POCO F4 GT Recensione: flagship killer alla riscossa

Forse non avete sentito parlare degli smartphone prodotti da POCO. Nel caso non vi possiamo biasimare: POCO è brand relativamente giovane, nato come “ramo cadetto” di Xiaomi, come costola dedicata al settore dei device “mid-range”, in più i suoi prodotti più audaci non sono mai arrivati nei negozi italiani. Dalla fine del 2020, tuttavia, POCO ha iniziato il percorso per divenire un’entità autonoma separata dalla casa madre ed è ormai pronta per flettere i muscoli e mostrare al mondo intero le sue reali potenzialità. POCO ha dunque annunciato la commercializzazione sui nostri lidi del POCO F4 GT, il primo “GT” mai distribuito dall’azienda sul nostro territorio, un apparecchio con cui abbiamo avuto modo di passare un po’ di tempo arrivando al punto di convincerci che ci siano buoni motivi per confidare che POCO riesca a farsi largo nell’ecosistema dei device elettronici.

POCO F4 GT visto da fuori

Le proposte GT di POCO sono caratterizzate da scocche particolari e riconoscibili, da un design accattivante e da scritte che promuovono al pubblico la presenza del brand. POCO, in altre parole, vuole farsi riconoscere e nel caso del POCO F4 GT lo fa ponendosi in equilibrio tra il look eccentrico della telefonia da gaming e l’ingessata eleganza delle estetiche tradizionali. Le linee sono sobrie, tuttavia non nascondono il marcato carattere che si cela al di là del suo vetro Gorilla Glass, quello di un prodotto grintoso che strizza parecchio l’occhio al settore videoludico. Basta infatti accarezzare la cornice metallica del device per incappare in due slider la cui pressione rivela dei pulsanti dorsali, veri e propri “grilletti” videoludici che normalmente si celano magneticamente nel corpo della macchina, ma che possono essere sguainati all’evenienza.

Collocati in maniera da essere facilmente raggiungibili dall’utente quando lo smartphone è posizionato in senso orizzontale, questi pulsanti possono essere programmati attraverso un’app precaricata di facile comprensione. Nei fatti, il software permette di ricondurre la pressione dei due dorsali alle funzioni presenti sullo schermo di gioco, cosa che a sua volta consente di minimizzare i tempi di reazione in-game e di evitare la spiacevole abitudine di trovarsi ad adombrare il display con la presenza delle proprie falangi.

Ovviamente, l’app riconosce la programmazione dei singoli titoli, quindi non v’è rischio di dover resettare continuamente le impostazioni specifiche. Allo stesso tempo, non sempre questo escamotage funziona come ci si aspetterebbe – abbiamo riscontrato qualche problema di incompatibilità su Final Fantasy VII: The First Soldier, per esempio -, ma quando funziona finisce con l’offrire un miglioramento della vita inatteso, ma estremamente gradito. Volendogli muovere una critica, ci si potrebbe piuttosto chiedere quanto l’applicazione di questa scorciatoia analogica all’interno di partite versus multiplayer possa considerarsi deontologicamente corretta, tuttavia non ci sorprenderebbe scoprire che il mondo competitivo possa finire con l’indulgere in simili stratagemmi, almeno fintanto che non saranno vietati durante i tornei.

La funzionalità di questi tasti a scomparsa non è peraltro limitata ai videogiochi, è infatti possibile assegnare loro una funzione attingendo a una lista prestabilita di app che spaziano dalla torcia alla fotocamera, passando da una serie di software essenziali presenti sullo smartphone. In pratica si tratta di una rudimentale assegnazione di macro che tuttavia si presenta oggi più come una curiosità per i nostalgici dei bottoni analogici che come una caratteristica adeguatamente sviluppata. Allo stesso tempo non possiamo che spezzare una lancia in favore di POCO, anche perché siamo i primi ad augurarci che una simile risorsa possa ripresentarsi in futuro attraverso una formalizzazione più raffinata e capillare. Rimanendo sul tema dei pulsanti, la cornice presenta anche i classici tasti di volume e accensione, con quest’ultimo che si pone anche come lettore d’impronte digitali. Il dorso dell’apparecchio è stato dunque dotato di due discreti LED RGB personalizzabili, un’accortezza minuziosa, ma affatto scontata, che permette di percepire silenziosamente se il device stia ricevendo chiamate telefoniche o notifiche di qualsivoglia tipologia.

L’importanza di rimanere “cool”

La nuova creatura di POCO nasconde al suo interno un processore Snapdragon 8 Gen 1 di Qualcomm, una base perfetta, se non addirittura ottimale, per il gaming online e per il multitasking di ogni giorno. Si tratta di un piccolo gioiello dell’elettronica che ha alimentato alcuni dei telefoni d’alta gamma di recente uscita, ma che è anche noto per essere prono a surriscaldarsi. Le alte temperature causate da un uso intensivo ed energivoro delle app sono altresì uno dei grossi scogli verso cui ogni azienda tech del settore deve scontrarsi, con ciascun brand che reagisce all’insidia affidandosi a una soluzione diversa.

Il POCO F4 GT cerca di tenere a bada i problemi di surriscaldamento facendo affidamento sulla LiquidCool technology 3.0 e all’intelligent thermal control: il primo è un dissipatore di rame che poggia su di una camera di vapore di notevoli dimensioni, massimizzando l’area di dispersione termica, il secondo è un sensore che tiene sotto controllo la frequenza della CPU, così da evitare che questa punti all’autoimmolazione. L’accoppiata funziona egregiamente, tuttavia non c’è da gridare al miracolo. Mettendo sotto sforzo il device in una situazione ambientale ottimale, abbiamo registrato temperature che si sono assestate sui 45/46° centigradi, uno standard che non risulta pericoloso, ma che sfiora i limiti del dannoso. Nulla di allarmante, tuttavia simili prestazioni possono nei mesi pesare sulla longevità dello strumento, accorciando sensibilmente la durata della batteria da 4.700mAh.

Sul piano energetico, vale la pena evidenziare che il POCO F4 GT abbia ereditato l’approccio Xiaomi di puntare su di una batteria composta da molteplici celle energetiche parallele, le quali sono progettate per massimizzare la compatibilità con il poderoso charger da 120 Watt fornito assieme al telefono stesso. Tradotto in parole povere, lo smartphone si ricarica completamente nell’arco di circa 17 minuti, con il gigantesco power brick che ammortizza il passaggio di tensione riducendo l’impatto termico che si registra tradizionalmente quando lo smartphone è connesso a una presa elettrica. L’azienda si è prodigata perché la ricarica possa essere effettuata anche quando il device è posto sotto stress – ovvero quando si videogioca -, tuttavia non ci sentiamo di raccomandare una simile scelta tattica, soprattutto se avete intenzione di utilizzare il telefono per più di due anni.

Per il gaming, ma anche no

Forte della GPU Adreno 730, predisposto per il Wi-fi 6E, dotato di un’antenna aggiuntiva e di tre microfoni, benedetto da un display AMOLED 1080 x 2400 con refresh rate da 120Hz, non ci vuole molto a intuire che il POCO F4 GT sia stato pensato per far felici i gamer. Prendendo a riferimento i test che abbiamo compiuto su titoli quali Genshin Impact e Monster Hunter Stories, non possiamo che confermare che lo smartphone sia in grado di sfiorare i traguardi raggiunti dai competitor videoludici di fascia alta, tuttavia lo strumento commercializzato da POCO ci ha colpito e soddisfatto anche in un ramo, un ramo che non ci saremmo effettivamente aspettati, quello dello streaming.

L’ottima prestazione di luminosità e contrasto, la stabilità della connessione e la forza dei quattro speaker Dolby Atmos ci hanno assicurato un’esperienza cinematografica che si è dimostrata più coinvolgente e appagante di quanto non fosse lecito prevedere. Certo, godersi un lungometraggio sul display di uno smartphone non è comparabile con l’assistere a un Blu-ray su di un sistema Home Cinema, tuttavia il POCO F4 GT è entrato rapidamente e a buon diritto tra le nostre scelta d’eccellenza per fruire i video “on the go”. Anzi, il cellulare si è trasformato nella scelta d’eccellenza dell’intrattenimento video per quando siamo impegnati in viaggi leggeri e abbiamo con noi solamente il nostro fidato Chromebook da battaglia. L’attenzione per il reparto visivo da parte del device si estende anche al sistema fotografico, il quale è composto da quattro obiettivi di cui il principale garantisce una definizione di 64MP con sensore 1/1.73″ dall’apertura ƒ/1.9. A questo si accompagna un’ultra-wide da 8MP con campo visivo di 120° e una macro da 2MP, mentre per i selfie ci si trova per le mani una 20MP con apertura ƒ/2.4.

POCO F4 GT è formalmente riconosciuto come uno smartphone di fascia media, ma tutto al suo interno spinge per toccare le prestazioni garantite dai cellulari più onerosi, trasformando il device in un buon investimento per chi è alla ricerca di un compromesso che incroci la potenza al rispetto del portafoglio. La presenza di tasti analogici con funzionalità programmabili è una caratteristica che, seppur sia acerba, è certamente degna di nota, mentre la potenza dello Snapdragon 8 Gen 1 va a soddisfare ogni necessità tecnica che potrebbe affliggere l’utente odierno. Ci sono ancora diversi spazi di miglioramento verso cui POCO può puntare per perfezionare i suoi device futuri, tuttavia il debutto del primo GT su suolo Italiano lascia in bocca in buon sapore, fomentando un’identità di brand che sta consolidando solide fondamenta.

VOTO: 8.8