità. Mettendo il giocatore dalla parte della legge, Nagoshi riesce, anche con uno sguardo più esterno rispetto alle iterazioni precedenti, a far comprendere le dinamiche che intercorrono negli affari della criminalità organizzata e i loro risvolti sulla società giapponese, tenendo all’oscuro il giocatore quel tanto che basta da dimenticare le avventure di Kiryu e provare un nuovo e forte senso di timore davanti alle atrocità della Yakuza.

Affrontare la storia dalla parte della giustizia ha concesso al Ryu Ga Gotoku Studio di variare leggermente il genere delle attività collaterali e dei mini-giochi: grazie alle doti e agli strumenti a disposizione di Yagami si avrà modo di esaminare prove, pedinare i sospettati senza farsi scoprire, correre loro dietro in rocamboleschi inseguimenti zeppi di QTE, scattare foto compromettenti tramite smartphone e droni, scassinare serrature e usare i travestimenti giusti per entrare in zone off limits (per quanto, quest’ultima, risulti molto limitata e circoscritta a determinate situazioni); mentre le missioni secondarie saranno dei veri e propri casi opzionali su cui investigare e che permetteranno al giocatore di conoscere personaggi fuori di testa e situazioni al limite dell’assurdo come ci ha fin da sempre abituato la serie Yakuza. Il cambiamento più interessante è legato ovviamente al sistema di combattimento il quale, rispetto al più recente Like a Dragon, mantiene la deriva puramente action arcade dei vecchi capitoli variando la formula grazie ai due nuovi stili di combattimento utilizzati da Yagami: lo stile della Gru con combo e Azioni EX (le iconiche finisher) utili per sfoltire un gruppo numeroso di avversarsi e lo stile della Tigre incentrato sul combattimento 1 contro 1. Queste due modalità, unite alla mobilità offerta dalla figura agile di Yagami che gli permette di effettuare anche acrobazie e salti su pareti, rendono gli scontri decisamente più veloci, articolati e cinematografici rispetto al passato. Nel caso vogliate approfondire maggiormente gli elementi di gameplay e la trama vi lasciamo alla nostra recensione della versione old gen.

Judgment

Un look totalmente nuovo

È arrivato il momento di parlare del vero motivo per cui stiamo scrivendo questa recensione: i miglioramenti tecnici apportati alle versioni next-gen che, per quanto non raggiungano gli stessi livelli di complessità di altri prodotti arrivati sul mercato negli ultimi mesi, riescono comunque a dare nuova luce e linfa vitale al titolo SEGA relegando le reali problematiche a scelte puramente legate alla distribuzione.

Tanto per cominciare è scontato parlare della velocità dei caricamenti offerti dagli SSD delle nuove piattaforme di gioco, sfruttati in maniera tale da caricare qualsiasi sezione di gioco, e l’avvio stesso, in una manciata di secondi con un distacco di più di mezzo minuto dalla versione PS4. Ciò che risalta subito agli occhi, invece, è il nuovo sistema di illuminazione rifatto completamente da zero che dona un look decisamente più dark, in linea con il mood generale di Judgment, coadiuvato da un dettaglio grafico di texture e modelli poligonali (almeno quelli principali) notevolmente migliorato nonostante alcune texture dell’environment di infima fattura che vanno a inficiare sulla qualità generale. Degni di nota anche i riflessi delle numerose pozzanghere che bagnano l’asfalto di Kamurocho (il quartiere fittizio in cui si svolge il titolo) le quali, specialmente di notte, riflettono le luci al neon delle insegne aumentando il contrasto dei colori nelle zone più buie. Apprezzata anche la scelta di rendere più precise e potenti le vibrazioni del controller a ogni colpo messo a segno durante il combattimento, aumentando il feeling delle scazzottate che giovano inoltre dei 60fps fissi raggiunti dal gioco. Ciò che può far storcere il naso è la scelta presa da SEGA di non offrire un update gratuito per i possessori della versione PS4, oltre all’impossibilità di importare i vecchi salvataggi. Scelte discutibili, dovute a limiti tecnici o scelte di marketing, che potrebbero far desistere i vecchi giocatori che hanno creduto nel progetto fin dal day one a spendere nuovamente soldi per un prodotto che, a conti fatti, non offrirebbe loro nulla di nuovo a livello contenutistico, nonostante il prezzo budget a cui viene venduto. Tutto ciò rende chiaro come lo scopo principale di questa remastered sia per lo più da riscontrarsi nella ricerca di possibili nuovi giocatori, magari possessori di Xbox o PC, che forti dell’esperienza avuta con Yakuza Like a Dragon vedono in Judgment un degno “successore”, anche in vista del vociferato seguito che sembrerebbe essere pronto per un reveal ufficiale.

Piattaforme: PlayStation 5, Xbox Series X/S, Google Stadia

Sviluppatorie: Ryu ga Gotoku Studio

Publisher: SEGA

L’upgrade next-gen di Judgment non fa altro che risaltare e migliorare ulteriormente ciò che già era ottimo nella versione originale. La trama capace di rapire il giocatore fin dalle prime scene, il roster di personaggi ben caratterizzato e il sistema di combattimento dinamico e veloce riescono a raggiungere nuove vette di qualità grazie al framerate elevato, maggior dettaglio grafico e un nuovo sistema di illuminazione che dona un look completamente nuovo e più in linea con le tematiche del racconto. Nonostante qualche inciampo dovuto alla definizione di alcune texture ambientali, l’impossibilità di importare salvataggi dalla versione PS4 e il mancato upgrade gratuito per i possessori del gioco base, Judgment si dimostra essere un titolo degno di essere apprezzato da più giocatori possibili così come successo per la serie principale, considerato anche il prezzo decisamente accattivante. Lasciatevi ammaliare dalle luci al neon e dalle strade di una Kamurocho più viva che mai.

VOTO: 8.5

Marco è nato e cresciuto con i videogiochi grazie alla sorella maggiore che lo faceva giocare col suo Gameboy Color. Si è appassionato definitivamente al medium dopo aver finito il primo Metal Gear Solid insieme al padre, il più bel ricordo legato a quello che è diventato uno dei suoi giochi preferiti. È un lettore appassionato di Dylan Dog. Studia recitazione e doppiaggio da circa 10 anni. Dicono faccia un'ottima imitazione di Gatto Silvestro.