Amori Incomprensibili

Sapete come va la vita: alle volte ci si ritrova nello scomodo ruolo degli incompresi. Prendiamo il caso topico del/la ragazzina/o che vi piaceva alle medie. A voi piaceva per quel suo modo di allacciarsi le scarpe da ginnastica, per quella sua verve nel soffiarsi il naso, perché a differenza degli altri avevate intuito il famoso fattore CBCR…

Sapete come va la vita: alle volte ci si ritrova nello scomodo ruolo degli incompresi. Prendiamo il caso topico del/la ragazzina/o che vi piaceva alle medie. A voi piaceva per quel suo modo di allacciarsi le scarpe da ginnastica, per quella sua verve nel soffiarsi il naso, perché a differenza degli altri avevate intuito il famoso fattore CBCR (cresci bene che ripasso). E gli altri già a ridere, a prendervi per i fondelli, a apostrofarci più o meno (meno, di solito) bonariamente con frasi tipo “ma fa schifo!” “tanto valeva innamorarsi di una pantegana!” eccetera. E voi vorreste spiegare, vorreste farvi capire, ma la rabbia dello sberleffo finisce col farvi prorompere in un irato “non capite niente!”.

Beh, non è poi così diverso con certi videogame. Così come tutti, alle medie di cui sopra, tendevano a sbavare per la solita bonona mainstream, così potete star certi che alcuni videogiochi universalmente di qualità riusciranno a mettere d’accordo la maggioranza silenziosa. Ma c’è poi tutta una zona d’ombra di giochi che, soprattutto tra noi che ci reputiamo più scafati in materia videoludica, è destinata alla controversia infinita: ad alcuni piacciono, ad altri no, quelli che piacciono a un gruppetto vengono schifati da un altro, ed è subito flame war. Quantificando numericamente, questa patologia è tipica dei giochi tra il sette e l’otto, ma capita spesso che qualcuno si prenda una cotta anche per quei giochi che, mediamente, si beccano recensioni da sei e cinque. E voi lì a sentirvi outsider, felici in voi stessi, ma così lontani dall’opinione mediamente condivisa.

Io, per esempio, sto giocando a Just Cause da una trenina di ore. Just Cause, ve lo ricordate? Quella specie di GTA in salsa rivoluzionaria con la mappa grande grande grande, con tanti veicoli, con una quantità ridicola di violenza, con delle meccaniche procedurali di gestione di vegetazione e orografia del paesaggio. Just Cause ha peraltro venduto una valanga di copie, ma questo non ci interessa. Ci interessa che Just Cause, oltre alle caratteristiche sopracitate, è un gioco sostanzialmente rotto. Una immane potenza senza alcun controllo. Uno scenario tropicale magniloquente gettato alle ortiche grazie a scelte di design risibili, e a bug assurdi.

“Ma allora perché ti piace, se fa schifo”? Perché è proprio così che ci si affeziona: per scarti di bellezza. Per quel qualcosa che è sbagliato, è rotto, ma alla fine, a furia di vederlo, ci fai l’abitudine. Per le sorprese che anche ciò che è sbagliato sa elargire. Perché comunque c’è anche tanto bello, oltre al brutto. Così come certe persone sembrano insopportabili ma poi scopri i loro lati positivi, così Just Cause ha monopolizzato il mio week end. In termini di achievement sono mille punti difficili (non sono un achievement whore, anyway), ma proprio per questo stimolanti. E per farli, occorre volare un sacco sopra gli atolli, sopra le barriere coralline, attorno ai vulcani, in gole profonde… L’engine di gioco di Just Cause, ripulito dai bug, sarebbe stato da sturbo. E c’è il rischio concreto che Just Cause 2 ponga rimedio alle tante pecche del predecessore che mi sta piacendo così tanto nella sua sgodevolezza.

E intanto Just Cause 1 dice la sua:
– la peggiore intelligenza artificiale vista in un free roamer su 360
– quando prendo il carro armato dal mio rifugio il cannone del medesimo mi segua a 10 metri di distanza sospeso nel vuoto
– quando mi lancio da un elicottero che sta per esplodere a volte il tasto A, invece di aprire il paracadute, mi fa riattaccare all’elicottero e BOOM
– verso la fine del gioco le forze nemiche vanno in frenziness e cominciano a farsi a pezzi a vicenda nei momenti meno opportuni
– spesso nelle missioni secondarie mi viene chiesto di uccidere un tizio che è venti metri sotto l’asfalto, irraggiungibile
– alle volte scompaiono le frecce colorate che indicano le missioni
– il respawn degli avversari, soprattutto degli elicotteri, è degno di david copperfield
– alcune highway sono desolatamente vuote, ma certi sterrati hanno un traffico da ora di punta
– Piero Ubaldi, il doppiatore di Four, doppia il 70% dei personaggi del gioco
– i trigger delle frasi random dette dagli NPC riescono a far dire loro sempre la cosa meno indicata
– la trama. LA TRAMA, Ehi, chi ha rubato una trama degna di questo nome?

E sì, nonostante tutto questo, sto amando Just Cause. E non provatevi a trovarci una logica, perché alla fine anche il recensore può cadere vittima dell’amore. soprattutto sui giochi che non deve né dovrà mai recensire. Fatevi un esame di coscienza anche voi: quale gioco medio/mediocre è stato per voi una passione tanto irresistibile quanto inspiegabile?