Etrian Mystery Dungeon – Recensione

“Non ti starò tenendo troppo la mano?” chiede il capo della gilda degli avventurieri al mio avatar di primo livello durante uno dei rarissimi tutorial del gioco, pentendosi anzitempo per una simile, imperdonabile gentilezza. Un po’ come per il Cobra Kai, la paura non deve esistere in Etrian Odyssey e derivati, fortunata serie di dungeon crawler che ha fatto della formula di Wizardry il proprio cavallo di battaglia, con esplorazioni in prima persona vecchio stile tra nemici agguerritissimi e combattimenti a turni. Atlus non è nuova a declinazioni più o meno bizzarre per la sua creatura, come nel caso del riuscito Persona Q: Shadow of the the Labyrinth, dove guerrieri e maghi cedevano il posto ai protagonisti degli ultimi episodi della serie Persona alle prese con un festival scolastico dalle sfumature paranormali, tuttavia il titolo in esame osa fare un passo avanti, proponendo un’alleanza con la serie Fushigi no Dungeon di Spike Chunsoft. Inquadriamo il gioco sotto un nuovo punto di vista, dunque.

LANDSKNECHT NO DAIBOKEN

No, letteralmente: via la visuale in prima persona e abituatevi a guardare il vostro party dall’alto, in puro stile roguelike. Se avete giocato uno dei tanti Mistery Dungeon bene o male sapete a cosa andate incontro; per gli altri, sappiate che la difficoltà di Etrian Odyssey non ha perso nulla della sua spietatezza nel crossover, e che questo non è Gauntlet. Ogni passo è un turno, che va ponderato con attenzione, sia negli spostamenti che durante i combattimenti, specie quando i nemici sono più di uno. Una continua partita a scacchi che si ripete piano dopo piano in ogni labirinto, mischiando nel calderone esplorazione, combattimenti, trappole e tanto bottino da portare a casa. In tutto questo, per restare in tema, i pezzi da schierare saranno solamente quattro, e anche per questo la composizione del party richiederà più di una riformulazione a seconda della situazione.

Un Landsknecht pare la scelta obbligatoria per menare le mani in prima fila, ma lo vuoi mandare avanti senza un curatore? Di certo farebbe comodo un bel mago per nuclearizzare tutto, ma un paladino potrebbe fare da tank e rendere tutto più semplice, però un Hexer e le sue alterazioni di stato possono fare la differenza… Scelte e ancora scelte: la rosa delle classi iniziali riprende bene o male i classici archetipi di Etrian Odyssey, ma ben presto saranno disponibili altre classi che strizzano l’occhio all’universo di Fushigi no Dungeon come il Wanderer e la sua mise da ronin errante, con quel cappello di paglia che fa tanto Zantetsu di Last Blade. La buona notizia è che potete reclutare altri personaggi oltre ai quattro che avrete la premura di creare all’inizio, sia visitando la gilda che incontrandoli a zonzo nei labirinti, possibilmente dotati di statistiche pompate e forieri di manuali in grado di insegnare ai compagni abilità rare. La brutta è che le cose sono un attimo più complesse.

TOWER DEFENSE

Esplorare i dungeon non è un’impresa facile: a ogni passo i personaggi si stancano e cominciano ad avere fame, arrivando a perdere punti ferita a stomaco vuoto. Vanno messe quindi provviste nel limitato spazio dello zaino, oltre a pozioni e attrezzi utili come l’indispensabile Ariadne Thread, oggetto che permette di scappare immediatamente dal labirinto. Perché la fuga è un’opzione nobilissima, visto che morire significa perdere tutti gli oggetti presenti nell’inventario e qualche pezzo d’equipaggiamento. Perdere una spada fantastica con un mare di incantamenti in seguito a un’imboscata è ragione sufficiente per scagliare un uragano di improperi alla direzione degli uffici Atlus, ma va detto che raramente il titolo gioca sporco nei confronti degli esploratori più prudenti, che avranno altre grane a cui pensare. Come per esempio i D.O.E., mostri potentissimi che prendono il posto dei F.O.E. di Etrian Odyssey, ovvero quei nemici visibili sulla mappa da evitare a tutti i costi. Solo che qui sono sul piede di guerra: i D.O.E. sono legati alla trama del gioco e rappresentano i predatori del villaggio che funge da hub, e risalgono dai labirinti, piano dopo piano, per devastare tutto quello che trovano in superficie. Quando questo accade è una gran rogna, non solo perché si tratta di un game over a tutti gli effetti, con successiva perdita di oggetti, denaro e equipaggiamento, ma anche perché nella loro furia i maledetti devastano i potenziamenti faticosamente investiti nelle varie strutture.

Avete un negozio al terzo livello che vende equipaggiamento pregiato e permette di incantare le armi con bonus micidiali? Dopo il passaggio di un D.O.E. infuriato tornerà all’età della pietra, con conseguente rabbia e salasso economico per riportarlo come prima. Simili nemici cominciano a farsi sentire già dal quarto labirinto, e necessitano di tattiche ben studiate (protip: le alterazioni di stato sono VITALI in queste situazioni) anche solo per iniziare a danneggiarli come si deve. Per questo è possibile creare fortificazioni nei vari livelli dei labirinti, che permettono di arginare l’assalto delle belve e stabilizzare la topografia della mappa, che altrimenti muterebbe a ogni sortita. Come linea di difesa definitiva, questi luoghi possono essere presidiati dai personaggi che non sono passati alle audizioni per il party principale, ma che hanno ancora voglia di menare le mani; durante il presidio guadagnano molta più esperienza di quella che intascherebbero stando a girarsi i pollici nella gilda degli avventurieri, ma è consigliabile tenerli ben equipaggiati e con le abilità sviluppate come si deve, perché, quando arriva il momento, i D.O.E. non fanno sconti a nessuno.

ETRIAN NO DUNGEON

Fortunatamente organizzarsi è abbastanza semplice. Basta una visita alla gilda degli avventurieri per organizzare i nostri compagni, includendoli nel party o spedendoli a guardia di fortificazioni varie, equipaggiandoli all’istante o sviluppando le abilità con i punti da investire in bonus passivi o tecniche assortite. Nella tensione generale, anche l’esplorazione scorre comunque abbastanza fluida, con il solo leader sotto il diretto controllo del giocatore e un’intelligenza artificiale opportunamente configurabile al comando dei compagni, che si prenderà la premura di chiedere se attivare alcune abilità nei momenti più ingarbugliati. Posto che il ruolo di comandante può essere alternato in qualunque momento, durante gli scontri con i boss di fine livello si passa al completo controllo dei singoli membri del gruppo, lasciando nelle mani del giocatore la patata bollente.

E qui si distingue maggiormente l’unico aspetto dell’intera presentazione audiovisiva che – paradossalmente – non posso mostrarvi dalle foto, ovvero lo splendido accompagnamento sonoro del maestro Yuzo Koshiro, con tracce che danno il meglio durante i combattimenti con i nemici più tosti. Per il resto Atlus ha giocato sul sicuro senza correre troppi rischi. Al di là delle splendide illustrazioni dei personaggi in stile anime, tanto belle quanto statiche e oramai un po’ anacronistiche, il design di labirinti e nemici è poco più che funzionale, con un uso del 3D che lascia il tempo che trova. Siamo lontani dalle vette di Persona Q, con i protagonisti che si catapultavano sullo schermo a ogni attacco, traslando efficacemente nell’ottica in prima persona le eccentriche battaglie dell’amato spin-off della serie Shin Megami Tensei.