Ride 4 Recensione PS5: gare intorno al mondo in 4K e 60 FPS

Ride 4

La recensione di Ride 4 su Playstation 5 è, in concetto, molto simile a quella già pubblicata di MXGP 2020. A distanza di pochi giorni, infatti, Milestone ripete l’esperimento, “pompando” per le console di nuova generazione un titolo che, solo pochi mesi prima, aveva ben figurato su PS4, Xbox One e PC. Ecco, quest’ultima versione è stata praticamente utilizzata, immaginiamo, come target render per i nuovi hardware per quanto, su ammiraglia Sony, sia possibile, ancora una volta, godere delle “meraviglie”  offerte dal DualSense. Potremmo anche chiuderla qui, questa recensione. Perché Ride 4 è, in questa nuova edizione, lo stesso gioco di ottobre che viaggia, però, sempre e comunque a 60 FPS e, sempre e comunque, a 4K.

RIDE 4: Alpha e Omega

E allora, non si offenda nessuno se, in sede di critica, andremo semplicemente a ripercorrere, al netto della dovuta analisi tecnica, i pregi e i difetti già riscontrati lo scorso autunno, quando Ride 4, ultimo capitolo di una dei racing a due ruote più convincenti degli ultimi anni, si è affacciato su un mercato praticamente monopolizzato dalla software house milanese nell’ultimo decennio. Proprio Ride, la serie, era magari partita un po’ in sordina, presentando dei livelli produttivi evidentemente inferiore rispetto ai racing della concorrenza a quattro ruote sfornata dagli studi interni di Sony e Microsoft. Insomma, un marchio coraggioso e relativamente giovane, alternatosi tra promesse non sempre mantenute e alcune intuizioni sicuramente apprezzabili. Perché Ride, il primo, l’originale, era un titolo cross gen che, nel 2015, riuscì ad incuriosire, ma non a stupire. E neppure poteva, limitato da un budget evidentemente ridotto per le ambizioni, enormi, custodite negli uffici milanesi. L’idea, però, era già quella giusta, perché immaginava una struttura ludica single player evidentemente ispirata all’opera di Yamauchi trasferita dalle quattro alle due ruote. Una suggestione e, forse, in quel momento storico, poco più, infranta dai già citati limiti tecnici di un engine grafico proprietario poco performante, incapace di stupire anche con il seguito diretto. Eppure, la rotta era tracciata: avvicinarsi al concept di un grande gioco di guida “simcade” capace di inglobare quante più moto, circuiti e “classi” diverse restava l’obiettivo primario di Milestone.

Quel che mancava, al netto delle già citate deficienze grafiche, erano proprio i livelli produttivi fuori scala e, pure, una cura ed un gusto estranei a titoli, se pur ambiziosi, limitati da un budget tutt’altro che smisurato. La svolta, per la serie, arriva nel 2018, con il terzo episodio e, quindi, con il cambio di motore grafico. Addio alla tecnologia proprietaria, benvenuto Unreal Eninge 3, con l’obietttivo di avvicinarsi al concept di un grande gioco di guida “simcade” capace di inglobare quante più moto, circuiti e “classi” diverse. Quel che mancava, al netto delle già citate deficienze grafiche, erano proprio i livelli produttivi fuori scala e, pure, una cura ed un gusto estranei a titoli, se pur ambiziosi, limitati da un budget tutt’altro che smisurato. In questo senso, Ride 3 fu sorprendente perché mastodontico, curato nei dettagli e adatto praticamente a chiunque, dall’appassionato al giocatore occasionale, volesse mettersi alla prova con una campagna single player pregna di gare, competizioni e, appunto, passione sfrenata per l’universo su due ruote. Per l’appunto, una sorta di Gran Turismo con le moto per una formula poi esplosa, finalmente, al tramonto della scorsa generazione. Dobbiamo gioco forza auto citarsi: Ride 4, oggi come ad ottobre, è Alpha e Omega, inizio e fine di una generazione che ha visto Milestone portare a compimento quel processo di maturazione produttiva avviato più di un lustro fa. Ride 4 è, appunto, il “solito” Gran Turismo in salsa nostrana, riuscendo persino a reintrodurre, in nome e pure concetto, quelle “patenti” archiviate persino da Polyphony. Ride 4 è, nutriamo pochi dubbi, il fiore all’occhiello della softeca della casa Milanese che, anche sul fronte DLC, sta portando avanti un supporto massiccio, per quanto l’offerta base sia comunque opulenta per moto e personalizzazioni.

RIDE 4.1

Da un punto di vista strutturale, dobbiamo ripeterci, Ride 4, più dei predecessori, pesca dai vecchi capitoli di GT, offrendo una carriera in Single player vecchio stampo, eppure apprezzabile. Scelta una “regione”, il nostro pilota sarà mandato in Europa, America o Asia per una prima gara tutorial e, subito dopo, andare a caccia della licenza di guida, necessaria per poter partecipare alle competizioni vere e proprie. Ed è qui che balza all’occhio una delle principali differenze tra il “vecchio” Ride 4 ed il “nuovo”. Ovvero, la presenza di bolidi in pista, fino a 20 contro i 12 della scorsa generazione. Altre novità, più o meno importanti a seconda dei gusti, sono nascoste all’interno del controller. Per la nostra prova, abbiamo nuovamente potuto apprezzare le peculiarità del DualSense, evidentemente a suo agio proprio nei racing. La resistenza dei grilletti analogici, ma anche la “rosa” di vibrazioni e feedback restituiscono un feeling inedito, che impreziosisce un gameplay, come da tradizioni Milestone, scalabile eppure per nulla banale. Già ad un livello di difficoltà intermedio e con un limitato numero di aiuti alla guida attivati, Ride 4 resta un gioco caratterizzato da un livello di difficoltà generalmente alto, che chiede dedizione e nessuna distrazione. Un po’ perché i piloti avversari, governati dall’ormai famoso algoritmo A.N.N.A., corrono come dannati. Un po’ perché anche solo sfiorare un cordolo in accelerazione vuol dire finire a terra o, in caso di prove a tempo, annullare la prestazione. Questo vuol dire che le gare sono sempre combattute, con piloti avversari pronti a infilarci appena si crea un piccolo “spazio”, e che le “sfide” sono sempre al limite, sfiorando, alle volte, la frustrazione alla ricerca del centesimo di secondo perduto. E ancora, messe da parte le classiche gare veloci, ecco che Ride 4 non smette di stupire mettendo sul piatto anche i campionati mondiali di Superbikes ed Endurance, dove bisognerà fare i conti pure con l’usura delle gomme e, quindi, con una fisica decisamente avanzata, che incide sensibilmente sul comportamento della moto e degli pneumatici. Nonché del divertimento.

D’altro canto, pure l’occhio vuole la sua parte. Se in Ride 4 in versione old avevamo apprezzato l’introduzione del ciclo notte/giorno, il meteo variabile e il discreto, ma migliorabile utilizzo dell’HDR, siamo chiaramente contenti, ma non certo sorpresi, di poter riaffrontare l’esperienza complessiva sotto la “nuova” luce regalata dalla potenza dell’hardware di PS5. Come già visto in MXGP 2020, però, non aspettatevi rivoluzioni tecnologiche. Sulla nuovo console Sony, Ride 4 ritrova per strada, nell’unica modalità presente, qualche fotogramma perduto ancorando a 60 FPS il flusso delle gare. Il tutto, con una risoluzione ancorata ai 4K che, questa volta, non rinunciano a nulla in termini di dettaglio e fluidità. Insomma, l’esperienza, rispetto a PS4, è sicuramente vicina a quella già offerta dalla serie su un PC di fascia alta. E tanto basta, sotto il fronte tecnico, per rimarcare la bontà del progetto e, pure, la natura cross-gen di una produzione solida, compatta, priva di particolari sbavature. Ride 4, again, è un Gran Turismo vecchia maniera con le moto al posto delle auto. Poco per qualcuno, lo capiamo, ma, a noi, continua a piacere tanto.

Ride 4, su PS5, guadagna in fluidità, risoluzione e dettaglio, ma resta ancorato ad un concept evidentemente “classico”. Non si tratta di un vero e proprio limite, quanto di una scelta di sviluppo ben precisa che ci regala, con un upgrade al momento gratuito per i possessori della versione “old”, un simcade patinato, solido, mai banale e divertente da giocare. Ride 4 su Playstation 5, inoltre, vanta il supporto al DualSense e, quindi, un feeling di guida superiore, più completo. Ride 4 è tutto italiano e, tutto sommato, ne siamo felici. E pure un po’ orgogliosi.

VOTO: 8.8

Michele Iurlaro è iscritto all'albo dei giornalisti pubblicisti e dei praticanti professionisti. Scrive molto. Scrive troppo. Da troppo tempo