Frankenware: l’attacco dei cloni!

E’ capitato più o meno a tutti: scrivi la lettera a Babbo Natale, gli chiedi in regalo la PS5 di turno e ti ritrovi a scartocciare una bieca imitazione della suddetta assemblata chissà dove, le cui prestazioni sfigurerebbero persino di fronte ad uno scacciapensieri.

Storie di ordinaria delusione infantile, tristemente alimentate da loschi imprenditori alla ricerca dell’equivoco e ingenui paparini dal portafogli blindato che, sborsando ventimila lire a fronte delle due o trecento richieste, si illudevano di aver imbeccato l’affare dell’anno.

Frankenware!

Plasmati ad immagine e somiglianza dei sistemi da gioco più amati e puntualmente ribattezzati con nomignoli dal bieco retrogusto parodistico, questi indesiderabili bidoni in (tanta) plastica e (pochi) chip cominciarono ad affollare il sottobosco della sfera hardware intorno alla prima metà degli anni ottanta, salvo poi registrare un deciso exploit nel corso del successivo decennio.

Generalmente prodotti in Cina, Malaysia e territori limitrofi,  i “Frankenware” arrivavano in occidente a cadenza più o meno ciclica, trovando nel periodo natalizio la finestra di mercato più vantaggiosa: a favorire la loro diffusione, una nutrita rappresentanza di giocattolai con l’occhio sanguigno i quali, piuttosto che investire in prodotti ufficiali, preferivano di gran lunga lucrare sull’ignoranza del prossimo,

Di esempi a tema ce ne sarebbero chiaramente a bizzeffe e siamo certi che non basterà citare i soli Zoga Mega-Game System, Newtendo Super FamcomGame Child e Game Joy per soddisfare la vostra curiosità. Onde farsi un’idea in ogni caso più chiara dei connotati di questo business, potrebbe risultare comunque illuminante effettuare un piccolo balzo storico in avanti… Con l’arrivo della Playstation e delle sue successive incarnazioni, i fabbri del male finirono difatti per mollare ogni residuo barlume di dignità e sguinzagliare sul mercato dei veri e propri golem volti a fondere in un unico, mostruoso concept, riferimenti diretti ai più celebri sistemi degli eighties e ammiccamenti alle console di ultima generazione.

 

Se una segnalazione d’ufficio spetta senz’altro al Mega Drive Extreme – un orrendo costrutto non biodegradabile che vedeva il retaggio della storica 16 Bit Sega rivivere nello chassis di una Xbox con Playstation pad annessi – i casi più eclatanti del lotto rimangono probabilmente quello del mirabolante Super Mega Son IV e della intramontabile Nintendo Polystation, giunta peraltro alla sua quarta incarnazione di recente. Seppur a modo suo, questa creatura infernale avrebbe in effetti riscritto l’esito dello sfumato accordo tra Sony e la Casa di Mario riguardo il progetto SNES CD, creando un paradosso in grado di rivoltare l’intera storia moderna del gaming come un calzino.

Con la maturità mediatica raggiunta dall’industria videoludica a partire dagli anni 2000, il fenomeno sarebbe dovuto andare incontro ad una logica contrazione, ma così non è evidentemente accaduto.

Come testimoniano alambicchi quali la PCP Station Game Advance, cugina cattiva della PSP, l’inqualificabile Chintendo Vii e la miserabile Mini-Poly Ztation 3, i confini della bidonville dei Frankenware si sono persino espansi, finendo per coinvolgere anche Nintendo Switch, PS4 ed Xbox One.

Stabilito che, fino a quando Sony, Microsoft e chissà chi altro seguiteranno a produrre sistemi da gioco, ci saranno cinquanta falsari pronti a sfruttarne l’hype c’è, in altre parole, da scommettere che mercatini delle pulci, siti web farlocchi e i peggiori negozi di giocattoli continueranno a pullulare di queste cianfrusaglie.

Il museo degli orrori

Ed ora divertiamoci assieme a passare in rassegna gli esemplari più spudorati di Frankenware mai distribuiti negli ultimi decenni…

 

 

Nato e cresciuto sulle pagine di Game Republic dove ha diretto per generazioni la sezione Time Warp, Gianpaolo Iglio ama il retrogaming e lo considera una seconda vita. O una seconda amante. Ha scritto un libro sulle avventure Sierra e insegna Game Journalism e Storia del Videogame alla VIGAMUS Academy con Metalmark.