The Crew – Recensione

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Il tema del viaggio e della libertà, da conquistare attraversando gli Stati Uniti a bordo di un mezzo motorizzato, è uno dei più gettonati nella letteratura cinematografica. La morfologia degli USA, spalmata su tre ore di fuso orario, ben si presta a fornire lo scenario perfetto, come hanno dimostrato nel tempo film come Easy Rider, quintessenza del fallimento del sogno americano per una generazione, a detta di alcuni illuminata negli intenti, ma sbagliata nei modi. The Crew ha il pregio di mettere sul piatto lo strumento giusto, incarnato nell’intera mappa degli Stati Uniti d’America, seppur riprodotta in scala. Il privilegio di percorrere tutta la Route 66 (ci vuole un’oretta circa) sarebbe tanta roba, se non fosse che il titolo di Ubisoft inciampa qua e là su troppe cose, mortificando – almeno in parte – le ottime basi su cui poggia l’intera impalcatura.
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5-10, FRATELLI COLTELLI

La prima cosa che non funziona in The Crew è la trama. Certo, nessuno sano di mente si sarebbe aspettato di pescare dal mazzo un masterpiece holliwoodiano, ma vedere decine di ore di gioco banalizzate dietro a una piatta storia di vendetta personale fa un po’ male, vista la ghiotta occasione in mano a Ivory Tower di trattare l’argomento “libertà, motori e sogno americano” in maniera meno convenzionale rispetto a un Need for Speed qualsiasi. E invece, si fatica davvero a prendere empatia col nostro alter ego, che deve scalare la piramide gerarchica dell’organizzazione 5-10 a suon di gare clandestine, missioni a tempo e fughe dalla polizia, fino al prevedibile finale, senza che la storia abbia guizzi di sorta.

Se, da un lato, abbiamo fin da subito la possibilità di viaggiare in lungo e in largo per gli Stati Uniti d’America, di fatto seguire l’ordine delle missioni principali ci porta a esplorare inizialmente il Mid-West, per poi spostarci sulla costa atlantica, nella zona centrale delle montagne e dei deserti, e infine prendere in faccia la brezza mattutina dell’Oceano Pacifico. Mettersi a gironzolare prematuramente non è consigliabile, anche perché nel giro di poco la mappa della zona iniziale si riempie di cose secondarie da fare come se non ci fosse un domani. E anzi, parecchia superficie statunitense è affrancata da esigenze di trama, ed è invece sfruttata proprio per invogliare il giocatore a scoprire nuovi scorci di panorama, sempre e comunque alla ricerca di attività utili a migliorare le prestazioni di mezzi e pilota.

the crew anteprima immagini 06[quotedx]La prima cosa che non funziona in The Crew è la trama[/quotedx]Di contro va messo in conto che – giocoforza – The Crew costringe comunque all’esplorazione, visto che tra una missione principale e l’altra dobbiamo spesso percorrere chilometri e chilometri, a meno di non sfruttare il viaggio rapido (possibile, però, solo nelle porzioni di mappa già visitate). Volendo, si possono sfruttare aerei e treni per raggiungere zone lontane e ancora “vergini”, ma quasi mai se ne sente la necessità: prima di terminare la storia non ha molto senso; dopo – se si sono fatte le cose con la dovuta calma – la stragrande maggioranza degli Stati Uniti è già a tiro di teletrasporto.

COME L’OLIO E L’ACETO

Sulla trama banale di The Crew si mette in fretta una pietra sopra, travolti come siamo dalla quantità spropositata di contenuti, vomitati a ciclo continuo mano a mano che la mappa viene minuziosamente visitata. Bastano però poche ore perché si palesino i sintomi delle mille contraddizioni del titolo di Ubisoft. Stando alle intenzioni degli sviluppatori, The Crew è un MMO che può essere affrontato tranquillamente in single player. Vero, anzi verissimo. Però molte dinamiche di gioco si adattano bene a un approccio e male all’altro, tanto che raramente si ha la percezione di aver portato oltre il fiume sia la capra che i cavoli.

Per dire, se siete giocatori single player apprezzerete senz’altro il piacere del viaggio (la prima volta… poi via di teletrasporto!) e un discreto sistema di progressione delle performance dell’auto e del nostro pilota, di cui vi parlerò poi. Odierete, invece, l’impennarsi improvviso della difficoltà in alcune missioni (quelle a inseguimento su tutte), laddove The Crew fa di tutto perché si chieda l’aiuto di altri giocatori più per sfinimento, che per voglia. Allo stesso modo, la libertà concessa ad altri umani di “dare fastidio” è foriera di frustrazione: per dire, mi è capitato di dover rimandare a momenti migliori una prova veloce perché un gruppetto di simpaticoni aveva deciso di mettere di traverso le vetture proprio nel tratto di strada interessato.

the crew anteprima immagini 01[quotesx]le due anime da singolo e MMO tendono talvolta a pestarsi i piedi l’una all’altra[/quotesx]Se, invece, avete in mente di affrontare The Crew in ottica MMO, le opportunità per farlo non sono poche, dalla creazione “mordi e fuggi” di un gruppetto da quattro, alla possibilità di venire chiamati in qualsiasi momento ad aiutare altri giocatori in difficoltà nelle missioni principali, fino alla partecipazione di eventi PvP in cui gareggiare per noi stessi o per una delle cinque Fazioni presenti nel gioco. Sono proprio le Fazioni a rappresentare il nodo focale che dovrebbe tenere alto l’interesse al momento dell’end game, secondo una struttura tipica da MMORPG per cui ogni cosa che facciamo in quella direzione viene messa al servizio comune di tutti gli altri adepti. Il problema grosso è che il sistema di matchmaking, almeno al momento, funziona maluccio: nel PvP spesso tocca attendere in lobby diversi minuti prima che il server si decida a pescare la combinazione giusta, senza contare continue disconnessioni e fenomeni sporadici di lag; quando invece si tratta di co-op, può capitare – anche se raramente – di essere chiamati in aiuto di altri giocatori che stanno magari affrontando le fasi iniziali del gioco, con uno squilibrio eccessivo tra le nostre prestazioni da endgamer e quelle richieste per portare a termine con successo l’evento.

Senza scendere in ulteriori esempi, il concetto generale è che le due anime da singolo e MMO tendono talvolta a pestarsi i piedi l’una all’altra, un po’ come se The Crew non avesse ancora deciso cosa fare da grande. Alcune cose sono sviluppate bene in un’ottica, ma sono “rotte” nell’altra, e viceversa.

CRESCERE UNA MACCHINA COME UN PG

Il senso di progressione di The Crew è legato a doppio filo ai livelli delle macchine e a quelli del nostro pilota. Ogni vettura è distinta da un livello prestazionale, che sale mano a mano che applichiamo pezzi di tuning, i quali fanno crescere quattro parametri fondamentali: accelerazione, velocità massima, tenuta e frenata. Ogni evento completato porta in dote un pezzo, distinto da un colore (bronzo, argento o oro) e da un numero che ne indica il livello di importanza. Appena conquistata una miglioria, possiamo decidere di montarla subito sulla nostra autovettura nel caso porti a un aumento delle prestazioni, oppure spedirla all’officina per un successivo utilizzo qualora acquistassimo altre vetture della medesima categoria. In questo secondo caso, però, toccherà spendere ulteriori soldi per “riacquistare” un pezzo che era già nostro, con buona pace delle tasche sempre povere del nostro portafogli. Ciascun nuovo mezzo ci viene fornito in versione Stock, formalmente inutilizzabile. Per poter scendere in strada è necessario “specializzarlo” in una delle cinque categorie (tuning, off-road, xtreme, raid e pista), che differiscono le une dalle altre a seconda degli eventi cui possono partecipare. Banalmente, nelle missioni su sterrato siamo chiamati a guidare un auto off-road, mentre quelle da pista sono bolidi dai cavalli imbizzarriti, ma che soffrono come cani bastonati in condizioni di asfalto non ottimali.

the_crew_hands_on_2[quotedx]il sistema di progresso concede la percezione della miglioria[/quotedx]All’inizio tutte le auto sono quasi immanovrabili e sembra di avere a che fare più con blocchi di cemento su ruote che con macchine vere e proprie. Tuning dopo tuning, però, le cose migliorano sensibilmente, tanto che guidare un’auto a livello 800 è ben diverso da ciò che accade appena usciti dal concessionario, pur restando sempre e comunque nell’ambito di un modello di guida spiccatamente arcade. Seppur molto lentamente, quindi, il sistema di progresso concede la percezione della miglioria, tanto che molto spesso mi sono ritrovato a voler “livellare” l’auto in prove secondarie, prima di affrontare qualche missione principale particolarmente ostica. Chi non ama il grinding sfrenato è avvertito, perché in The Crew ce n’è parecchio.

Anche la nostra carriera da pilota è vincolata alla crescita attraverso un sistema di XP che ci porterà, a ridosso dell’end game, a raggiungere il cap di 50. A ogni promozione abbiamo facoltà di spendere un punto abilità in un ventaglio di perk permanenti; ventaglio che aumenta col prosieguo dell’avventura, man mano che facciamo la conoscenza di nuovi meccanici che si uniranno alla causa. Una volta arrivati al 50° non veniamo più riforniti di XP, ma tutte le missioni principali e secondarie aggiungono un quarto colore ai pezzi conquistabili, ovvero il platino. Vincere una modifica platino non è affatto semplice, ma il boost prestazionale che si ottiene è davvero importante e può fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta, soprattutto quando si tratta di partecipare alle prove Fazione o quando ci si dedica al PvP sfrenato.

THE BIGGER, THE BETTER?

Come detto, la mappa degli USA è davvero enorme, a volte perfino ai limiti della dispersione. Molte zone sono dense di cose da fare, ma altre prevedono spazi aperti per lo più vuoti, che vanno esplorati solo quando si ha voglia di buttare via del tempo alla ricerca di qualche scorcio d’autore o, al più, per pescare qualche elemento secondario. Ogni regione nasconde dei ripetitori radio che mostrano sulla mappa le prove facoltative, senza che noi si abbia la necessità di incrociarle per caso. Ugualmente, gli sviluppatori hanno nascosto in giro pezzi di auto che, se raccolti, permettono di costruire fino a cinque vetture segrete. Tutte cose accessorie, che tuttavia sono parte integrante di The Crew e che non sempre è intelligente ignorare.

the crew anteprima immagini 07[quotesx]The Crew è in grado di regalare momenti visivi esaltanti[/quotesx]Nonostante tutti gli sforzi profusi da Ivory Tower, è innegabile che certe dinamiche diventino in fretta ripetitive e che trasformino l’incedere del gioco più in una prova di pazienza, che di divertimento. Anche chi ha nel DNA il gene del completista a tutti i costi (come il sottoscritto) deve arrendersi di fronte all’ineluttabile noia che sopravviene alla trentesima prova slalom o al cinquantesimo evento salto. Avrei preferito un titolo un po’ più concentrato nelle dimensioni, con qualche idea in più a concedere varietà. The Crew, insomma, è il classico esempio di come quantità e qualità non vadano necessariamente a braccetto.

In prossimità dell’end game sopraggiungono le giù citate prove Fazioni, che portano punti nella cascina del gruppo di nostra competenza e che ogni mese elargiscono una missione bonus e ricompense speciali, oltre a qualche soldo extra giornaliero che non fa mai male, visto quanto è avaro The Crew da questo punto di vista (i maligni potrebbero suggerire che ciò accada per incentivare l’uso delle microtransazioni per l’acquisto delle nuove macchine, al posto del grinding estremo). Alcune prove Fazioni sono al limite del sadomasochismo e prevedono di attraversare in lungo e in largo gli Stati Uniti in gare che sovente oltrepassano l’ora di guida e dove l’effetto elastico, comunque presente anche nel resto del gioco, la fa da padrone assoluto: a qualcuno questa cosa può piacere e ad altri meno… io mi limito a segnalarvela senza commentare oltre, visto che, in questo frangente, si entra troppo nel campo della soggettività.

HIGHWAY FOREVER

The Crew è in grado di regalare momenti visivi esaltanti, pur consapevoli di alcune limitazioni dovute alla grandezza della mappa, interamente contenuta in una singola istanza e quindi percorribile in lungo e in largo senza che il gioco indugi in caricamenti tra una zona e l’altra. E anzi, da questo punto di vista il lavoro svolto da Ivory Tower ha quasi del miracoloso, visto che utilizzando il viaggio rapido si può passare da Los Angeles a New York nel giro di pochissimi secondi. Mettendosi delle belle fette di salame sugli occhi quando si ha a che fare con fenomeni di bad clipping al limite della sopportazione, il girovagare è sempre un bel vedere, grazie alla complicità di un sistema di illuminazione riuscito e di un frame rate ancorato ai 30 fps per buona parte del tempo su console, così come su un PC non proprio all’ultimo grido (i5, 8 GB di RAM e una mestissima GeForce 750 Ti).

the_crew_hands_on_1Un ultimo plauso va all’interfaccia di gioco nel suo complesso. Ogni azione di spostamento si può compiere con poche mosse attraverso la mega-mappa, financo lanciando direttamente un evento senza doversi necessariamente recare al punto d’incontro. Un menu richiamabile durante la guida, poi, ci permette di cambiare al volo la vettura, di cambiare stazione radio, di controllare i pezzi montati sull’auto e via di questo passo. Anche la gestione degli upgrade nell’officina è a prova di babbeo ed è accompagnata da un’esaltante animazione durante la quale e quasi “fisicamente” percepibile il potenziamento del nostro mezzo. Almeno da questo punto di vista, The Crew è un titolo che ha stile da vendere e che non è secondo a nessuno.